Il tema dell’inflazione è salito alla ribalta, visti i cambiamenti che si stanno registrano nelle principali economie mondiali. C’è chi mette in relazione l’andamento dell’inflazione con il prezzo del Bitcoin. Una correlazione esiste? Se sì, di che tipo? Cosa aspettarci dunque in questa seconda parte del 2021? Nell’articolo che segue cercheremo di rispondere a queste domande.

Una panoramica sul 2021 del Bitcoin

Prima di parlare del presunto legame tra Bitcoin e inflazione è bene fare una panoramica sul 2021 del Bitcoin stesso. D’altronde, stiamo parlando della principale criptovalute a livello mondiale, di nuovo sotto i riflettori, dopo un arrembante 2017. Il motivo è sempre lo stesso: l’aumento del prezzo, che da un anno a questa parte sta segnando ritmi eccezionali. A dire il vero, il trend ascendente ha rallentato, e parecchio. 

Ciò non toglie, però, che il 2021 del Bitcoin si stia dimostrando ben al di sopra delle attese. D’altronde, solo da qualche mese la celebre criptovaluta ha toccato il suo massimo, superando i 63mila dollari. Attualmente staziona in una fase laterale, per quanto laterale possa essere il prezzo del Bitcoin, intorno ai 38mila dollari.

Certo, questo movimento orizzontale fa ben sperare chi tifa per una progressiva stabilizzazione della criptovaluta. Altri cercano di scorgere segnali per una ripresa del trend rialzista. Altri ancora li trovano proprio nelle vicende legate all’inflazione. E’ bene, dunque, affrontare questo tema.

Un possibile legame tra Bitcoin e inflazione

Dunque, un legame tra Bitcoin e inflazione esiste? In linea di massima, non dovrebbe. Infatti, un legame di questo tipo riguarda, solitamente, le valute tradizionali, che sono ancorate a una economia reale. Dunque, quando l’inflazione dell’area euro sale, la valuta tende a deprezzarsi. E viceversa. I motivi sono numerosi, non tutti di immediata comprensione. Ad ogni modo, riguardano le attese per un cambio di politica monetaria e questioni di tipo meramente tecnica, relative ai movimenti della massa monetaria.

Niente di tutto ciò può riguardare il Bitcoin. Infatti, questa criptovaluta (esattamente come tutte le altre) non ha legami diretti con una qualsivoglia economia reale. Men che meno, ha alle spalle una banca centrale o una istituzione equipollente che possa incidere sull’offerta.

Tuttavia, sono in molti a teorizzare un rapporto tra Bitcoin e inflazione. Com’è possibile? E soprattutto… Di quale inflazione si parla? D’altronde, ogni area monetaria ha la sua, di inflazione.

Rispondiamo immediatamente a questa domanda: secondo alcuni vi sarebbe un legame tra Bitcoin e inflazione statunitense, ovvero quella che maggiormente incide nei contesti internazionali, vista la preponderanza del dollaro anche oltre i confini degli Stati Uniti

Il meccanismo attraverso cui agirebbe questo legame è in realtà piuttosto semplice. Quando l’inflazione USA è alta, detenere dollari nel proprio portafoglio è rischioso, in quanto sono maggiormente soggetti a svalutazione. A un aumento dell’inflazione, infatti, corrisponde spesso un indebolimento rispetto alle altre valute.

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Dunque, gli investitori guardano ai beni rifugi. Oro, principalmente. Oppure, perché no, Bitcoin. D’altronde, una delle “linee evolutive” che il Bitcoin sta percorrendo è proprio questa: la trasformazione in bene rifugio. Trasformazione che non è ancora stata finalizzata del tutto, questo è ovvio. Le premesse però sono buone, anche alla luce della crescente stabilizzazione. A dimostrazione di ciò, vi è la corrente di pensiero che reputa il Bitcoin come il “nuovo oro”.

Sicché, nel caso in cui l’inflazione aumentasse, ci si dovrebbe aspettare un aumento delle quotazioni del Bitcoin.

Il caso Argentina

Esistono prove di questo meccanismo, di questa correlazione tra inflazione USA e Bitcoin? In realtà no, anche perché, se si esclude il periodo corrente, la ribalta del Covid è coincisa con una stabilizzazione dei prezzi negli Stati Uniti. 

Tuttavia, possiamo allargare lo sguardo e prendere in considerazione la situazione argentina. Ebbene, l’Argentina sta vivendo un pessimo periodo dal punto di vista inflazionistico. Il pesos sta perdendo progressivamente valore, il potere di acquisto si sta contraendo. Ebbene, proprio in Argentina si sta apprezzando una crescita esponenziale dei detentori di Bitcoin. Non necessariamente investitori, bensì (anche) gente normale che – molto banalmente – sta acquistando i Bitcoin.

Di norma, gli argentini si rifanno sul dollaro in questi caso, memori di una tradizione di parità forzata tra il biglietto verde e la valuta albiceleste. Adesso che questa parità è stata accantonata, e che il governo ha vietato l’acquisto indiscriminato di dollari, i cittadini si stanno rivolgendo non all’oro, bensì al Bitcoin, considerato un bene decisamente più liquido e comunque con caratteristiche di “rifugio”.

Una rondine non fa primavera, ma si può comunque pensare al caso argentino come a un caso in grado di fare scuola. Se l’inflazione aumentasse negli Stati Uniti, gli americani potrebbero comportarsi come gli argentini, e acquistare Bitcoin a un ritmo crescente. In quel caso, la domanda aumenterebbe e, di conseguenza, anche le quotazioni della celebre criptovalute.

A dire il vero, il modello è replicabile un po’ ovunque. Gli effetti, ovviamente, si vedrebbero solo in caso di inflazione crescente in quei paesi in grado di esprimere un potenziale significativo in termini di detentori di valute. La Cina è da escludere, in quanto le autorità non vedono di buon occhio il Bitcoin. Tuttavia, si può prendere in considerazione l’Europa.

Le prospettive di inflazione per le principali valute tradizionali

In virtù di ciò, può essere utile parlare dell’inflazione in Europa, anzi nell’area Euro e soprattutto negli Stati Uniti. Secondo le evidenze del caso argentino, un aumento dei prezzi nelle due aree monetarie segnerebbe un aumento delle quotazioni del Bitcoin.

Iniziamo dagli Stati Uniti. Ebbene, le prospettive qui sono molto particolari. In breve, si prevede una situazione di inflazione elevata, almeno fino a una inversione di rotta delle politiche monetaria. La pioggia di dollari che la Fed ha scatenato per far fronte al Covid ha generato qualche distorsione inflattiva. Ad aprile, per esempio, i prezzi hanno fatto segnare il +4,2% anno su anno, un risultato che non si registrava da almeno 13 anni.

La situazione è molto meno drammatica nell’area Euro. Sia chiaro, l’inflazione è in crescita, e questo di per sé è una notizia, se si considera che erano anni che l’area Euro non registrava un aumento accettabile dei prezzi. Tuttavia, siamo ancora lontani da una condizione distorsiva. Per la precisione, ad aprile, sempre anno su anno, l’inflazione dell’area euro è stata pari al +1,6%.

E’ lecito aspettarsi inflazioni elevate e in crescita per molto tempo? E’ difficile individuare un orizzonte temporale. Di certo, le politiche monetarie ultra-espansive rimarranno tali ancora per qualche periodo, ma prima o poi (più prima che poi) verranno accantonate. D’altronde, sono state messe in piedi a un unico scopo: sostenere l’economia durante l’economia di coronavirus.