La previdenza complementare è una forma di investimento particolare, il cui scopo è garantire un ritorno simile a quello che si ottiene con la pensione al termine della carriera lavorativa. E’ salita alla ribalta negli ultimi anni, con le riforme che hanno stravolto la previdenza sociale, quella “vera”, compromettendo le prospettive della maggior parte dei lavoratori.
Vale la pena parlarne, e discutere dei pro e dei contro della previdenza complementare. Lo faremo in questa breve ma esaustiva guida.
Cos’è la previdenza complementare
La previdenza complementare è di base una forma di investimento. Il meccanismo è semplice quanto geniale. L’investitore immette regolarmente capitale nel fondo, in maniera del tutto simile a quanto accade con i contributi previdenziali derivanti dall’attività lavorativa. I gestori del fondo investono il capitale raccolto nei mercati finanziari, in modo da aumentare il capitale medesimo e fornire la basi per la restituzione futura, se possibile in forma maggiorata. Tale restituzione, tuttavia, avviene a pezzi, e in maniera regolare, mimando i meccanismi della pensione.
Insomma, possiamo definire la previdenza complementare come la forma di investimento che, in entrambi i sensi di marcia (investimento e liquidazione) imita i meccanismi della previdenza sociale.
Fino a qualche decennio fa, la previdenza complementare era vista come uno strumento peculiare, strano, a tratti superflue. La previdenza sociale bastava, da sola, a fornire tutte le garanzie necessarie per una vecchiaia serena, o almeno in linea con le aspettative createsi durante la carriera lavorativa. Con il passaggio dal retributivo e il contributivo, e la prospettiva di pensioni semplicemente più povere, la previdenza complementare è salita alla ribalta, fino a diventare uno strumento di massa.
Eppure non è tutto rosa e fiori. La previdenza complementare, come tutti gli strumenti di investimento, garantisce vantaggi e reca svantaggi. Partiamo dai primi.
I vantaggi della previdenza
I vantaggi della previdenza complementare sono determinati da elementi di natura tecnica, che la riguardano dal punto di vista strutturale. Sono però determinate anche dalle contingenze o, per meglio dire, da “mancanze della concorrenza”. Ecco una panoramica.
- Supera i limiti della previdenza sociale. La percezione comune è che la previdenza sociale, quella in qualche modo “ufficiale” non sia più in grado di garantire una pensione decente o in linea con le proprie aspettative. In effetti, a causa dei sempre più stringenti vincoli del contributivo, molti si ritroveranno con una pensione abbastanza povera. E’ quindi necessario uno strumento che integri, che aumenti il reddito in vecchiaia. Ebbene, la previdenza complementare risponde a queste esigenze.
- L’offerta è molto ampia e variegata. Il meccanismo è ovunque lo stesso (o quasi), a cambiare sono le modalità con cui i fondi vengono gestiti, la grandezza dei medesimi, le prospettive di rendimento. Alcuni strumenti, poi, permettono benefit collaterali molto interessanti, un piano di investimento più morbido etc. Insomma, l’offerta è variegata, a differenza di quella della previdenza sociale, che vive di regole stabilite dall’alto.
- E’ flessibile. Proprio l’eterogeneità dell’offerta, oltre che il carattere commerciale dello strumento, rendono flessibile l’investimento. In buona sostanza, se l’entità dei contributi “ufficiali” è disciplinata dall’alto, quella dei contributi “complementari” può essere decisa dal contribuente.
- E’ relativamente sicura. Rispetto alle forme di investimento più comuni, la previdenza complementare è mediamente più sicura.
Gli svantaggi della previdenza integrativa
Sia chiaro, il paragrafo precedente non va inteso come un invito a investire nella previdenza complementare. Allo stesso modo, gli svantaggi che elencheremo qui di seguito non vanno intesi come disincentivo. Semplicemente, vanno considerati entrambi come le evidenze di una riflessione su uno strumento che, in quanto terreno e creato da persone, è imperfetto e vive di luci e ombre.
Ma ecco i principali svantaggi.
- Costa abbastanza. Alla previdenza sociale si imputa l’addio al retributivo. Ci si dimentica però che la previdenza complementare il retributivo non può nemmeno contemplarlo, vista la sua natura di strumento di investimento. Tutto dipende dalle garanzie che il gestore fornisce, o cerca di fornire, e dalla capacità del medesimo di accrescere il capitale. Dunque, i costi, o per meglio dire le somme da versare, per ottenere una buona “pensione” complementare sono abbastanza alte.
- E’ soggetta ai rischi di mercato. Il fondo in cui gli aderenti alla previdenza complementare versano i propri soldi è comunque un fondo di investimento. Dunque, viene investito nei mercati finanziari. Ciò significa che il denaro è soggetto ai rischi di mercato. Va detto che il gestore adotta sempre degli accorgimenti per approntare forme di garanzie del capitale. Se non lo facesse, il concetto di “previdenza” verrebbe meno.