La nuova strategia commerciale di Trump si preannuncia ancora più incisiva e imprevedibile rispetto al passato, alimentando il rischio di un’accelerazione delle politiche protezionistiche con effetti significativi sugli equilibri globali del commercio. Analisi empiriche basate sul primo mandato dell’ex presidente evidenziano come l’introduzione dei dazi abbia avuto ripercussioni dirette sui costi di acquisto, traducendosi in una riduzione dei margini aziendali e un aumento dei prezzi per i consumatori.
Per l’Italia e l’Europa, questa evoluzione comporta sfide rilevanti ma anche potenziali opportunità, poiché il progressivo distacco economico tra Stati Uniti e Cina potrebbe lasciare spazi di mercato disponibili oltreoceano. Il commercio italiano risulta particolarmente vulnerabile rispetto alla media europea, con diversi settori chiave direttamente coinvolti. Tra quelli più esposti spiccano il comparto delle bevande (39%), l’industria automobilistica e dei trasporti (30,7% e 34%) e il settore farmaceutico (30,7%). Queste considerazioni emergono da un’analisi approfondita condotta dal Centro Studi di Confindustria, che mette in luce le potenziali ripercussioni della nuova politica commerciale statunitense sugli scambi internazionali e sulla competitività delle imprese italiane.
Davvero I Dazi Possono Essere Uno Strumento Per Far Crescere L’economia Usa?
Secondo il Centro Studi di Confindustria, i dazi rappresentano un fattore di forte distorsione economica, con effetti particolarmente rilevanti per l’Italia, data la stretta interconnessione tra le due economie. La nuova strategia commerciale adottata dagli Stati Uniti evidenzia il ruolo centrale del mercato americano per l’export italiano, posizionandolo come la principale destinazione extra-UE sia per beni e servizi che per gli investimenti diretti esteri. Nel 2024, le esportazioni italiane verso gli Stati Uniti hanno raggiunto un valore di circa 65 miliardi di euro, contribuendo a un surplus commerciale di quasi 39 miliardi. Questo mercato si è rivelato cruciale per la crescita delle esportazioni italiane, rappresentando uno dei principali fattori di ripresa rispetto al periodo pre-pandemia.
Dazi E I Possibili Rischi Per l’Italia
Il Centro Studi di Confindustria evidenzia che gli investimenti diretti italiani negli Stati Uniti ammontano a circa 5 miliardi di euro all’anno, rappresentando il 27% del totale nel biennio 2022-2023. Al contrario, i capitali statunitensi destinati all’Italia si attestano su 1,5 miliardi annui. Questo squilibrio riflette sia la vivacità delle imprese italiane nel mercato americano, incentivata anche dalle politiche fiscali degli USA, sia una minore attrattività dell’Italia per gli investitori americani. Nonostante ciò, le aziende statunitensi operanti in Italia giocano un ruolo cruciale nell’economia nazionale, impiegando oltre 350mila persone nel 2022 e contribuendo in modo significativo alla produzione di valore e agli investimenti in ricerca e sviluppo.
Settori A Più Alto Rischio Sui Dazi
Tra i settori più esposti figurano le bevande (39%), i mezzi di trasporto (30,7% e 34%) e il farmaceutico (30,7%). D’altro canto, l’import italiano dagli Stati Uniti è inferiore alla media europea, incidendo per il 9,9% sugli acquisti extra-UE, rispetto al 13,8% della media UE. Farmaceutica (38,6%) e bevande (38,3%) sono i comparti più dipendenti dagli USA sia per import che per export, evidenziando un’integrazione stretta tra queste filiere e una vulnerabilità agli effetti di dazi e misure protezionistiche.