Il termine banca popolare è in grado, da solo, di spaventare i piccoli risparmiatori, e suscitare in loro vecchie ansie e ricordi poco gradevoli. Il riferimento è agli scandali e ai fallimenti che hanno coinvolto alcune “popolari” negli anni passati.
Il caso della Banca Popolare di Bari, che tratteremo oggi, è però diverso. In primis perché, è bene anticiparlo già in questa fase introduttiva, si è evitato il disastro. Secondariamente perché ci dice qualcosa sulla resilienza del mercato del credito italiano.
Il caso della Banca Popolare di Bari
Ma andiamo con ordine… Anzi no, iniziamo dalla fine. Ovvero dall’ordine di commissariamento dell’istituto pugliese emanato da Bankitalia, che in questo modo ha inaugurato le procedure di amministrazione straordinaria.
La notizia è abbastanza recente, sebbene già il 13 dicembre il massimo istituto italiano abbia nominato un comitato di sorveglianza e dei commissari straordinario il cui scopo era monitorare gli sviluppi dell’azienda e di valutare ipotesi di ricapitalizzazione. Scopo ultimo: il rilancio di Banca Popolare di Bari.
Si è trattato di un provvedimento importante, dal momento che ha de facto evitato la presentazione di un bilancio dissestato relativo al 2019. Se questa evenienza fosse emersa, sarebbero scattate le procedure di bail in, con conseguenze nefaste – dal punto di vista economico ovviamente – per correntisti e investitori della banca.
Questo provvedimento “salva vita” è la punta dell’iceberg di una vicenda che, almeno nei suoi elementi salienti, risale al 2010. In quell’anno alcune ispezioni avevano rilevato un rischio di liquidità causato da una gestione non eccessivamente brillante – per usare un eufemismo.
Dal 2010 al 2013, poi, si sono registrati provvedimenti restrittivi, come un taglio del valore delle azioni di circa il 21%. Nel 2015, poi, l’Antitrust ha avuto da ridire sull’acquisto di Banca Tercas, approvato comunque da Bankitalia, in quanto considerato aiuto di Stato.
Ulteriori ispezioni, tra il 2016 e il 2018, hanno spinto Banca Popolare di Bari a dichiarare un rosso di 430 milioni di euro, con tutto ciò che ne è conseguito a livello di immagine pubblica e dinamiche gestionali. In questo periodo si è assistito a un rimpallo di accuse tra i dirigenti, dinamica che ha contribuito ad alimentare le ansie degli investitori e dei correntisti.
Il resto è storia già raccontata: si arriva al 13 dicembre 2019 con la nomina del comitato di sorveglianza e dei commissionari e, infine, al via libera dell’amministrazione straordinaria.
I provvedimenti a tutela dei risparmiatori
Cosa cambia per i clienti di Banca Popolare di Bari? Si deve temere una ripercussione finanziaria? Insomma, perderanno i loro soldi? In realtà, questo scenario è stato escluso dal ministro dell’Economia Roberto Gualtieri.
Infatti, è già stato avviato un piano di ristrutturazione e rilancio della banca, il quale prevede la sua conversione in società per azioni (al fine di garantirle liquidità) e un percorso di ricapitalizzazione ad opera di alcuni istituti privati, in particolare di Mediocredito Central. Parteciperà alla ricapitalizzazione anche il Fondo Interbancario a tutela dei depositi e dei privati.
Cosa ci insegna il caso della Banca Popolare di Bari
Il caso della Banca Popolare di Bari ci insegna un po’ di cose. In primis, che un disastro può essere evitato, magari facendo tesoro delle vicende passate. Ci insegna che prevenire è meglio che curare, anche e soprattutto quando si parla di banche. A un’attenta opera di sorveglianza, infatti, è seguito un intervento puntuale da parte dello Stato.
Ci insegna, infine, che Stato e privati possono lavorare assieme, dal momento che il percorso di rinascita di Banca Popolare di Bari vede come protagonista, quasi in codominio, tanto il pubblico quanto il privato.