Se ci limitiamo a un’analisi dei grafici, il Bitcoin non sta deludendo le attese. Anzi, questo 2020 è andato meglio del previsto, se si considera il periodo storico, e le reazioni dei mercati all’emergenza coronavirus. Paradossalmente, nonostante il caos e il panico di questi mesi, il Bitcoin ha addirittura trovato una stabilità. Un evento che ha quasi dell’incredibile, per un asset che ha fatto della volatilità estrema il suo tratto distintivo.

Tuttavia, queste dinamiche non convincono alcuni investitori. Certo, nell’immediato dipingono una situazione favorevole, ma potrebbero essere il preludio a qualcosa di drammatico. Ne parliamo in questo articolo, dati, dichiarazioni ed esperienze pregresse alla mano.

Lo strano 2020 del Bitcoin

Il 2020 del Bitcoin è stato molto strano. Lo è stato per tutti, dentro e fuori i mercati. D’altronde, una pandemia che sconvolge vite ed economie nazionali non si vede tutti gli anni. Tuttavia, in questo contesto già di per sé strano, tragicamente bizzarro, il Bitcoin ha tirato dal cilindro la reazione che non ti aspetti. Erano in molti a prevedere una profonda discesa della criptovaluta a seguito del caos scatenato dal coronavirus o, nella migliore delle ipotesi, oscillazioni dalla portata colossale. E invece no, il Bitcoin si è comportato in maniera opposta rispetto a quello che ci si attendeva da un asset volatile.

A dire il vero, il 2020 era iniziato all’insegna di una bassa volatilità, per gli standard del Bitcoin. Anzi, all’insegna di un trend ascendente… Ed equilibrato. Nello specifico, la criptovaluta ha iniziato l’anno con una quotazione di 6946 dollari, e dopo due mesi, a fine febbraio, segnava già 8708 dollari. In mezzo, un picco di 10.371 (raggiunto a metà febbraio).

Dopodiché, è scoppiata l’emergenza Covid. Quando tutti hanno realizzato che non si trattava di un problema locale, di questa o quella nazionale, ma che si era di fronte a una minaccia globale, i mercati hanno reagito molto male, producendo un’ondata di ribassi. Il Bitcoin si è comportato come un normale titolo azionario, andando incontro a una svalutazione, seguita da una ripresa più o meno sostenuta.

Proprio in questa fase è accaduto l’imponderabile: il Bitcoin si è rivalutato, ma si è pressoché fermato ai livelli pre-crisi, anzi superandoli leggermente. A inizio maggio ha conquistato quota 9.000 dollari e non si è mosso da lì, se escludiamo poche sessioni sporadiche. In breve, il Bitcoin ha smesso di essere volatile, almeno per i suoi standard. Ancora oggi, a metà luglio, la criptovaluta staziona su questi livelli.

Bitcoin: nuova stabilità o quiete prima della tempesta?

Apparentemente, questa è la situazione ideale. Il Bitcoin ha ridotto la sua volatilità ai minimi termini, dunque si è fatto più gestibile, e oggi espone gli investitori a rischi minori rispetto a solo un anno fa. Il tutto rendendosi partecipi comunque di piccole e medie oscillazioni, che pongono in essere occasioni di guadagno.

Tuttavia, c’è qualcosa che non torna. Da prendere in considerazione ci sono due elementi che potrebbero cambiare le carte in tavola, e favorire una lettura del fenomeno non proprio confortante.

Il primo elemento è l’halving. Per il Bitcoin, questo non è un anno come gli altri, e il coronavirus non è l’unico motivo per affermare ciò. A maggio si è verificato, come da cronoprogramma, l’halving del Bitcoin, ovvero il dimezzamento della resa del mining, che a sua volta ha determinato e determinerà in futuro un restringimento dell’offerta. Un meccanismo piuttosto rodato per evitare che la criptovaluta si svaluti. Di conseguenza, l’halving produce un aumento delle quotazioni, come è stato registrato in passato.

Ebbene, il percorso stazionario del Bitcoin, dunque, potrebbe essere un errore di prospettiva. Il Bitcoin è più o meno stazionario perché gode degli effetti dell’halving. Se non si fosse verificato questo evento, le quotazioni sarebbero scese. Anche questa interpretazione, va detto, deve essere presa con le pinze, in quanto l’halving, essendo un evento programmato e previsto, potrebbe essere stato scontato nei mesi precedenti.

Un pericoloso precedente

Ma c’è un altro elemento che potrebbe favorire una lettura pessimistica di questo periodo di stabilità per il Bitcoin. Un elemento che in verità è un “pericoloso precedente”, o un precedente che rivela molte cose, e che è stato evidenziato da alcuni analisti.

La verità è che questo non il primo periodo di stabilità per il Bitcoin. Già in passato, seppur sporadicamente, ha attraversato fasi di bassa volatilità. E almeno in un caso… Non è andata a finire bene. Il riferimento è all’estate del 2018, che è stata seguita da un drammatico crollo del Bitcoin. Esatto, a un periodo di scarsa volatilità, per giunta estivo (proprio come questo) è seguita una pesante svalutazione.

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Nello specifico, dal 10 agosto al 2 novembre 2018, il Bitcoin è stazionato da 6200-6300 dollari (grossomodo), quindi esprimendo una volatilità ancora più bassa di quella odierna. Anche all’epoca il fenomeno è stato salutato con sapore, con alcuni analisti che plaudevano alla stabilità del Bitcoin e auspicavano una sua entrata nel consesso degli asset “normali”. A tutto ciò è però seguito un tonfo drammatico: nel giro di un mese e mezzo, il Bitcoin avevo perso il 50% del suo valore, raggiungendo uno storico minimo di 3183 dollari. Tra parentesi, ha impiegato quasi sei mesi a riprendersi.

Ecco, la storia potrebbe ripetersi anche quest’anno. E’ di questo avviso, per esempio, George Georgiev, analista i cryptopotato.com, che per primo ha messo in relazione la scarsa volatilità di questo periodo con quella del 2018. Sempre secondo Georgiev, poi, se si guarda ai volumi spot, in netta discesa, appare possibile una volatilità (magari al ribasso) nelle prossime settimane.

Sulla stessa falsariga è l’analista e trader di criptovalute Josh Rager che, come riporta la testata Traderlink.it, evidenzia allarmanti segnali di compressione del Bitcoin, i quali fanno presupporre un imminente ritorno alla volatilità. A questo punto, i giochi sarebbero riaperti.