La notizia è passata quasi in sordina, ma rischia realmente di stravolgere il mondo delle criptovalute. Dopo qualche annuncio in pompa magna, che in realtà è stato guardato con scetticismo dagli investitori, il governo del Venezuela ha annunciato ufficialmente la nascita di Petro, la criptovaluta di Stato. A quanto pare, mentre gli analisti discutono in via ipotetica della creazione di valute virtuali da parte delle banche centrali o istituzioni governative, il Venezuela ha bruciato tutti sul tempo. Eppure, secondo gli investitori, c’è poco da stare allegri. In primo luogo, perché, in realtà, alla finanza “mainstream” le crypto non vanno esattamente a genio. Secondariamente, perché Petro ha attirato a sé una certa dose di diffidenza, e per la poca affidabilità del suo “creatore”, e per questioni strutturali.
La verità è che, per ora, Petro non piace né agli estimatori delle criptovalute né agli investitori internazionali.
Petro e il mondo crypto
Non piace agli estimatori delle criptovalute perché, molto banalmente, se si guarda ad alcune sue caratteristiche, è quanto di più lontano si possa immaginare da Bitcoin e compagni. Il riferimento è al dogma dell’autonomia. Le criptovalute sono, in genere, indipendenti dal potere centrale e costituito. Anzi, si può dire che siano nate con lo scopo di contrastarlo. Petro, di contro, è una criptovaluta di stato. Nasce per risolvere alcuni problemi economici del Venezuala. Nello specifico, i problemi che riguardano l’inflazione e la debolezza del paese rispetto ai mercati internazionali. Il paese dell’America Latina sta vivendo un periodo pessimo, tra default più o meno conclamati, inflazione a tre zero e incapacità di finanziarsi nei mercati internazionali. Petro vuole essere un mezzo di pagamento nuovo, affidabile, che possa essere preso in considerazione dagli operatori esteri.
C’è poi un’altra caratteristica che traccia un profondo solco tra Petro e le altre criptovalute: l’esistenza di una garanzia. Le criptovalute non sono agganciate a nessun bene materiale. Il loro valore è frutto di contrattazione, è generato dal mercato. Petro, invece, è garantito dal fondo Ayacucho, che si basa sul giacimento petrolifero Orinoco. Insomma, proprio come un tempo la moneta era garantita dalle riserve d’oro, Petro è garantito dal Petrolio.
Petro e gli investitori
Il problema è che Petro non piace nemmeno agli investitori. Quindi, in teoria, per ora ha fallito lo scopo per cui è nato. Gli investitori non si fidano, e lo fanno sulla scorta di due considerazioni.
Petro è collegato a obbligazioni spazzatura. Petro è garantito dal petrolio del giacimento Orinoco, che è gestito dal fondo Ayacucho, che a sua volta è controllato dalla compagnia governativa Petroleos de Venezuela. Ebbene, Petroleos de Venezuela è stata accusata di default selettivo. Non riesce a pagare parte delle sue obbligazioni. Quindi, secondo alcuni investitori Petro non sarebbero altro che obbligazioni spazzatura impacchettate sotto forma di criptovaluta.
La garanzia di Petro è molto volatile. A denunciare questo aspetto è stata Torino Capital, famosa banca di investimenti, in un paper distribuito il 19 gennaio. Ebbene, la garanzia totale di Petro è fornita dal petrolio totale del giacimento di Orinoco, che dovrebbe valere al prezzo attuale qualcosa come 5,9 miliardi di dollari. Ora, è evidentemente che si tratta di una garanzia fallace, teorica, forse addirittura astratta: il petrolio che funge da garanzia, infatti, non esiste ancora perché non è stato ancora estratto. Forse, non verrà estratto mai del tutto. Torino Capital, comunque, riserva a Petro il beneficio del dubbio, sebbene creda che la criptovaluta possa avere un futuro solo se venisse trattata, appunto, da criptovaluta, quindi libera dal potere governativo.
Infine, va considerato un aspetto. Petro, per quanto sui generis, è pur sempre una criptovaluta. E, come sappiamo, la finanza mainstream per ora guarda con diffidenza al mondo delle criptovalute. In parte, la percezione negativa circa Petro deriva da questo.