Le stablecoin sono un particolare tipo di criptovalute che dai suoi esordi attira l’interesse di investitori e analisti per una caratteristica particolare: sono stabili, quindi avulse dalle oscillazioni anche pesanti che caratterizzano le altre criptovalute.
Sia chiaro, per alcuni questo è un difetto, nel senso che priva gli speculatori più accaniti delle occasioni di guadagno a brevissimo termine, ma per “i comuni mortali” è un motivo di sollievo, il quale avvicina le criptovalute agli asset tradizionali e riduce i rischi.
Pochi, però, conoscono i meccanismi che stanno dietro alla stabilità delle stablecoin. In questa guida risponderemo proprio alla domanda: come fanno le stablecoin a essere stabili?
Stablecoin, criptovalute ambite?
Prima di parlare dei meccanismi di “stabilizzazione” è bene fare una precisazione. Le stablecoin sono valute sì ambite, ma non così ambite. Se lo fossero, la loro liquidità sarebbe molto più elevata. Attualmente, fanno fatica anche rispetto alle criptovalute classiche che non fanno parte della top 10. E allora è lecito pensare che ci sia qualche elemento peculiare che in qualche modo allontana la piena diffusione di queste criptovalute.
A uno abbiamo già fatto cenno, e consiste nell’altra faccia della medaglia della stabilità. Se un asset è stabile, rappresenta un porto sicuro per chi vuole investire, certo, ma anche un ostacolo per chi vuole speculare.
Un altro elemento da tenere in considerazione riguarda il patrimonio simbolico e di regolamentazione in possesso delle stablecoin. Il Bitcoin è un asset di lungo corso, che gode di fama planetaria e che, in un modo o nell’altro, è stato “trattato” dai legislatori e dai regolatori, seppure indirettamente. Le stablecoin, invece, rappresentano in parte un oggetto del mistero, e ciò genera un po’ di diffidenza da parte degli investitori poco navigati.
Il meccanismo della collateralizzazione
Fatte queste precisazioni, possiamo parlare dei meccanismi che garantiscono stabilità alle stablecoin. Dove per stabilità, ovviamente, non si intende la stabilità assoluta, bensì la tendenza a produrre oscillazioni leggere, paragonabili a quelle delle valute tradizionali come l’euro, il dollaro, la sterlina, lo yen etc.
Il meccanismo più diffuso è quello della collateralizzazione. In virtù di questo meccanismo, la criptovaluta diventa espressione della forza di un altro asset, che in genere corrisponde a una valuta tradizionale, nella maggior parte dei casi al dollaro. Non mancano però stablecoin colletaralizzate ad altre stablecoin, a loro volta collegate a una valuta tradizionale.
In un certo senso, la stablecoin diventa un derivato della valuta “agganciata”. Per rendere questo meccanismo valido, chi gestisce la stablecoin si deve impegnare a conservare riserve della valuta “agganciata”, che quindi agisce come se fosse una sorta di garanzia.
Il meccanismo è semplice ed efficace. E’ però compromesso dall’opacità che taluni gestori esprimono nella gestione delle riserve. In alcuni casi, i documenti che ne comprovano l’esistenza sono incompleti e i dati in essi riportati sono difficilmente verificabili.
La stabilizzazione algoritmica
E’ un meccanismo altrettanto efficace ma difficile da gestire. Consiste nella modulazione dell’offerta di criptovaluta in base alle condizioni di mercato. Lo scopo è sfruttare le leggi della domanda e dell’offerta, ponendo i due elementi in perenne equilibrio. In tal modo, si concretizzerebbe una sorta di stasi, una tendenza alla preservazione del prezzo. Il meccanismo prende il nome di “stabilizzazione algoritmica” in quanto i calcoli vengono realizzati per mezzo di un algoritmo.
Il vantaggio di questo meccanismo consiste nella sua oggettività. Non c’è nessun ente a gestire capitale, con tutto ciò che ne consegue in termini di affidabilità. Lo svantaggio consiste nella difficoltà di implementazione, che spesso, paradossalmente, si traduce in una scarsa efficacia.
L’aggancio ad attività specifiche
E’ uno dei meccanismi più interessati in assoluto in quanto implica un uso delle criptovalute che va oltre l’investimento speculativo e il trading. Il meccanismo consiste nell’aggancio a un’attività che manterebbe alti i livelli di domanda. Questa attività, per fungere da aggancio, deve essere svolta principalmente o esclusivamente con la stablecoin.
Il vantaggio di questo meccanismo consiste nel dato di realtà. La stablecoin viene utilizzata, partecipa a una qualche attività economica, quindi la domanda che fa capo ad essa è reale. Lo svantaggio consiste nel rischio che le stablecoin così gestite non sia propriamente stabili. Nella migliore delle ipotesi, l’aumento della domanda fa aumentare il prezzo (il ché in sé non è affatto male). Nella peggiore delle ipotesi, le attività performano male, i progetti non vanno in porto e la domanda scende. In questo caso, il prezzo non è stabile, ma si riduce anche sensibilmente.
Quali dei tre meccanismi è più solido? E’ impossibile fornire una risposta. Dipende infatti dalla solidità del progetto specifico e dagli obiettivi dell’investitori. Possiamo però rilevare un dato: le stablecoin più liquide sono quelle che praticano la collateralizzazione, e nello specifico la collateralizzazione rispetto al dollaro. E’ probabile che sulla loro diffusione abbia inciso il patrimonio reputazionale del dollaro, di per sé considerato una garanzia.