Sul Bitcoin se ne dice di ogni, spesso viene additato come un asset pericolosissimo, cui i “bravi trader” dovrebbero stare alla larga. Alcune raccomandazioni di questo tipo giungono persino da famosi policy maker, che in virtù del loro ruolo generano una influenza colossale e quindi sono in grado di incidere sui comportamenti dei singoli.

Di recente però è giunta un’altra accusa, questa volta purtroppo (per gli appassionati di Bitcoin) corroborata dai dati. Secondo questa accusa, il Bitcoin causerebbe un impatto ambientale ai limiti del disastroso. Al centro della vicenda, una ricerca americana. Cerchiamo di vederci chiaro.

La ricerca dell’Università del New Mexico

La ricerca in questione è stata condotta da alcuni studiosi dell’Università del New Mexico, Stati Uniti e pubblicata sul magazine specialistico Scientific Reports.

La ricerca puntava a individuare l’impatto ambientale causato dal mining di Bitcoin, il processo con il quale nuovi Bitcoin vengono immessi nel mercato. Un’attività notoriamente energivora, che richiede grandi dosi di elettricità.

Quanto energivora? Beh, tanto. Così tanto ad aver provocato, secondo i ricercatori dell’Università del New Mexico, danni ambientali per 12 miliardi di dollari nel periodo 2016-2021, ovvero da quando il Bitcoin ha conquistato la scena.

La ricerca quantifica esattamente quanta elettricità è stata necessaria, fin qui, per estrarre i Bitcoin estratti nel lasso di tempo presi in esame. Possiamo citare il dato del 2020, anno in cui il mining ha raggiunto il suo apice: 75,4 terawatt. Una cifra straordinaria, simile a quanto una piccola nazione come l’Austria ha consumato nel medesimo anno, il 25% di quanto consumato da un paese di media entità come l’Italia.

Cos’è il mining

Giunti a questo punto, vale la pena fare il punto sul mining, ovvero il meccanismo di “produzione” dei Bitcoin al centro dell’analisi del New Mexico. Il mining è il processo attraverso cui viene individuato il codice che sta dietro a ogni singolo Bitcoin. Chi ha quel codice, può immetterlo nel mercato. Ora, trovare quel codice è veramente difficile, in quanto la sua complessità deriva da quanti Bitcoin sono attualmente sul mercato.

Ragione per cui, a mano a mano che si va avanti, sono necessarie potenze di calcolo sempre più grandi. Attualmente, per “minare” i Bitcoin è necessario accorpare le potenze di parecchi computer di alto livello. Ovviamente, queste potenze di calcolo richiedono elettricità, anche  perché devono lavorare a ciclo continuo. Da qui, il carattere energivoro del mining.

Un problema all’apparenza irrisolvibile: senza mining, non ci sarebbe il Bitcoin. O, per meglio dire, non ci sarebbero nuovi Bitcoin. Il mercato insomma collasserebbe, non prima però di produrre forti distorsioni lato prezzi. 

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Basti pensare a cosa è accaduto quando alcuni paesi in cui la tradizione del mining è radicata sono entrati in difficoltà. Uno di questi era proprio l’Ucraina. Ovviamente, a seguito della guerra, le attività di mining sono diminuite, e questo ha creato un piccolo terremoto sui prezzi. Di base, sarebbe stato lecito  pensare a una rivalutazione, visto che l’offerta stava subendo una contrazione. Il problema però ha generato preoccupazioni così pressanti da causare l’effetto inverso, ovvero un progressivo abbandono dell’asset, con conseguente svalutazione. 

Bitcoin e impatto ambientale, come si comporteranno i governi?

La domanda sorge spontanea: alla luce di questa scoperta – che sorprende solo a metà – i governi prenderanno provvedimenti? D’altronde, non è il momento di “sprecare” elettricità, visti i noti problemi sul fronte energetico. Sarebbe anche paradossale immaginare da un lato i razionamenti e dall’altro un mining selvaggio. Di contro, sarebbe molto difficile pensare alle modalità con cui i mining potrebbero essere vietati o limitati.

Ad ogni modo, ancora non è giunto nessun grido di allarme, né politici di rilievo hanno pronunciato dichiarazioni. D’altronde, alcuni policy maker fin qui hanno dipinto il Bitcoin come un rischio per gli investitori e per il sistema finanziario, non come un rischio per le complesse attività di gestione degli approvvigionamenti energetici. Non rimane che aspettare, e stare in campana: il mondo Bitcoin riserva sempre sorprese, e spesso queste giungono da contesti extra-mercato.