Le criptovalute, almeno per ora, sono considerati quasi esclusivamente degli strumenti di investimento speculativo. In realtà, almeno potenzialmente, sono molto di più. In primis, mezzi di pagamento, per quanto l’estrema volatilità stia compromettendo questo ruolo. Sono però anche strumenti per risolvere problemi, che possono essere di natura tecnologica o… Politica. Anzi, geopolitica.

Lo dimostrano alcune voci di corridoio che coinvolgono da un lato le criptovalute dall’altro i governi di alcuni paesi per così dire particolari: Corea del Nord, Iran, Cuba e Venezuela. Ne parliamo nell’articolo che segue.

Un punto di svolta per le criptovalute

Il mondo delle criptovalute è in continua evoluzione. Lo è in termini tecnologici, dal momento che l’infrastruttura di base segnala novità rilevanti ogni volta che esordisce una nuova criptovaluta. Lo è però anche dal punto di vista legislativo. I governi e le istituzioni si dividono tra sospetto, malcelata curiosità e disapprovazione. Si discute apertamente sulla regolamentazione, sull’opportunità o meno di far rientrare le criptovaluta nell’alveo dei mercati regolamentati.

Certo, l’eventuale percorso di istituzionalizzazione potrebbe porre in essere una perdita di identità, e in particolare della tendenza alla decentralizzazione e alla totale indipendenza che finora ha decretato il successo delle criptovalute. L’alternativa a questo percorso è una stretta legislativa, peraltro paventata e alcune volte messo in atto da alcuni governi.

In testa, quelli centralizzanti, lontani dall’assetto delle democrazie liberali. Proprio loro, però, stanno dimostrando di non disprezzare lo strumento, ma solo la sua tendenza a non poter essere controllato. Da qui, alcune iniziative che vedrebbero la creazione di “criptovalute di Stato”, finalizzate a risolvere determinati problemi economici e di politica internazionale. I più attivi in questo senso sono proprio la Nord Corea, l’Iran, Cuba e il Venezuela.

La Nord Corea e le criptovalute

In realtà, la Corea del Nord non sta pensando a una criptovaluta di Stato. O, almeno, non sta emergendo nessuna notizia in genere. Ci sono tuttavia alcuni appunti da fare. In primis, e forse in maniera un po’ inaspettata, la Corea del Nord organizzerà una conferenza su criptovalute e blockchain. Dunque c’è un interesse, e non è da escludere che tale interesse si tramuti in iniziative concrete.

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Il secondo appunto è in realtà un sospetto, portato avanti dal Comitato per le Sanzioni alla Corea del Nord dell’ONU. Secondo un rapporto stilato di recente, alcuni hacker nordcoreani avrebbero rubato 2 miliardi di dollari in Bitcoin intervenendo in maniera illecita sui miner e sulle transazioni. Sempre secondo il rapporto, gli hacker avrebbero avuto il supporto del Reconnaissance General Bureau e avrebbero consentito allo Stato di generare un reddito aggiuntivo e difficile da tracciare.

L’Iran e le criptovalute

Qui le voci di corridoio sono più concrete, e anzi procedono da dichiarazioni di importanti esponenti istituzionali. Tra tutti Alireza Daliri, vicesegretario della divisione Gestione e investimenti presso il Direttorato degli affari scientifici e tecnologici, ha dichiarato apertamente: “Stiamo cercando di prepararci a utilizzare una valuta digitale nel paese”. 

Lo scopo, ovviamente, è di ridurre gli effetti dell’embargo USA, che potrebbe mettere in ginocchio l’economia iraniana. Gli ha fatto eco Mohammad-Reza Pour-Mohammadi, capo della Commissione parlamentare iraniana per gli affari economici, che senza mezzi termini ha definito le criptovalute come un modo per evitare transazioni in dollari USA.

Il Venezuela e le criptovalute

Ufficialmente, niente di nuovo sotto al sole. Certo, è ancora in fase di rodaggio, ma il Venezuela ha già la sua criptovaluta di Stato: Petro, che punta alla stabilità necessaria per fungere da mezzo di pagamento attraverso un collegamento con le riserve petrolifere e minerarie.

Ora, non si sa se Petro riuscirà nel suo intento. Certamente, voci di corridoio vedono il Venezuela come attivo nella ricerca di soluzioni alternative all’embargo. Alcuni siti riportano che al centro di queste iniziative ci saranno proprio le criptovalute, Bitcoin in testa.

Cuba e le criptovalute

Ufficialmente, Cuba stigmatizza l’uso delle criptovalute, che sono viste come strumento di arricchimento illecito. Tuttavia, anche l’isola caraibica soffre di problemi legati all’embargo, i quali si manifestano soprattutto in alcune disfunzioni nei meccanismi di trasmissione monetaria, soprattutto nei confronti con l’estero.

Tuttavia, all’ufficiale avversione del governo potrebbe non corrispondere una analoga avversione da parte della gente comune. Secondo il canale Telegram CubaCripto sono oltre 100mila i cubani che usano le criptovalute per fare acquisti online o addirittura per acquisire beni e servizi in loco, quasi come se fosse una moneta alternativa (e a Cuba ce ne sono già due, di valute ufficiali!). Il Governo, prima o poi, se il fenomeno si espandesse, potrebbe semplicemente prenderne atto e cercare di gestire in prima persona il fenomeno.