La giornata del 12 settembre 2019 è stata segnata dal ritorno della politica monetaria ultra-espansiva in Europa. La BCE di Mario Draghi, infatti, ha varato un nuovo Quantitative Easing da 20 miliardi al mese, per giunta a tempo indeterminato (non è stata indicata una scadenza).
La misura, nonostante fosse ampiamente attesa, ha scosso favorevolmente in mercati, soprattutto per ciò che concerne le contrattazioni dei titoli di Stato. Ha però messo in moto un certo tam tam politico, il quale ha come protagonista il presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Proprio a partire da queste reazioni è possibile scorgere il rischio di una nuova guerra di valute. Ne parliamo in questo articolo.
La nuova politica monetaria della BCE e gli effetti sui mercati
L’intervento era atteso e auspicato. D’altronde, il rischio che, anche sulla scorta delle tensioni commerciali a livello internazionale, scoppi una nuova devastante crisi economica è veramente alto. Già in Europa soffiano i venti della stagnazione, con alcune economie, in particolare quella tedesca, che stanno facendo segnare prestazioni pessime nel comparto industriale e non solo. Il Quantitative Easing, ovvero l’immissione più o meno diretta di denaro nel sistema economica attraverso il meccanismo dell’acquisto di titoli di debito, era atteso come una sorsata di acqua fresca.
Ovviamente l’obiettivo della BCE, non quello ufficiale almeno, non riguarda la crescita economica, bensì i prezzi. Anche da questo punto di vista (anzi, soprattutto) la ripresa del Quantitative Easing è pienamente giustificata.Dopo un paio di anni in cui l’inflazione sembrava essersi incanalata su un percorso corretto, i prezzi hanno iniziato a rallentare. Un pericolo, questo, per l’economia reale e per la stabilità dell’Europa.
Sicché, come paventato nei precedenti incontro, la BCE ha risuscitato il Quantitative Easing. Questo inizierà dal 1° novembre 2019 e sarà, inizialmente, molto più leggero di quello varato nel 2015. Si parla di acquisti pari a 20 miliardi di euro al mese, in luogo dei 60 della prima tornata. Tuttavia, e questa è la vera novità, il nuovo QE è a tempo indeterminato: non ha una scadenza, terminerà solo una volta raggiunti gli obiettivi di prezzo, ovvero una prospettiva di inflazione vicina al 2%. Inoltre la BCE ha tagliato i tassi sui depositi di 10 punti base e ipotizzato misure più accomodanti per il TLTRO (il programma di trasmissione monetaria BCE – banche commerciali).
Che effetti avranno queste decisioni sui mercati. Le borse hanno salutato favorevolmente la svolta della BCE, lo spread è sceso ai minimi di un anno e mezzo, alcuni asset hanno performato meglio di altri (vedi metalli preziosi e materie prime). Per quanto riguarda il Forex, di norma, il lancio di una politica monetaria espansiva dovrebbe produrre delle spinte al ribasso per la valuta di riferimento, in questo caso l’euro. Tuttavia, almeno per adesso, il mercato sembra aver già scontato la decisione di Draghi.
Interessanti sono però i risvolti politici, che non si sono fatti attendere, e che in seconda battuta potranno esercitare un impatto sui mercati, Forex in testa. Ne parliamo nel prossimo paragrafo.
Le parole di Trump e la prospettiva della guerra di valute
La reazione che non si è fatta attendere è quella del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, molto attivo sui social. Essa va inquadrata nel rapporto dialettico (forse troppo) che ha instaurato con la Federal Reserve circa il ribasso dei tassi. In buona sostanza, il presidente chiede l’inizio di una politica monetaria espansivo, e un percorso di riduzione del costo del denaro più rapido e sostanzioso.
Ebbene, nelle ore successive all’annuncio di Mario Draghi, Donald Trump ha twittato: “La BCE svaluta l’euro e la Fed sta a guardare”. Parole, queste, che richiamano a qualche anno fa, quando è scoppiata una vera e propria corsa alla svalutazione, la cosiddetta guerra delle valute.
La BCE svaluta (anche se non è detto che l’effetto sia proprio questo), il dollaro potrebbe fare lo stesso, se la Fed accontenterà Trump. E’ davvero possibile? In realtà, è bene andarci cauti con queste previsioni.
In primo luogo, perché non è assolutamente detto che l’euro si indebolisca, non come durante il primo Quantitative Easing almeno. Secondariamente, perché la Federal Reserve conserva ancora la sua indipendenza e, per ora, non si segnalano le condizioni per una discesa dei tassi “alla Trump”. L’economia degli Stati Uniti tiene, i dati dell’inflazione, dopo i timori di un paio di mesi fa, si sono attenuati. Dunque, almeno per ora, lo scenario di una nuova guerra di valute non è tra i più probabili.