Il Bitcoin, dopo mesi di crescita più o meno costante, ha subito un drastico crollo a fine settembre, per poi cominciare a riprendersi gradualmente. Insomma, volatilità estrema e niente di nuovo sotto al sole. Ma mentre c’è chi rimpiange il periodo d’oro del 2017, quello in cui la criptovaluta pareva inserito in una spirale di crescita inarrestabile, mentre c’è chi stigmatizza le valute virtuali, altri – anche autorevoli – esprimono un certo ottimismo.
E’ il caso di John McAfee e di BayernLB Bank, non proprio le ultime ruote del carro del mondo degli investimenti. Le loro voci, solo all’apparenza fuori dal coro, suggeriscono prospettive che hanno dell’incredibile. Ecco quali.
Bitcoin: l’opinione di McAfee
All’apparenza, ma solo all’apparenza, John McAfee l’ha sparata grossa. Con un tweet che ha subito scatenato una marea di reazioni ha invitato a ignorare i recenti crolli di quotazione del Bitcoin e ha ribadito una sua vecchia opinione. Ovvero… Quella secondo cui il Bitcoin arriverà all’astronomico valore di 1 milioni di dollari entro il 2021. Un valore veramente fuori scala, dal momento che non esiste un solo asset che, per unità, valga così tanto, in nessun mercato. Probabilmente non è mai esistito. Si tratta di una boutade? In realtà no, anche perché il ragionamento di McAfee è abbastanza complesso. Sia chiaro, non significa che abbia ragione eh…
Ad ogni modo, McAfee ha anche dichiarato che la “corsa al milione” non sarà lineare. Anzi, lui prevede dapprima un nuovo piccolo crollo del Bitcoin, che arriverà intorno a 5.500 dollari. Nel medio termine, poi, la criptovaluta più famosa del pianeta raggiungerà 50.000 dollari, con movimenti che potrebbero far ricordare il 2017, per poi conquistare quota 1.000.000 di dollari entro due anni o poco più.
Perché credere a McAfee? Certamente, è possibile lasciargli il beneficio del dubbio, anche perché non è l’ultimo arrivato nel mondo del trading… Anzi. E’ considerato uno dei trader più famosi del mondo, in grado di acquisire e gestire una certa popolarità anche al di fuori del trading, dal momento che fino al 2015 il suo nome figurava tra i candidati alla presidenza degli Stati Uniti.
Inoltre, in passato le sue previsioni si sono rivelate esatte. In un momento in cui il Bitcoin viaggiava intorno alle pochissime migliaia di dollari, ha previsto non solo l’aumento vertiginoso del 2017 ma anche il crollo post-2017. Dunque le sue analisi potrebbero rivelarsi esatte.
Inutile, quasi banale ma doveroso, richiamare alla prudenza gli investitori: il Bitcoin, e i fatti di fine settembre lo dimostrano, è una criptovaluta estremamente volatile e parecchio difficile da tradare.
Bitcoin: l’opinione di BayernLB
Negli ultimi giorni è intervenuto nel dibattito un altro player di fama internazionale. Si tratta addirittura di una banca d’affari, la BayernLB. In passato, sia chiaro, non ha lanciato segnali che lasciassero immaginare un particolare sostegno al mondo delle criptovalute, e questo forse è un motivo di credibilità ulteriore. Quale contributo ha offerto BayernLB Bank nel dibattito sul Bitcoin? Semplicemente ha inserito in un paper una previsione sul Bitcoin in vista del prossimo halving, coinvolgendo alcune metodologie di calcolo tipiche dell’analisi tecnica. Il risultato è…. Bitcoin a 90.000 dollari di potenziale nel breve e medio periodo.
Com’è stato ricavato questo numero? Non è questa la sede per replicare i calcoli di BayernLB Bank, tuttavia va specificato che la banca tedesca ha simulato gli effetti dell’ultimo halving del Bitcoin e li ha “traslati” nella situazione attuale. L’halving è il meccanismo automatico che, regolarmente e raggiunto un certo numero di blocchi, interviene a dimezzare la quantità di moneta estratta per singola operazione di mining. E’ un modo per restringere l’offerta ed evitare il rischio di inflazione.
Ora, gli halving sono eventi abbastanza epocali per il Bitcoin. Si pensi che, fino a questo momento, ce ne sono stati solo due. L’ultimo si è verificato nel 2012, quando ancora il Bitcoin non aveva acquisito nemmeno un briciolo della popolarità di cui gode ora. Il prossimo halving potrebbe verificarsi a breve, dal momento che sono stati completati circa due terzi dei blocchi necessari affinché si inneschi questa specie di tagliola. E’ dunque lecito immaginarsi un qualche effetto, dal momento il Bitcoin non si sottrae alla legge della domanda e dell’offerta e l’halving, quasi per definizione, è uno strumento di riduzione dell’offerta.
La controversa decisione della Russia
Nel frattempo continua il rapporto dialettico tra le istituzioni e il Bitcoin (e le criptovalute in generale). Un rapporto che prosegue tra alti e bassi, a volte compromesso da dichiarazioni al fulmicotone, altre volte stimolato da tiepide aperture. In questo contesto si inserisce una voce di corridoio che proviene dalla Russia, che è in realtà piuttosto complicata da inquadrare. Anzi, più che una voce di corridoio è una proposta dell’Associazione della Banche russe. Per la precisazione, una proposta di regolamentazione fiscale.
Questa proposta, a quanto si può intuire, prevede la tassazione delle criptovalute. L’applicazione di un regime fiscale “strutturato” sarebbe frutto di una definizione del concetto di criptovalute, viste in questo caso come “beni prodotti dall’uomo”, e non immateriali, dunque alla stregua di qualsiasi altro prodotto.
Tasse specifiche per le criptovalute… E’ una buona idea? Certamente non è una iniziativa per battere cassa, dal momento che il volume di traffico generato dal trading crypto non è poi così rilevante, non in Russia almeno (per quanto in crescita). Può essere uno strumento per affossare il mercato delle criptovalute? In effetti una proibizione potrebbe generare effetti controproducenti, dunque forse meglio disincentivare l’utilizzo attraverso una tassazione…
Certo, questa è una ipotesi che sta in piedi, ma la proposta può essere vista anche da un’altra prospettiva. Potrebbe essere un modo per integrare le criptovalute nel mondo degli scambi regolari, in un certo modo per conferirgli una certa dignità e “normalizzarle”. D’altronde, tutti gli scambi sono soggetti a una qualche forma di tassazione.
La proposta delle Associazioni delle Banche russe dunque si potrebbe inserire nel solco appena abbozzato dei tentativi, per ora esclusivamente sperimentali, di istituzionalizzare il mondo delle criptovalute. Certo, prima di comprendere se la misura voglia essere deteriore o meno, è necessario capire quanto pesante sarà (eventualmente) la pressione fiscale sui detentori di criptovalute. Alla fine, la dinamica incentivo-disincentivo si gioca anche e soprattutto su questo terreno.