Che il mondo delle criptovalute sia ambiguo, pieno di controversie e potenzialmente pericoloso (quanto redditizio) è risaputo. Anche perché lo ricordano ciclicamente alcuni esponenti delle istituzioni, specie se finanziarie, che un giorno sì e l’altro pure lanciano dei moniti e richiamano alle necessità di regolamentazione. Tutto ciò è legittimo, sia chiaro, e persino fisiologico. Quello crypto, d’altronde, è un fenomeno quasi completamente nuovo, che necessita di alcune scosse di assestamento e di un certo rimaneggiamento anche da parte dei piani altri.
Ciò che è interessante sapere, a questo punto, riguarda un fatto: ossia che il mondo delle criptovalute è pieno di… Rovesci della medaglia. Paradossalmente, molte delle sue caratteristiche positive nascono dei lati negativi. Spesso, dietro una potenzialità si nasconde una minaccia. In questo articolo parleremo proprio di questo: delle ambiguità che riguardano le criptovalute, e che le riguardano in generale, senza pensare specificatamente a questa o a quella moneta. Nella maggior parte dei casi, si tratta di elementi strutturali, e per questo motivo difficilmente modificabile. Conoscerli, però, è necessario come minimo per affrontarli con cognizione di causa. Post scriptum: la lista è stata redatta dal team di Cryptocurrencyfacts.com.
La questione delle blockchain
La portata rivoluzionaria del mondo crypto è data dall’impiego massiccio delle blockchain, che fanno riferimento a una tecnologia nuovissima, potenzialmente in grado di modificare in profondità le attività di relazione tra persone, privati, aziende, istituzioni etc. Il tutto all’insegno dell’automatismo. Questa è senz’altra una caratteristica positiva, in quanto pone le criptovalute in una posizione di avanguardia tecnologica.
Tuttavia, c’è il rovescio della medaglia: il mondo non è ancora pronto per le blockchain. Buona parte delle attività di relazione, infatti, specie se interessano economia e burocrazia, si basano sulla supervisione umana. Più che una necessità tecnica, esso è un limite mentale. E, come ci insegna Einstein, è veramente difficile affrontare un “pregiudizio”. Da questo punto di vista, le criptovalute si trovano (e si troveranno per chissà quanto tempo ancora) una porta chiusa. L’unico dato di realtà, per ora, è questo: le blockchain hanno fino a questo punto esercitato un impatto davvero limitato.
Il tema della tassazione
Buona parte delle istituzioni fiscali nazionali si sono già espresse sulla questione della tassazione. In linea di massima, è stato utilizzato un approccio che pone sullo stesso piano il trading di criptovalute con il trading del Forex. Si tassa, nella stragrande maggioranza dei casi, l’utile, secondo il regime del Capital Gain. Da questo punto di vista, un aspetto controverso, forse il più controverso del mondo crypto, è stato già affrontato.
Peccato, però, che sia stata affrontato… Male. O, per meglio dire, in un modo che non tiene conto della specificità delle criptovalute rispetto alle valute tradizionali. Questo è fisiologico, a dire il vero: il fenomeno è nuovo, e in genere la macchina statale arriva giocoforza dopo, a seguito di un lungo periodo di ponderazione, a mettere i suoi paletti. Sia chiaro, questo “rovescio della medaglia” verrà con il tempo neutralizzato, tuttavia nel frattempo è probabile che emergono, un po’ ovunque nel mondo, alcuni contenziosi con il fisco.
Il trading a due velocità
Chi vuole fare trading con le criptovalute ha due alternative: utilizzarle come asset reale, utilizzarle come sottostante. Nel primo caso, si farà riferimento agli Exchange, ossia a quelle piattaforme che permettono lo scambio di criptovalute. Nel secondo caso, si farà riferimento ai broker tradizionali che propongono dei prodotti derivati, ossia i CFD (il Bitcoin, presente anche sotto forma di Future, è un caso a parte). Da questo punto di vista, siamo di fronte a una caratteristica positiva, poiché è evidente che il trading delle criptovalute possa essere messo sullo stesso piano del trading tradizionale.
Anche in questo caso, ovviamente, c’è un “ma”. Gli Exchange presentano alcuni vulnus, alcuni rischi. In primo luogo, non è presente una regolamentazione ad hoc. Secondariamente sono potenzialmente attaccabili dagli hacker. Tutto ciò senza considerare che, in effetti, le transazioni con gli Exchange, che muovono valuta reale, sono giocoforza più lente.
L’assenza delle banche centrali
E’ risaputo, ed è anzi il tratto tipico delle criptovalute, quello che ha permesso loro di salire alla ribalta: dietro le criptovalute, non vi è alcuna banca centrale. Non solo: è assente qualsiasi ente, istituzioni o società che abbia poteri minimamente comparabili a quelli della banca centrale. Le criptovalute sono libere, indipendenti, autonome. Insomma, appartengono al 100% a chi le possiede.
Ok, tutto bello, rivoluzionario, suggestivo. Persino utile, se consideriamo la capacità delle banche centrali nell’impattare sui rapporti tra le valute. Peccato, però, che se da un lato le criptovalute non soffrono dell’interferenza di un ente terzo, dall’altro lato non ne beneficiano dei vantaggi. Non vi, è infatti, nessun organismo in grado di risolvere le criticità, di sbloccare le crisi di offerta o di mantenere i prezzi su livelli sostenibili. D’altronde, l’estrema volatilità delle criptovalute dipende proprio da questo elemento, da questo tratto tipico che, come abbiamo visto, è per l’appunto l’assoluta indipendenza.
La creazione della criptovaluta
Tutti, potenzialmente, possono creare una criptovaluta. Ciò è dovuto principalmente a due elementi: da un lato, l’assenza di un qualsiasi ente terzo (come abbiamo specificato nel paragrafo precedente), a cui corrisponde un mercato assolutamente liberalizzato; dall’altro lato, il meccanismo delle ICO. Se una società o un team manifesta le necessarie capacità di programmazione, può entrare nel mercato anche domani mattina. Questo ha fatto sì che il mercato delle criptovalute crescesse, aumentando l’offerta a dismisura.
Anche questo è chiaramente una caratteristica positiva… Con un rovescio della medaglia. Essa corrisponde alla relativa facilità con cui il mercato può essere penetrato da persone malintenzionate, ossia da realtà che non vogliono realmente creare una criptovaluta efficiente, ma che vogliono semplicemente truffare il prossimo. Per lo stesso motivo, il mercato ospita realtà poco competenti, per quanto in buona fede, che danno vita a criptovalute “scarse”. Tutto ciò, evidentemente, rappresenta un pericolo per gli investitori.
L’emissione è completamente liberalizzata
Una banca “crea” da zero il denaro e lo trasferisce praticamente alla bisogna alle banche nazionali, commerciali etc. a un interesse specifico. Nel mondo crypto, però, il concetto di banca centrale è alieno, dunque l’emissione di valuta è regolata attraverso altre dinamiche: queste dinamiche fanno capo al mining. Si chiamano, infatti, criptovalute per un motivo: ogni moneta è protetta da un codice, che deve essere letteralmente estratto attraverso calcoli informatici. Chiunque, potenzialmente, può “minare” una criptovaluta e avere il suo Bitcoin, il suo Ethereum etc.
Questo, nella teoria. Nella pratica, proprio per le dinamiche poste in essere dalla blockchain, minare diventa progressivamente più difficile. L’esempio di ciò è dato dal Bitcoin, che per essere “minato” richiede potenze di calcolo spaventose, che possono essere aggregate solo da grandi industrie. Tutto ciò genera conseguenze spiacevoli e che, a ben vedere, vanno contro i concetti di liberalizzazione e libertà sui cui si basa il progetto crypto: la ricchezza è potenzialmente concentrata nelle mani di pochi.
Questo fenomeno, ossia la progressiva difficoltà del mining, ha causato inoltre conseguenze che vanno ben oltre il perimetro delle criptovalute. Per esempio, alcune specifiche hardware sono aumentate di prezzo, proprio perché è aumentata la domanda “di estrazione”. Insomma, queste dinamiche andrebbero corrette. La strada ancora è lunga, benché ci siano alcuni spiragli positivi.
Le commissioni
Un effetto collaterale della struttura delle criptovalute, e che ha assegnato loro un ruolo che, in principio, non era contemplato è il seguente: le criptovalute rappresentano uno strumento efficace ed economico per spedire denaro da una parte all’altra del mondo. Il motivo di ciò risiede nella già citata dipendenza da qualsiasi organismo di gestione. La realtà è che le commissioni, per quanto presenti e nemmeno tanto leggere, sono comunque di gran lunga inferiori a quelle che si pagano abitualmente quando si manda della valuta Fiat da un paese all’altro. Questo rappresenta motivo di speranza per i migranti che, ad esempio, devono spedire denaro alle loro famiglie.
Il rovescio della medaglia in questo caso è duplice. Da un lato, l’eterogeneità delle commissioni, che cambiano da valuta a valuta e anche in base al periodo. Dall’altro lato, all’instabilità dei prezzi: se oggi un Bitcoin vale x dollari, domani ne varrà sicuramente una quantità diversa. E, a scanso di equivoci, i Bitcoin non sono ancora un mezzo di pagamento a tutti gli effetti. Di positivo, però, c’è la tendenza: prima o poi, il contesto sicuramente volgerà al bello, trasformando le criptovalute in un mezzo realmente efficace per il trasferimento di denaro da un paese all’altro.
La volatilità
Non ci vuole un genio per capire quanto controverso sia questo elemento. Da un lato, infatti, la volatilità delle criptovalute pone in essere opportunità di guadagno eccezionali, in un senso e nell’altro. Con le criptovalute, infatti, si può andare anche short (a certe condizioni e se si utilizzano alcuni strumenti). Anzi, proprio la volatilità del Bitcoin l’ha fatto conoscere al grande pubblico, ovvero la sua capacità di aumentare di prezzo in modo vertiginoso, di registrare aumenti di prezzo clamorosi e in tempi brevi.
Purtroppo, volatilità significa instabilità. Ok, le opportunità fioccano, ma i trader non commerciano “acca ventiquattro”, e potrebbero vedersi il proprio patrimonio fortemente ridotto dalla sera alla mattina. Insomma, è un fenomeno che va governato, un’arma a doppio taglio nel vero senso della parola. C’è comunque, chi pensa che le criptovalute siano una bolla destinata a scoppiare in modo fragoroso e drammatico.
L’entusiasmo
Le criptovalute sono una moda? In un certo senso sì. Ne parlano tutti, e non solo nei contesti di trading. Occupano spazi televisivi, sono argomenti di servizi di approfondimento, sono sulla bocca anche dei profani. Questo è un fatto positivo, che consente al mondo crypto di crescere. Più se ne parla, più gente si avvicina, maggiore è la domanda e più in fretta crescono i prezzi. Tuttavia, anche questo punto nasconde un rovescio della medaglia, e per giunta enorme. Tale rovescio della medaglia può essere riassunto con un termine: irrazionalità.
Il mondo delle criptovalute è pervaso dall’irrazionalità, dai sentimenti forti. Quando le cose vanno bene, vi è una esuberanza tale da spingere i prezzi alle stelle. Quando le cose vanno male, il mercato entra nel panico più assoluto. Anche questo fenomeno contribuisce alla volatilità. Tuttavia, è principalmente causato dall’assenza di market mover. Se l’unico elemento a “creare il prezzo” è il mercato stesso, gli scambi tra investitori, con una occasionale entrata a gamba tese delle istituzioni (con le istituzioni) è ovvio che tutto sia molto instabile.
Tutto ciò crea in primo luogo le condizioni per l’esplosione della classica bolla finanziaria, e secondariamente causa parecchi problemi: impossibilità di fare una analisi tecnica e fondamentale come si deve, perdite repentine di capitale etc.