L’euro digitale promette di essere una delle novità più importanti degli ultimi anni in ambito finanziario. Evolvendo da oggetto del desiderio degli amanti del mondo crypto a progetto concreto, ha calamitato l’attenzione di investitori e analisti. A maggior ragione in questi giorni, che hanno visto una forte accelerazione della BCE.
Ecco cosa sta succedendo e qualche previsione sulle caratteristiche della futura criptovaluta targata BCE.
Euro digitale, cosa bolle in pentola
Con l’espressione “euro digitale” si indica informalmente la criptovaluta che la BCE sta pensando di creare. Una criptovaluta caratterizzata dal supporto di una delle istituzioni finanziarie più importanti del pianeta, e che quindi si preannuncia come uno strumento rivoluzionario o comunque in grado di segnare uno spartiacque.
Nel 2021 la BCE aveva avviato la prima fase, che consisteva in uno studio di fattibilità, in una elaborazione di scenari che potessero testare la capacità del sistema di reggere, e anzi beneficiare, di una criptovaluta europea creata e gestita dalla banca centrale.
Adesso questa fase è terminata, e la BCE ha già avviato la seconda. Una fase interessante, in quanto ammantata finalmente di concretezza. Essa consiste nella pubblicazione di ben cinque bandi, i quali si rivolgono alle imprese europee e che hanno lo scopo di individuare soluzioni tecnologiche a uso e consumo del nuovo progetto. Insomma, si decide finalmente l’architettura dell’euro digitale.
I bandi riguardano anche la protezione dalle frodi e più in generale la sicurezza. Palese, in questo senso, la volontà di svincolare il progetto dagli stereotipi di inaffidabilità che coinvolgono il mondo crypto. E palese è la volontà di conferire al progetto un carattere squisitamente europeo: le imprese dovranno avere la sede nell’Unione Europea ed essere gestiti da persone con passaporto europeo.
Il progetto è serio. In primis, perché portato avanti dalla BCE, che è anzi considerato come un player molto prudente quando si parla di questioni monetarie. In secondo luogo, perché i fondi stanziati sono imponenti: ben 1,2 miliardi di euro.
Come sarà l’euro digitale
Dunque, l’euro digitale, benché abbia compiuto un concreto passo in avanti, è anche di là da venire. Allo stesso tempo, è possibile intuire le sue caratteristiche di fondo. A fare fede, il contenuto dei bandi e le dichiarazioni che i membri del board hanno rilasciato in questi mesi.
Sicuramente, l’euro digitale sarà una criptovaluta stabile. Non sono chiari i meccanismi di garanzia, ma è chiaro che ci saranno. D’altronde, dietro vi è una banca centrale. Dunque, più che di criptovaluta in senso stretto, si dovrebbe parlare di stablecoin, che è poi il termine che indica le valute digitali caratterizzata da oscillazioni scarse e paragonabili agli asset standard, in quanto “protette” da un sottostante o da un imponente meccanismo di garanzia.
In secondo luogo, è sostanzialmente certo che l’euro digitale sarà fatto per essere speso. Più che un asset di investimento, o addirittura speculativo, potrebbe essere un “normale” strumento di pagamento. D’altronde è intuibile la volontà della BCE di dotare gli europei di uno strumento comune, di favorire una integrazione tra i paesi che utilizzano l’euro e i paesi che non utilizzano l’euro. L’alternativa sarebbe portare questi ultimi nella zona euro, ma è una missione francamente impossibile e forse nemmeno così auspicabile. Di certo, sottende a un percorso molto lungo e burocraticamente impervio.
Come dovrebbero comportarsi gli investitori
E’ ancora presto per fare previsioni e per approntare piano di attacco e difesa. Il consiglio è quello di monitorare le notizie, che certamente non tarderanno ad arrivare. Di modo che, al suo esordio (previsto per il 2028), chi reputa il progetto valido possa partire con un certo vantaggio, sapendo già in anticipo cosa fare.
Di certo, l’esordio dell’euro digitale si rivelerà un passaggio fondamentale, e aggiungerà un tassello alla legittimazione se non delle criptovalute nel suo complesso, comunque della tecnologia cui fanno riferimento.
Gli entusiasmi sono in ogni caso prematuri, anche perché la BCE non è l’unica istituzione con funzione pubblica a promuovere una sua criptovaluta. Progetti in questo senso sono stati già lanciati, e a dire il vero hanno lasciato l’amaro in bocca.
Basti pensare a Petro, la criptovaluta del Venezuela così tanto supportata dal governo. Nelle ipotesi degli sviluppatori, e dei policy maker venezuelano, avrebbe dovuto essere la risposta alle difficoltà monetaria, all’inflazione galoppante, alla debolezza economica del paese.
E invece si è rivelata un fiasco, a tal punto che il 15 gennaio ha interrotto ufficialmente le attività. Scarso il sostegno da parte della popolazione, quasi del tutto nullo il sostegno da parte degli attori internazionali. Ovviamente, si può discutere sulla capacità di Petro di fungere da precedente, visto che la creazione dell’euro digitale sta attraversando un percorso del tutto diverso, e decisamente più prudente.