Il pessimismo sta iniziando a dilagare. Dopo un ciclo espansivo che dura da anni, per alcuni molto forte (vedi Stati Uniti), per alcuni debole fino alla stagnazione (vedi Italia), i segnali circa una nuova crisi economica giungono forti. Per ora, i colossi del mondo ne sono a malapena scalfiti, mentre nella vecchia Europa già si avvertono distintamente.
Ancora, comunque, è troppo presto per dire se realmente nel 2019 recessione sarà, e se potrà essere paragonata, per estensione virulenza e impatto a quella, tragica, del 2008. Per adesso si possono fare solo congetture le quali, a seconda del grado di ottimismo e pessimismo, puntano decisi ora verso una crisi economica vera e propria, ora verso un rallentamento, un incidente di percorso.
In questo articolo esploriamo la peggiore delle ipotesi, elencando i motivi che potrebbero innescare o alimentare una nuova crisi economica nel 2019 e l’impatto che quest’ultima potrebbe avere nel mercato Forex.
La crisi nel 2019 è possibile?
Purtroppo sì. I primi segnali ad oggi (dicembre 2018) sono già arrivati e sono parecchi. Per giunta, da quasi ogni parte del mondo. L’economia reale, soprattutto lato industriale, sta segnando i primissimi rallentamenti, e comunque dopo quattro anni di ciclo economico espansivo e forsennato una ricaduta è più che plausibile.
I dati dell’economia reale cinese sono tutt’altro che confortanti, con produzione industriale e PIL intorno al 6% (nel 2010 si viaggiava al 10!).
E poi c’è l’Europa, il grande malato del mondo. Qui i segnali sono fortissimi. Primi trimestri negativi in Germania e Italia, indici PMI che crollano, tassi di disoccupazione che nella migliore delle ipotesi rimangono su livelli alti, disordini politici, timori per la sostenibilità dei debiti pubblici e chi più ne più ne metta.
Insomma, la speranza è che sia solamente un piccolo rallentamento, un incidente di percorso, ma sono in molti a credere che tutto ciò sia il preludio di una nuova grave recessione. Ad alimentare questa ipotesi sono alcuni grandi temi che, pur essendo entrati in agenda nel 2018, certamente si intensificheranno durante l’anno venturo.
Guerra commerciale. Cina e Stati Uniti, tra alti e bassi, tra tentativi (pallidi) di riconciliazione e vere e proprie offensive, se le stanno dando di santa ragione. Per adesso le iniziative prese non sono tantissime ma già stanno influenzando il mercato globale, compromettendo il commercio e soprattutto rendendo asfittica l’aria di chi, come l’Europa, praticamente vive di domanda esterna. Nel 2019 potremmo assistere alle fasi apicali di questa guerra, la quale sicuramente dovrà avere uno sbocco diplomatico, di compromesso, per essere risolta. Anche perché i dazi, in un’economia ultra-capitalista e iper-connessa come quella odierna, fanno male a tutti: a chi li mette e a chi li subisce.
Rallentamento degli Stati Uniti. Come già accennato, gli Stati Uniti vengono da un ciclo economico ultraespansivo, che ha addirittura avuta un’accelerata nel 2018, con ritmi di crescita da paese emergente. Qui, a pesare, è più che altro la statistica: per quanto tempo può durare un tasso di crescita del 3% a trimestre? Secondo gli analisti, e secondo gli storici dell’economia, molto poco. E se già l’economia dell’Europa fatica con un partner commerciale così sugli scudi, figuriamoci quando giungerà il rallentamento. A pesare, ovviamente, sarà anche la già citata guerra commerciale, almeno fino a quanto sia gli Stati Uniti che la Cina non comprenderanno che, in questo modo, a farsi male saranno entrambe (a dire il vero la Cina pare esserne consapevole dal molto tempo).
Rallentamento della Cina. Il colosso cinese è stretto tra due fuochi. Il primo, quello prevedibile, domabile (se da solo), della trasformazione da un’economia a trazione export a una economia più moderna, basata principalmente sui consumi interni. E’ evidente che questa transazione ha dei costi nel medio periodo, soprattutto in termini di produzione industriale e di PIL (in decelerazione di almeno due punti percentuali). L’altro fuoco giunge invece dall’esterno, ovvero dalla già citata guerra commerciale e dalle dinamiche delle materie prime, di cui il colosso asiatico è parecchio ghiotto.
Politiche monetaria restrittive. Dottrina vuole che durante una crisi economica si renda necessaria una política monetaria espansiva. L’hanno realizzata gli Stati Uniti a partire 2008, con un massiccio programma di Quantitative Easing, l’hanno realizzata quasi subito il Regno Unito e il Giappone. L’ha realizzata persino l’Eurozona, apparentemente chiusa da uno statuto iper-immobilista della BCE e dai niet della Germania. C’è chi dice che, a livello globale, si sia abusato di tassi di interesse bassi e di Quantitative Easing. La domanda è: i vari paesi potranno rispondere alle difficoltà economiche con una nuova politica monetaria espansiva? La risposta è incerta, ma si protende per il no. Troppo recente l’ultimo ciclo di espansività per ripeterne un altro a stretto giro. Ciò, a ben vedere, priverebbe le economie di un’arma fondamentale e peggiorerebbe la crisi incipiente.
Disuguaglianza e disordini politici. Di per sè, la globalizzazione crea disuguaglianze all’interno dei singoli stati. Anche la crisi economica lo fa. Se si considera che ancora non è stato recuperato nemmeno una piccola parte del divario creato con la grande recessione del 2008, possiamo intuire gli effetti, dal punto di vista economico-sociale, di una nuova crisi. Un aumento della disuguaglianza creerà certamente disordini interne, rivolte di popolo, instabilità politica. D’altronde, quello che si è visto in Francia a inizio dicembre potrebbe essere soltanto l’inizio. Ovviamente questa è una cattiva notizia per tutti, per il corpo economico ma anche per gli investitori, che nell’incertezza, mediamente, si bloccano.
Crisi economica e Forex: l’esempio del 2008
Se è difficile prevedere se, quando e in che misura il mondo vivrà un nuovo periodo di crisi economia, è ancora più difficile intuire l’impatto che l’eventuale recessione avrà sul Forex. Tuttavia, possiamo dare qualche spunto di riflessione elencando gli effetti che la crisi del 2008 ha generato sul mercato valutario, nell’ipotesi che la storia si ripeta (abbastanza fedelmente).
Exploit delle valute rifugio. E’ una delle leggi dell’economia. Quando il panorama si fa incerto, quando i mercati crollano, le economia si riducono, i governo vacillano, gli investitori si fiondano sui beni rifugio. Dal punto di vista valutario, se si escludono dollaro ed euro, che dovrebbero essere l’epicentro della crisi, la valuta che farà da rifugio (come spesso ha fatto, anche dal 2008 al 2011) è il franco svizzero. Durante la scorsa crisi, infatti, ha visto le sue quotazioni salire vertiginosamente. Nel periodo fine 2008-secondo trimestre 2011 il franco svizzero si è apprezzato di circa il 20% sul dollaro e addirittura del 45% sull’euro. Potremmo rivedere le stesse dinamiche se scoppierà una nuova crisi nel 2019.
Guerra delle valute. Questo fenomeno è scoppiato nella seconda parte della crisi del 2018 quella meno intensa a livello globale ma più estesa. In quella fase (2012-2014) le economie hanno cercato un disperato sollievo nella domanda esterna, puntano direttamente sulle esportazioni. Ora, per facilitare le esportazioni nell’immediato, esiste un solo strumento: la svalutazione della propria moneta. Il problema è che se l’idea viene in mente a tutti, non può che scatenarsi una guerra al ribasso. E proprio questo è accaduto. Potrebbe accadere anche in seguito alla crisi del 2019.
Imprevedibilità generalizzata. Questo è un corollario del fenomeno precedente. Se sono le economie a spingere verso le svalutazioni, il prezzo (in parte) non è più determinato dagli scambi ma dalle iniziative dei policy maker (o dalla loro forza nel concretizzarle). Ciò, evidentemente, compromette in maniera significativa la prevedibilità del mercato, o almeno la tendenza a essere letto più o meno efficacemente. E’ successo proprio nel triennio 2009-2012 (basta vedere i grafici), potrebbe succedere anche nel 2019.
Speculazioni e regolamentazioni. Dal 2008 in poi, quando il mondo è precipitato nella peggiore crisi economia dal dopoguerra, sono salite alla ribalte strategia e metodi di investimento ad alto carattere speculativo, realizzabili da pochi a vantaggio di molti. Questa dinamica ha coinvolto soprattutto il mercato del Forex, che è stato oggetto di una progressivamente stretta sulle normativa, che in realtà continua ancora oggi. Ciò potrebbe avvenire anche durante la nuova crisi economica, ma riguardare, forse, un altro tipo di asset, che potrebbe essere considerato “rifugio”: le criptovalute.
Crisi economica e Forex: alcune opportunità da sfruttare
Ammesso che la crisi scoppi per davvero (a voler essere pessimisti è più di una sensazione), e che le valute si comportino più o meno come nell’ultima crisi, cosa può fare il piccolo trader retail per difendersi, almeno per sopravvivere? Ecco alcuni elementi che dovrebbe prendere in considerazione.
Sensibilità all’analisi fondamentale. Quando il mercato si trova nel bel mezzo di una crisi, deve fronteggiare l’influenza di un gigante esterno, che va oltre la dinamica degli scambi: il policy maker. Giustamente, i governi e le banche centrali intervengano in maniera pesante per salvare l’economia. Ecco, quindi, che a salire in cattedra, più che l’analisi tecnica (che rimane importantissima) è l’analisi fondamentale. La verità che in condizioni di recessione le coppie di valute, ma in generale tutti gli asset, diventano iper-sensibili ai market mover che provengono dall’esterno. D’altronde, non dobbiamo dimenticare che il presidente della BCE Mario Draghi è stato capace di salvare un’intera area monetaria, e la sua valuta, con una semplice frase: whatever it takes.
Volatilità elevatissima. Proprio perché le valute non sono influenzate solo dagli scambi ma anche – più pesantemente del solito – dall’economia reale e dalla politica, i mercati valutari rischiano di diventare ben presto davvero volatili. E’ sufficiente guardare i grafici del 2008-2015 per rendersene conto. Giusto per dare un’idea, il solo euro dollaro è passato da una iniziale (e leggero) deprezzamento dell’euro, è proseguito con un apprezzamento dello stesso euro e poi, in seguito al Quantitative Easing della BCE, a un radicale crollo della moneta unica. Per giunta, questo percorso è stato accompagnato da picchi al rialzo e al ribasso, dalla rottura multipla di supporti e resistenze. Insomma, un apparente caos. Ebbene, se volete sopravvivere, da Forex trader, all’eventuale crisi, preparatevi a una volatilità maggiore di quella che state sperimentando adesso.
Un metodo per salvare il capitale. Infine, potreste considerare, almeno durante la fase più dura dell’eventuale prossima crisi, che il Forex trading non è solo un metodo per speculare e guadagnare, ma anche per salvaguardare il proprio capitale, soprattutto se avete interessi all’estero. D’altronde, almeno in origine, quando ancora i broker non si erano rivolti alla massa, il mercato valutario era frequentato soprattutto dalle multinazionali che cercavano di proteggersi dal rischio di cambio. Se non riuscirete a cavalcare l’onda, piuttosto che compiere scelte azzardate con la speranza di spuntarla, adottate un approccio più prudente e conservativo, quasi esclusivamente alla conservazione del capitale. Oppure, è sempre un’alternativa, aspettate che la tempesta si calmi e non tradate affatto.