Una cifra non impossibile da raggiungere: 50.000 euro. Magari dopo anni e anni di lavoro e di risparmio, magari dopo aver riscattato un eredità, ma rappresentano una cifra certo non alla portata di tutti, ma comunque possibile.
Come investire 50.000 euro? E’ una domanda che chi li possiede si pone spesso, specie se ha già a disposizione un reddito con il quale sostenersi. E’ una domanda, inoltre, a cui rispondere in maniera univoca è piuttosto difficile, se non impossibile. Dipende tutto, infatti, dalla propria propensione al rischio, e quindi in definitiva da elementi di natura pratica e psicologica (possesso di altri redditi, resistenza allo stress etc.). In questo articolo ci limiteremo a proporre in via generale alcune alternative, specificando di volta in volta la propensione di rischio compatibile.
Mercato immobiliare
Il caro vecchio mattone. Una vera e propria ossessione degli italiani, che per decenni ha rappresentato la prima scelta per intere generazioni. Ancora oggi, specie chi non vuole prestare il fianco ai fronzoli, tende a investire nel mattone. Ossia, acquista un immobile. Sono molte le ragioni che possono spingere a spendere i propri risparmi comprando casa: una reale esigenza abitativa o, come spesso accade, la volontà di assicurare a un parente (spesso il figlio) una solida base per formarsi una famiglia. Spesso, però, lo si fa per puro investimento, magari per porre l’immobile in affitto e acquisire un reddito aggiuntivo più o meno stabile. Prenderemo in considerazione quest’ultima motivazione.
Conviene investire 50.000 euro in un immobile? Prima di tutto, va specificato che 50.000 euro per un immobile sono generalmente pochi, anche se ormai si trovano occasioni a questo prezzo o addirittura inferiore. Il punto è proprio questo: il mercato si è svalutato e, cosa ben peggiore, lo sta facendo ancora. Certo non al ritmo di qualche anno fa, ma in alcune zone i prezzi non si stanno affatto riprendendo. Ora, le logiche dell’investimento suggeriscono che sì, acquistare un prodotto quando il prezzo è basso, per poi rivenderlo a un prezzo alto, è sicuramente una buona idea. Ma la domanda da porsi è: i prezzi saliranno? Non c’è scritto da nessuna parte, infatti, che il “mattone sia destinato a risalire”, non in tutte le zone almeno.
Quindi, c’è questo rischio da considerare. Tuttavia, è un rischio che in linea di massima si può assumere, se si sceglie con cura la zona in cui acquistare. Occorre valutare vari elementi, quali l’attrattività dal punto di vista degli affitti. E’ ovvio che acquistare un immobile vicino a una cittadella universitaria, specie se questa università è frequentata da non residenti, è una iniziativa in grado di generare reddito. Va bene, ovviamente, anche una zona frequentata da lavoratori. Purtroppo, il prezzo di questo genere di case è sensibilmente più alto, ma nei vari hinterland le occasioni non mancano.
C’è, questo è chiaro, anche l’altra faccia della medaglia, ossia le tasse. Non solo quelle relative al rogito in sé, che sono piuttosto elevate, ma anche quelle che derivano dal possesso. Il primo riferimento, quando si parla di fiscalità, è all’IMU. Se le tasse sulle vendite si aggirano sulle cinque o sei migliaia di euro per un appartamento medio, l’IMU vale tra le 500 e le 1000 euro all’anno. Spese ingenti, a cui si sommano quelle relative al reddito che la casa produce (reddito da affitto, per esempio).
Titoli di Stato
Se il mattone è storicamente la prima destinazione di investimento per gli italiani, i titoli di Stato sono la seconda. Rappresentano, infatti, un porto sicuro per i propri soldi. Ecco, forse eccessivamente sicuro. Qui la propensione al rischio necessaria è minima, dal momento che tali strumenti – al netto delle crisi di debito, che rimangono un’eccezione in Occidente – si fanno apprezzare per la loro sicurezza.
Peccato che la sicurezza sia una arma a doppio taglio. Il motivo è semplice: al basso rischio corrispondono bassi rendimenti. Se questo è un bene per lo Stato, che altrimenti dovrebbe sopportare costi di finanziamenti elevati, per il risparmiatore è invece una cattiva notizia. Ad ogni modo, questo difetto è parzialmente smorzato da un semplice fatto: il capitale è consistente (nel caso in questione è pari a 50.000 euro), l’orizzonte temporale è molto lungo. E’ raro, infatti, “tenere in pancia” titoli di Stato per meno di cinque anni. Se si parla di BTP, poi, l’orizzonte temporale è pari a dieci anni.
Un altro elemento da considerare è che, nella stragrande maggioranza dei casi, i titoli di Stato di acquisiscono mediante intermediazione delle banca, il ché determina una ulteriore contrazione dei rendimenti.
La domanda da porsi è la seguente: è possibile investire nei titoli di Stato e godere di rendimenti più alti, anche a costo di un maggior rischio? Un’alternativa in effetti c’è: investire in titoli stranieri, e specificatamente in quelli caratterizzati da una situazione “lato rendimenti” più florida. Se però da un lato si recupera denaro, dall’altro si rischia di perderlo perché a incidere fortemente è il tasso di cambio. Dunque, pensateci due volte prima di fare questo passo. Scegliete, semmai, titoli di Stato la cui valuta non tenda a subire svalutazioni particolari rispetto all’euro, per quanto sia impossibile prevedere con un grado di approssimazione minimo i movimenti del mercato valutario.
Start up
Un’alternativa molto suggestiva è quella di investire in una start up o comunque in un qualsiasi progetto che incontra il nostro favore, e che, si pensa, possa produrre un certo ritorno. Lo si può fare anche senza l’intermediazione delle banche. Per esempio, aderendo alle varie piattaforme di social e private lending, alcune delle quali hanno conquistato una piena dignità, nonché godono delle debite autorizzazioni da parte di Consob e compagni.
I vantaggi di questa soluzione sono almeno due: da un lato i rendimenti, che pur non essendo stratosferici, anche per effetto del restringimento della filiera, sono più che soddisfacenti, di gran lunga superiore a quelli acquisibili mediante un investimento sui titoli di Stato. Dall’altro lato, la soddisfazione di far parte, in un certo senso, di un progetto o almeno aver contribuito alla sua nascita e al suo sviluppo.
Ci sono, però, degli svantaggi, e sono tutti piuttosto pesanti. Il primo consiste nel rischio. Ebbene, spiace dirlo, ma è elevato. Certo, dipende dalle regole e dalle dinamiche di ciascuna piattaforma (in alcuni casi è previsto un fondo per le insolvenze) ma è possibile che un ritorno all’investimento non ci sarà mai o subisca pesanti ritari. Non è affatto scontato, infatti, che un dato progetto sia in grado di andare avanti e possa tradursi in un puntuale rimborso del prestito. Un altro svantaggio consiste nel fatto che il comparto è relativamente recente, quindi sono presenti alcune “impurità” o, per meglio dire, piattaforme che non godono di standard qualitativi elevati. Insomma, se la fregatura non è esattamente dietro l’angolo, è come minimo una eventualità da prendere in considerazione.
Borsa classica
Investire in borsa, ma ciò vale anche per le obbligazioni, e farlo a medio lungo termine, è una delle alternative preferite da chi, senza particolari competenze in merito, intende investire cifre al di sopra delle migliaia di euro. Quindi, va presa in considerazione quando si intendono investire i 50.000 euro protagonisti di questo articolo. Nel caso appena descritto, va detto, che la procedura è abbastanza tradizionale. Tale procedura consiste nella ricezione di una consulenza da parte della propria banca, che propone tempi e modi di investimento. Possiamo affermare, che questa sia l’equivalente dell’investimento nel mattone per chi intende rischiare un po’ di più. Questa alternativa è consigliabile oggi?
Certamente occorre distinguere da caso a caso, ma in linea di massima sì. Il consiglio, ovviamente, è di non prendere per buono tutto ciò che il consulente dice, anche perché, pur essendo vincolato a un regolamento deontologico, è comunque un dipendente della banca. Dunque, ascoltate i consigli ma prima di firmare informatevi in prima persone e verificate le evidenze espresse dall’intermediario. Anche perché di casi in cui i “cattivi consigli” l’hanno fatta da padrone, e concretizzato un reale danno per i risparmiatori, sono piene le cronache.
Per quanto riguarda il rischio, se escludiamo le dinamiche che abbiamo appena descritto, la situazione è abbastanza fluida. Davanti all’investitore-risparmiare, infatti, viene spesso posto un ampio ventaglio di scelte, le quali contemplano prodotti a basso, medio, alto rischio. Anche in questo, essendo questa una specie di regola universale, il rischio e il rendimento sono direttamente proporzionali.
Trading online
Infine, il trading online. Siamo nel campo dell’alto rischio, se non addirittura altissimo. Benché ne dicano alcune fuorvianti pubblicità, nel trading online il guadagno non è affatto assicurato. Anzi, a tal proposito è bene citare una spiacevole statistica: nel primo anno di trading, il 90% dei trade è perdente. Questo vuol dire che se iniziate oggi a fare trading, tra dodici mesi potreste aver perso molto denaro. Se però si intende il trading online come un investimento a lungo termine, allora siete di fronte a una strada piuttosto percorribile. Sicuramente, 50.000 euro rappresentano una ottima base di partenza, per poter generare, almeno a lungo termine, degli utili anche piuttosto elevati.
Oltre alla questione del rischio, va considerato almeno un altro elemento: la natura dell’investimento. Investire 50.000 nel trading online (ma ciò vale per tutti i capitali di una certa consistenza) vuol dire investire soprattutto in se stessi. E’ impensabile, infatti, svolgere una proficua attività di trading online senza intraprendere un percorso di formazione completo. Fare trading vuol dire impegnarsi in una attività potenzialmente foriera di soddisfazioni, ma anche difficile, ricca di sfide e di imprevisti.
Poi, c’è la questione del come e del dove. Quale strumento di investimento scegliere? Quale asset class? E’ possibile fare trading diretto, acquistando e vendendo i beni, come accade nel Forex come nel mercato delle materie prime, dell’azionario etc. E’ possibile, però, investire anche negli strumenti derivati, quali sono i CFD e i Future. Per quanto riguarda l’asset class e persino gli asset in sé il discorso è davvero complicato, e coinvolge elementi quali l’analisi di mercato, le preferenze personale, lo stile di trading. Quello che è più importante sapere è che, per quanto sia la coppia più chiacchierata, non esiste solo l’euro-dollaro. Se state pensando alle criptovalute, ebbene, continuate a pensarci: è una asset class che per ora non dà molte certezze.
Ma il trading online può essere anche automatico, in cui in questo caso un software fa lavorare i nostri soldi generando utili interessanti con i Forex Robot o le PAMM.