Il Forex Trading rappresenta un’ottima opportunità di investimento (speculativo) per varie ragioni. Tra le più importanti, la varietà. Nonostante un gran numero di trader si limitino a investire sulle valute maggiori, es. euro, sterlina, dollaro, si apprezzano molte altre valute in grado di favorire profitti importanti. Anzi, per chi non teme lunghe e faticose sessioni di analisi fondamentale, le cosiddette currency “esotiche” rappresentano un’alternativa più che percorribile. Il riferimento è, in particolare, alle divise di Cina, India e Brasile, rispettivamente yuan cinese, rupia indiana e real brasiliano.
Come abbiamo già anticipato, l’analisi fondamentale “strong” rappresenta una risorsa inestimabile per i trader che intendono puntare su valute di questo tipo. Propedeutica al lavoro di studio, però, è la presa di consapevolezza dello scenario a breve e lungo termine. A tal proposito, giungono in aiuto i paper delle banche maggiori, che illustrano in maniera precisa l’outlook. Tra i più interessanti, quello di Scotiabank, banca commerciale canadese (terza per capitalizzazione del paese nordamericano), dal titolo “Foreign Exchange Outlook”.
In questo articolo sintetizzeremo e commenteremo il paper di Scotiabank, nella parte relativa a Cina, India, Brasile.
La Cina e lo yuan
Ovviamente, prima di lanciare previsioni sullo yuan, il paper offre una panoramica sui fondamentali economici.
Da questo punto di vista, si segnala la crescente volontà delle autorità cinese di far fronte agli squilibri dell’economia. Il 17 novembre, infatti, il governo ha reso noti i piani per il contrasto – attraverso un sistema di norme più rigide – alle cattive pratiche di asset management, in modo da ridurre i rischi sistemici eventualmente causati dallo shadow banking. Secondo Scotiabank, misure di questo tipo erano necessarie, dal momento che squilibri in tal senso rappresentano uno dei fattori di rischio più importanti per l’intera economia cinese. Tra le pratiche più pericolose, figura quella che garantiva agli investitori garanzie implicite contro le perdite, il tutto a scapito dell’industria. Il risultato è una esposizione eccessiva dell’industria stessa. Le nuove norme proibiranno questa pratica e ridurranno il ricorso all’arbitraggio regolamentare.
Il problema riguarda però i tempi. Il nuovo corso entrerà a regime entro la metà del 2019, quindi è lecito aspettarsi alcune turbolenze nei prossimi trimestri, soprattutto quando l’entità delle sofferenze risulterà evidente. D’altronde, gli ultimi dati hanno rilevato una certa tendenza alla decelerazione dell’economia cinese. C’è da considerare, però, che alcune performance peggiori del solito sono state causate dalla necessità di molte industrie di adeguarsi ai nuovi standard ambientali. Più sorprendente la frenata dei consumi, soprattutto se si considera che il PIL ha overperformato negli ultimi tempi. Nello specifico, il Prodotto Interno Lordo è aumentato del 7,5% dal terzo trimestre 2016 al terzo trimestre 2017, superando in proporzione le previsioni di crescita per l’interno 2017.
Sul fronte monetario, la Banca Popolare Cinese nella sua ultima relazione, datata novembre 2017, ha confermato l’approccio prudente e neutrale, quindi né espansivo né restrittivo, allo scopo di favorire lo sviluppo di un ambiente finanziario idoneo agli investimenti e alla messa a punto delle riforme riguardanti l’offerta. Alla luce di ciò, Scotiabank non prevede alcun cambiamento nella politica monetaria nei prossimi mesi. Anche perché l’inflazione rimane ottimale, intorno al 2% (1,9% ottobre). Entro la fine del 2018, però, potrebbe salire al 2,5%.
Lotta alle cattive pratiche bancarie, normalizzazione economica, crescita comunque sostenuta, inflazione su livelli ottimali…. Questi sono i fondamentali dell’economia cinese per il 2018.
Per quanto riguarda il Forex? Occorre prendere in considerazione una dinamica particolare: lo yuan (CNY) ha sottoperformato rispetto a molte valute in un contesto di generale indebolimento del dollaro. Tuttavia, sussistono le condizioni affinché, nell’immediato futuro, il CFETS RMB Index rimbalzi sulla scia di un rally del dollaro, a dire il vero molto probabile alla luce dei progressi fatti sul fronte della riforma fiscale. L’USD CNY dovrebbe rimanere nell’orbita dei 6,50-6,70. Il cambio, però, rimane suscettibile all’euro, che potrebbe rendersi protagonista di una ascesa intensa, soprattutto nel caso in cui l’incertezza politica dovesse avere fine.
L’India e la rupia
Anche in questo caso, Scotiabank ha accompagnato l’outlook della rupia con un’attenta analisi dei fondamentali economici.
L’elemento più importante è rappresentato dalla crescita economica, che si sta notevolmente rinforzando. Il PIL, infatti, è cresciuto del 6,3% tra il terzo trimestre 2016 al terzo trimestre 2017. Un dato entusiasmante, soprattutto se comparato a quello della crescita anno su anno rilevata nel secondo trimestre, che si attestava intorno al 5,7%.
Anche la fiducia degli attori economici è migliorata, se si considera il picco minimo raggiunto a luglio e causato dall’introduzione della Good and Services Tax (artefice di alcuni danni ai processi industriali). Nel 2017, il PIL dovrebbe essere aumentato del 6,4%. Le previsioni, invece, parlano di un +7,5% nel 2018 e di una crescita altrettanto corposa nel 2019. L’outlook, quindi, per quanto riguarda il PIL è molto positivo. Il motivo di ciò va rintracciato, tra le altre cose, nell’impatto delle riforme strutturali le quali incidono in maniera ottimale sull’ambiente degli investimenti, favorendone la crescita.
Senza contare il fatto che l’India ha approvato di recente (a novembre, nello specifico), un piano di ricapitalizzazione dalla durata di due anni per le banche pubbliche versanti in uno stato di sofferenza. Metà del denaro giungerà dalla vendita di speciali bond emessi appositamente, l’altra metà invece giungerà direttamente dal bilancio governativo. Questa imponente iniezione di capitale incoraggerà un aumento dei prestiti.
Nonostante il miglioramento dei dati macroeconomici, le agenzie di rating hanno declassato gli asset indiani. Nello specifico, Moody ha assegnato un BAA2 ai titoli indiani a lungo termine, mentre Fitch ha operato il declassamento di un gradino.
Uno dei problemi storici dell’India riguarda l’inflazione. Ciononostante, questa si mantiene per ora a livelli non altissimi, in quanto a ottobre si attestava al 3,6% su base annuale. L’idea, però, è che possa tornare a galoppare. D’altronde un mese prima era al 3,3%. Scotiabank prevede che l’inflazioni aumenti nei prossimi mesi, ma non in maniera eccessiva. In risposta all’aumento dell’inflazione, la Reserve Bank of India (banca centrale indiana) presterà maggiore attenzione al rischio di slippage fiscale e quindi ci penserà due volte prima di modificare la politica monetaria. Ne consegue che, probabilmente, i tassi di interesse indiani rimarranno invariati per tutto il 2018. Scotiabank crede che la prossima mossa sarà un aumento dei tassi, ma che questo si verificherà nel primo trimestre del 2019.
Da considerare, c’è anche la previsione sul debito pubblico, che dovrebbe salire al 96,1% del PIL entro ottobre del 2018. Una percentuale, questa, da economia occidentale più che da economia emergente. Infine, il dato politico, da sempre in grado di influenzare il mercato valutario. Si stima, a tal proposito, che il risultato delle elezioni per il rinnovo del parlamento impatterà profondamente sulla rupia. Ad ogni modo, ci si aspetta che l’USD INR graviti intorno a quota 65.
Il Brasile e il real brasiliano
Buone notizie dal Brasile. La crescita sta lentamente guadagnando terreno, sostenuta da uno sviluppo costante del settore privato, il quale è trainato a sua volta dall’abbassamento dei tassi di interesse. Il rapporto di causa effetto tra politica monetaria e settore privato non deve stupire, dal momento che in Brasile la correlazione tra questi due elementi è più forte che in qualsiasi altro paese del Sud America. Ciò è dovuto principalmente a due fenomeni. Da un lato, il forte legame tra tassi di interesse e settore privato ha origine nell’elevato indebitamento, anch’esso privato; dall’altro, ha origine nelle scadenze relativamente di questo genere di debito, che quindi risulta suscettibile alle modifiche del costo del denaro.
Questa condizione, abbastanza felice a dire il vero, dura fintantoché i tassi possono rimanere bassi, ossia fino a quando i prezzi rimangono su livelli contenuti. Si evince, quindi, una certa debolezza del comparto corporate, anche alla luce delle riforme economiche, attualmente in fase di stallo per ragioni essenzialmente politiche.
Ad ogni modo, la Banca Centrale Brasiliana, dovrebbe perseverare per tutto il 2018 con la politica monetaria espansiva. Anzi, questa fase di accomodamento vivrà quasi certamente un turning point importante con l’ulteriore taglio di 50 punti base dei tassi di interesse, che raggiungeranno quindi quota 7%. Ovviamente, un così elevato costo del denaro va considerato alla luce dell’inflazione, sicché i tassi reali si attesteranno, anche in caso di taglio, al 4% o persino al di sotto di questa percentuale.
Scotiabank è convinta che la fase di accomodamento stia per giungere al capolinea, sebbene riservi a questo avvenimento ancora il beneficio del dubbio. Certamente, una spinta verso la fine della politica espansiva giungerebbe, oltre che da un aumento dell’inflazione (com’è logico che sia), anche dalle questioni puramente politiche. Il riferimento è alla potenziale vittoria del candidato populista alle prossime elezioni, che potrebbe indebolire la Banca Centrale Brasiliana e fare pressioni affinché si instauri una nuova fase di politica monetaria. Secondo Scotiabank, l’unico vero rischio per l’economia brasiliana, se si esclude la debolezza strutturale del settore privato, sta tutto qui, nella possibile vittoria di un candidato che remerebbe nella direzione contraria a quella attuale (in campo monetario).
Per quanto riguardo il real brasiliano, la questione è complessa. La valuta carioca si è indebolita parecchio negli ultimi mesi. L’ipotesi è che il mercato abbia quindi scontato i problemi interni, in primis la difficoltà del governo a far passare la riforma delle pensioni. Ciò significa che il BRL, in linea teorica, ha poco altro da dire, almeno fino a quando non si terranno le elezioni politiche. Si prevede, quindi un BRL in via di stabilizzazione, almeno per qualche mese.
Previsioni di altro tipo non se ne possono fare. Non rimane che aspettare l’esito delle elezioni, che appare ancora davvero incerto. Se vincesse il candidato riformista, il real sicuramente si apprezzerebbe. Altrimenti, in caso di vittoria dei populisti, il real si deprezzerebbe. Non rimane che aspettare.
Conclusioni
Yuan, rupia, real. Su quale valuta puntare nel 2018? Abbiamo visto come tutte e tre le economie (cinese, indiana, brasiliana) sono inserite in un percorso di crescita piuttosto sostenuto, per quanto disturbato da alcune debolezze strutturali. La Cina deve fronteggiare le cattive pratiche dello shadow banking, l’India deve affrontare il pericolo inflazione, il Brasile una debolezza strutturale del settore privato, molto indebitato e quindi estremamente suscettibile alla politica monetaria. A tutto ciò, si aggiungono le incertezze politiche, considerati alcuni importanti appuntamenti elettorali. Proprio questa è la chiave di lettura: l’incertezza politica. La Cina, per una questione di organizzazione dello Stato, semplicemente non ne ha. Quindi, l’ago della bilancia degli investitori dovrebbe propendere verso lo yuan. Va detto, però, che le autorità esercitano un certo controllo sul valore della divisa nazionale, particolare che gli investitori non possono permettersi di ignorare.
Va considerato, infine, che tra i problemi interni di natura economici, i più risolvibili, per quanto a lungo termine, sono proprio quelli cinesi. Il nuovo regolamento bancario è stato già approvato, si aspetta solo che entri a regime e produca i primi effetti.
Ad ogni modo, yuan, rupia e real offrono ampie opportunità a parte, anche a prescindere da queste considerazioni, un’occasione per abbandonare la tendenza a fare riferimento ai classici euro, dollaro, sterlina.