Il trading con i Bitcoin può rivelarsi utile per contrastare l’inflazione? L’ipotesi non è campata per aria, almeno a giudicare dalle dichiarazioni di alcuni esperti e think tank. E d’altronde l’elevata inflazione tiene banco, disturbando i sonni di investitori e gente comune. 

Vale la pena fare il punto della situazione e riflettere sul rapporto tra Bitcoin e inflazione, sull’effettiva capacità del primo di ridurre gli effetti nefasti della seconda.

Il problema dell’inflazione

Erano in pochi a prevedere un futuro di alta inflazione per l’Occidente. D’altronde, fino a qualche anno fa Europa e America del Nord avevano il problema opposto: la bassa inflazione, che ha generato elementi distorsivi in particolare nel mercato del lavoro. In particolare l’Unione Europea ha dovuto “combattere” a lungo con tassi inferiori all’1%, e che hanno spinto  la BCE a una politica fiscale espansiva come mai si era vista dall’epoca della sua istituzioni.

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Oggi, un po’ ovunque, si ci si avvicina alla doppia cifra o addirittura la si è superata. Una catastrofe per famiglie e imprese, un problema serio per gli investitori. Le prime devono fare i conti con una riduzione del potere di acquisto, i secondi con un deterioramento dei fondamentali e con una maggiore volatilità del mercato (e spesso con una decisa corrosione dei tassi reali). 

L’elevata inflazione ha costretto le banche centrali a una importante inversione di marcia: le politiche fiscali sono ora restrittive, in alcuni casi molto restrittive. Eppure, non si vede ancora la luce in fondo al tunnel, se si considera che le cause che hanno determinato l’aumento dei prezzi sono ancora lì, lungi dall’essere rimosse.

Sicché, piuttosto che sperare in un salvifico intervento dall’alto, comuni cittadini e soprattutto investitori sono corsi ai ripari, adottando specifiche azioni di protezione del capitale. 

È questo il presupposto per una ipotesi che appare in prima battuta balzana: acquistare, detenere e commerciare in Bitcoin per proteggersi dall’inflazione. Tale approccio è davvero così assurdo? Proviamo a ragionarci su.

Perché i Bitcoin NON sono utili al contrasto dell’inflazione

Partiamo dall’ipotesi più plausibile, ovvero quella secondo cui i Bitcoin non sarebbero utili al contrasto dell’inflazione elevata. Gli argomenti a favore di questa tesi sono a portata di mano, sotto gli occhi di tutti, e hanno a che vedere con la strutturale e cronica instabilità di questo asset. 

D’altronde, che sicurezze può dare un asset che nel giro di un paio d’anni è passato da una quotazione di 10.000 dollari, a una di 65mila dollari e attualmente si trova poco al di sotto dei 20.000?

Vale la pena specificare che tale dinamiche sono “normali” per il mercato delle criptovalute. Derivano, per inciso, dall’assenza di un organismo regolatore, che possa intervenire sull’offerta e quindi sulle distorsioni. I Bitcoin non hanno un “padrone”, sono indipendenti e addirittura decentrati.

Un altro argomento a favore della tesi della “non utilità” riguarda la fama che i Bitcoin lamentano ancora, ovvero quella di un asset che porrebbe gli investitori a rischio truffa. Certo, questa argomentazione appare esagerata, ma certo l’assenza o comunque l’esiguità di una regolamentazione incide parecchio sulla valutazione finale.

Perché i Bitcoin sono utili per il contrasto dell’inflazione

Facciamo ora gli avvocati del diavolo e proponiamo alcuni elementi a favore della tesi secondo cui sì, i Bitcoin sarebbero efficaci per combattere l’elevata inflazione.

  • Tanto per cominciare, la criptovaluta più famosa del mondo ha rivelato una inaspettata stabilità, o almeno qualcosa che vi assomiglia. In un periodo in cui tutti i prezzi “ballano”, il Bitcoin ha trovato una sorta di fase laterale, certo intramezzata dalle solite pesanti oscillazioni. Basta dare un’occhiata al grafico: da luglio a dicembre 2022, il Bitcoin ha stazionato nella fascia 16.000-24.000 dollari.
  • Un altro argomento a favore dell’utilità del Bitcoin nel contrasto all’inflazione risiede nella sua struttura. Infatti, è slegato da qualsiasi fondamentale economico, non ha una solida base nell’economia reale. Il suo prezzo è regolato, almeno in teoria, solamente da due fattori: gli scambi e i meccanismi di emissione. Il riferimento è in particolare alla presenza di una quantità finita di unità, e dalle attività di halving. Senza entrare troppo nei dettagli, gli halving, che sono prestabiliti e periodici, dimezzano di volta in volta la quantità di moneta ricavabile profondendo i medesimi sforzi.

In realtà, questo punto è controverso. È vero che il Bitcoin è indipendente, ma è anche vero che dipende da alcune  materie prime. Per giunta, proprio dalle materie prime energetiche. I meccanismi di estrazione della criptovaluta, e in particolare le attività di mining, richiedono grandi quantità di energia. Se questa comincia a costare molto, è evidente come i miner entrino in sofferenza.

Alla luce di ciò, possiamo affermare che l’idea del Bitcoin come arma-antinflazione genera come minimo qualche perplessità. SIamo nel campo della speculazione, ma una speculazione utile a comprendere da un lato i meccanismi dell’inflazione, da un lato le dinamiche del mercato delle criptovalute.