Le banche centrali, e in particolare BCE e Fed, sono alle prese con un periodo difficile. Da un lato, l’inflazione che in Occidente ha raggiunto livelli che non si vedevano da decenni; dall’altro, il rischio recessione.
Tuttavia, i dati sull’inflazione e sull’economia reale di questa estate hanno stupito in negativo e in positivo. Dunque, è possibile pensare a qualche sorpresa per l’autunno incipiente. Ecco le prospettive per settembre, ottobre e novembre.
La situazione attuale
Il primo passo per comprendere le mosse delle banche centrali è analizzare la situazione attuale sul fronte dell’inflazione e dell’economia reale.
Per quanto concerne l’Eurozona, l’inflazione ha fatto segnare ad agosto un +5,3% anno su anno. Si conferma così il rallentamento della corsa dei prezzi, che comunque rimangono ancora molto alti.
L’economia reale invece sta subendo un rallentamento importante, che non coinvolge solo le manifatture (come da previsione degli analisti) ma anche i servizi.
Per quanto concerne gli Stati Uniti, il calo dell’inflazione è più sostenuto, a tal punto che ora si staglia sul 3%, un valore molto vicino a quello ideale (che si pone poco al di sotto del 2%). Ciò non deve stupire: la politica monetaria restrittiva, e quindi l’aumento dei tassi di interesse, è partita con qualche mese di anticipo rispetto all’Eurozona.
L’economia reale invece “se la passa” tutto sommato benino. Cresce lentamente, ma cresce. Nell’ultimo trimestre, infatti, ha fatto segnare il +2,1% anno su anno.
Le prospettive dell’inflazione
Come già accennato, nell’Eurozona l’inflazione è in calo, ma non sta segnando valori che possano ispirare un grande ottimismo. Le performance dei prezzi sono in linea con le previsioni degli analisti, e in particolare della BCE. Anzi, si registra un fenomeno particolare, che potrebbe indurre allo scetticismo. In molti paesi, tra cui l’Italia, l’inflazione dei beni sta scendendo più lentamente rispetto all’inflazione dei servizi. Ciò segnala un percorso disordinato e potenzialmente volatile. Insomma, le prospettive di un cambio di corsa, e quindi di uno stop al rallentamento dell’inflazione o addirittura un rinnovato aumento, non sono poi così teoriche.
Le prospettive di calo dell’inflazione sono invece più solide negli Stati Uniti, che d’altronde hanno subito una vera e propria cura da cavallo. D’altronde, ad agosto, i tassi di riferimento Fed si ponevano nella forbice 5,25-5,5%, un valore importante, soprattutto se si considera la pausa di giugno. I tassi di riferimento BCE, invece, si ponevano nello stesso periodo di tempo al 4,25%.
Un cambio di passo per le banche centrali?
Ragionare sulle mosse future delle banche centrali, e in particolare di BCE e Fed, significa anche analizzare le dichiarazioni più recenti e incrociare le evidenze provenienti dall’inflazione e dall’economia reale.
Per quanto concerne le dichiarazioni, in realtà, non c’è molto da dire. Entrambi i board hanno dichiarato che le loro decisioni sono data driven, ovvero vengono prese di volta in volta sulla scorta dei dati. Al netto di ciò, è lecito pensare che il “grosso” della politica monetaria restrittiva sia ormai alle spalle, e che la fine dell’aumento dei tassi sia solo questione di mesi.
Per quanto concerne i dati, invece, si apprezzano segnali contrastanti, i quali da un lato lasciano presagire un autunno “caldo” e dall’altro un autunno “più tranquillo”, caratterizzato da tassi stabili.
Nell’Eurozona, a spingere verso la fine dell’aumento dei tassi vi sono i numeri dell’economia reale, che sono inferiori alle aspettative e, soprattutto, in progressivo peggioramento. Allo stesso tempo, spingono verso un proseguimento della politica monetaria restrittiva le evidenze di volatilità dell’inflazione, soprattutto in riferimento alla sua composizione.
Negli Stati Uniti, spingono verso la fine dell’aumento dei tassi gli incoraggianti dati sull’inflazione, che è comunque ancora distante (ma non troppo) dal valore target. Di contro, si apprezza un’economia in piena tenuta, la quale lascia presagire la possibilità, per gli attori economici americani, di sopportare ulteriori aumenti di tassi.
Al netto di tutto ciò, sembra quasi scontati che a settembre la BCE aumenterà (forse per l’ultima volta) i tassi di interesse di 25 punti base. Più incerte le mosse della Fed, che potrebbe – proprio come a giugno – lasciare i tassi invariati.