L’investimento non va concepito solo, un po’ come accade nell’immaginario collettivo, a lungo termine. Esistono anche prodotti che consentono di ottenere buoni risultati entro un orizzonte temporale ristretto. Certo, non ci si deve aspettare rendimenti corposi, ma comunque si parla di tassi di interessi più che decenti. Il riferimento è, ovviamente, al conto deposito.

Che cos’è il conto deposito?

Può essere definito come uno strumento sui generis, un ibrido tra un prodotto di investimento in senso stretto e un conto corrente. Consente, infatti, di godere di rendimenti moderatamente alti pur conservando una pur minima operatività.

In estrema sintesi, il titolare di un conto deposito congela una cifra e, da essa, acquisisce un rendimento. La particolarità consiste nella possibilità di rientrare in tempi brevi in possesso del denaro depositato, anche se si segnala una certa variabilità in base al tipo di conto, e di ripristinare l’operatività classica da conto corrente. Il conto deposito è un prodotto a breve termine perché in genere i vincoli non si protraggono oltre i 24 mesi. Esistono, poi, conti deposito a 3 mesi, anche se il limite minimo è nella maggior parte dei casi posto a 6 mesi.

Quali sono i vantaggi del conto deposito? Essenzialmente, sono due. In primo luogo, offre un rendimento molto più elevato di qualsiasi conto corrente attualmente in circolazione. Si parla, nella peggiore delle ipotesi, di un punto percentuale. Nelle ipotesi migliori, siamo al 2%. Percentuali, queste, irraggiungibili dai conti correnti.

In secondo luogo, i conti deposito sono strumenti estremamente sicuri. Lo sono per due motivi. Uno, i depositi vengono utilizzati dalla banca per far fronte a investimenti a basso rischio. Due, sono oggetto delle attenzioni del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi. In estrema sintesi, questo fondo protegge i depositi da qualsiasi tipo di rischio, persino dal fallimento della banca, per cifre fino a 100.000 euro.

Sicurezza e rendimento, quindi. Un connubio, questo, molto raro nel contesto creditizio italiano e non.

Per quanto riguarda l’operatività, non siamo ai livelli del conto corrente, è ovvio. Tuttavia, come già anticipato, è possibile sciogliere il vincolo con relativa facilità. Quest’ultima dipende dal tipo di conto. Se il conto è libero, il titolare può “riprendersi” il denaro, o per meglio dire trasferirlo sul conto corrente, nell’immediato e senza conseguenze negative. Se il conto deposito è vincolato, può comunque sciogliere il vincolo, ma sarà necessario un tempo più lungo e vi è il rischio di perdere gli interessi maturati fino a quel momento.

I conti liberi, in genere, offrono – proprio per la possibilità di sciogliere il vincolo praticamente senza condizioni – tassi di interesse più bassi rispetto ai conti vincolati.

Le tasse sul conto deposito

C’è anche un’altra questione spinosa da affrontare: le tasse. Quali tassi bisogna pagare quando si detiene un conto deposito. Certamente, quella sui rendimenti, che è al 26%. In buona sostanza, più di un quarto dei rendimenti viene eroso dal prelievo fiscale. Niente di sorprendente, dal momento che tale regime fiscale è condiviso da tutti i prodotti finanziari, conti correnti compresi, a esclusione dei titoli di stato.

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Alla voce “tasse” va inserita anche l’imposta di bollo, anche questo tipico di ogni prodotto finanziario. Si parla di poche decine di euro da pagare annualmente. Nello specifico, l’imposta di bollo è pari allo 0,2% del deposito (minimo 34,20 euro). La buona notizia, comunque, è che alcune banche esentano i loro clienti dal pagamento dell’imposta di bollo. O, per meglio dire, la pagano al posto loro.

Un’altra buona notizia è data dal fatto che, a differenza dei capital gain, i rendimenti da conto deposito non vanno inseriti nella dichiarazione dei redditi. Il motivo è intuitivo: il prelievo fiscale avviene in automatico, è la banca a detrarre il necessario ai fini fiscali e trasmettere la cifra alle istituzioni di competenza.