Il Bitcoin ha vinto la sua battaglia personale contro il coronavirus? Sicuramente sono altre le battaglie che meritano la prima pagina dei giornali, dal momento che il mondo è ancora alle prese con la peggiore epidemia dal 1918 a questa parte.
Tuttavia, vale la pena evidenziare la reazione del “re delle criptovalute” al coronavirus, che secondo alcuni analisti si è rivelata più positiva del previsto. Si tendeva a pensare che il Bitcoin fosse un asset debole, perennemente a rischio bolla, e invece – per fortuna, dal punto di vista degli investitori – le cose non sono andate male, anzi. Ne parliamo in questo articolo, descrivendo il percorso del Bitcoin in questi mesi travagliati e offrendo qualche riflessioni circa le cause di alcuni strani movimenti di prezzo.
Bitcoin: un risultato insperato
Il Bitcoin è dipinto come un asset borderline, specie dalle istituzioni monetarie. Un asset estremamente volatile, a rischio, molto debole. Sulla sua volatilità c’è poco da dire, anche perché volatile lo è per davvero. Tuttavia, per quanto riguarda la debolezza i detrattori sono stati smentiti: i movimenti di prezzo del Bitcoin di questi mesi hanno sorpreso e non poco. Insomma, come ha reagito il Bitcoin al coronavirus?
Sotto certi aspetti, si è comportato come i titoli azionari, asset a cui viene spesso paragonato (per la volatilità, soprattutto). Infatti, in concomitanza con l’inaugurazione della pandemia, quando ormai si è capito che il coronavirus non era solo un problema locale, il Bitcoin è crollato, proprio come hanno fatto molte azioni.
Rispetto al dollaro, è passato dai 9.060 del 5 marzo ai 5.024 del 16 marzo, un crollo di quasi il 50% nel giro di pochi giorni. Poi, è accaduto quello che in pochi si aspettavano: ha recuperato tutto il terreno perduto. Una benedizione, questa, che è stata concessa solo a pochi titoli azionari. Il 13 maggio aveva già raggiunto i livelli precedenti alla crisi, mentre attualmente (primi di luglio) viaggia sui 9.300 dollari.
Insomma, chi si aspettava un crollo duratura del Bitcoin è rimasto deluso. Idem per chi credeva che il coronavirus potesse dare una sorta di spallata finale a una criptovaluta giudicata troppo debole per rispondere adeguatamente a una crisi.
Non è tutto oro quello che luccica
Come si spiega questa – tutto sommato buona – performance del Bitcoin? Le spiegazioni possono essere tre, e non si escludono necessariamente a vicenda.
Una forza intrinseca. La tesi più ottimista vede il Bitcoin come asset di per sé, per a sua struttura, intrinsecamente capace di resistere alle crisi. Non è necessariamente una tesi da buttare via, anche perché dalla crisi del 2011, quella del debiti sovrani, ne è uscito vincitore, in quanto capace di approfittare delle debolezze delle altre valute. Siamo di fronte, attualmente, a una crisi del tutto diversa, è vero, ma queste dinamiche potrebbe spiegare in parte le buone performance del Bitcoin.
La debolezza degli altri asset. Un’altra spiegazione potrebbe risiedere nel clima di caos e di sfiducia che ha accompagnato questa prima parte della crisi. In un contesto in cui asset anche importanti hanno sofferta per i lockdown, gli investitori potrebbero aver guardare al Bitcoin come un asset in grado di riprendersi prima degli altri, in quanto abituato alle oscillazioni di prezzo anche imponenti e ai rimbalzi massicci.
L’halving del Bitcoin. Infine, c’è da considerare un aspetto, che molti trascurano. La cosa è quasi passata in sordina, ma il Bitcoin ha subito un halving poco tempo fa, ovvero un taglio dell’offerta programmato. Questo genere di provvedimenti in genere provoca profonde spinte al rialzo. Ebbene, la spinta al rialzo causata dall’halving potrebbe essere servita a compensare il crollo causato dall’emergenza coronavirus. In questa prospettiva, la tenuta del Bitcoin dovrebbe essere considerata come un mero effetto ottico, e non come una indicazione circa la forza intrinseca del Bitcoin.
Un’ombra sul Bitcoin
Che il Bitcoin, per un motivo o per un altro, abbia tenuto, non significa che il suo futuro sia necessariamente roseo, specie quello del medio termine. Anzi, alcuni strani movimenti, stando a un paio di analisti, lascerebbero presagire una fine dell’anno molto turbolenta per il Bitcoin, un vero e proprio autunno caldo. In breve, alcuni analisti credono che da qui a pochi mesi o addirittura poche settimane, il Bitcoin andrà incontro a una trend ribassista molto pesante.
Il riferimento è in particolare alla fase di bassa volatilità che sta interessando il Bitcoin. Se stessimo parlando di un asset normale non ci sarebbe niente di strano nei movimenti a cavallo tra giugno e questi primi giorni di luglio. Tuttavia, per il Bitcoin oscillazioni di “solo” qualche centinaia di dollari o di euro appaiono quasi innaturali.
Il problema è che in passato movimenti di bassa volatilità simili a quelli sono stati seguiti da crolli massicci, anche nell’ordine del 50%. Lo rileva l’analista George Georgiev sul sito cryptopotato.com. Egli fa riferimento al periodo di bassa volatilità dell’ottobre 2018, seguito in un passaggio repentino da una quotazione di 6.200 dollari a una di 3.200 dollari. Il tutto nel giro di pochissimo tempo.
A queste analisi si aggiungono quelle di Josh Rager, altro noto analista di criptovalute, che rileva come negli ultimi tempi il Bitcoin abbia subito una compressione dei volumi, segnali a suo dire dell’inizio imminente di un movimento direzionale, che potrebbe – appunto – risolversi in un trend ribassista.
Il futuro delle criptovalute
Sul futuro del Bitcoin permane ovviamente parecchia incertezza. Lo stesso si può dire, però, del mondo crypto in generale. Anche perché stanno per emergere nuovi elementi in grado di cambiare le carte in tavola, di imprimere una certa accelerazione, in un senso come nell’altro.
Il riferimento è all’entrata in scena di grandi player internazionali, e nello specifico alla nascita di criptovalute “ufficiali”. Non stiamo parlando di Libra, il cui progetto ha comunque subito un rallentamento, quanto dello yuan digitale, ufficialmente DCEP (Digital Currency Electronic Payment), la prima criptovaluta di Stato. Come suggerisce il nome ufficioso, è prodotta dalla Cina. Questo particolare asset segnerà alcuni record: prima criptovaluta di Stato, prima criptovaluta abilitata in modo massiccio all’acquisto di beni e servizi, prima criptovaluta regolata, seppur indirettamente, da una banca centrale.
Impossibile pensare a un mondo crypto inerme, anelastico rispetto a una novità di questa portata.