Il 31 dicembre 2018 si concluderà il Quantitative Easing della Banca Centrale Europea. Un evento epocale, che impatterà profondamente nell’economia e nella finanza europea. Un evento che certamente influenzerà gli investimenti a tutti i livelli, non ultimo quelli del mercato valutario. L’osservato speciale è, ovviamente, l’Euro Dollaro. Cosa accadrà a partire dall’anno prossimo? Nell’articolo che segue risponderemo a questa domanda, non prima di aver chiarito significati e implicazioni della fine dell’esperienza dell“allentamento monetario” europeo.

Cos’è il Quantitative Easing e perché è importante

Il Quantitative Easing è uno strumento di politica monetaria che, di tanto in tanto, le banche centrali dei paesi mettono in atto. Alcune banche centrali, a dire il vero, sono più avvezze di altre all’uso di questo strumento. Per esempio, la Federal Reserve è solita a mettere in atto manovre di questo tipo molto più spesso di quanto non lo sia la Banca Centrale Europea. Anche perché, almeno ufficialmente, la BCE ha optato per il QE solo una volta…. Questa.

Il Quantitative Easing, nello specifico, è un programma di acquisti. Tali acquisti vengono effettuati dalla Banca Centrale nei confronti dei titoli di debito pubblico o privati. Sono coinvolti nel programma sia i titoli di Stato che le obbligazioni delle aziende. In quest’ultimo caso, di aziende che vantano una importanza strategica per l’economia. In larga misura, a dire il vero, si tratta di banche.

Quando una banca centrale compra il debito vuol dire che sta prestando denaro con tassi pari allo zero. I costi di finanziamento si azzerano e lo stesso si può dire dei rischi connessi all’accesso al credito “normale”.

Il Quantitative Easing, dunque, è importante perché di fatto consente un rifinanziamento sia dello Stato che di alcuni segmenti privati. Tutto ciò si traduce con una forte immissione di liquidità nel sistema economico.

Il Quantitative Easing produce tre benefici, i quali possono comunque coesistere (uno non esclude l’altro). Prima di tutto, le istituzioni e i soggetti che beneficiano non rischiano di dover affrontare costi insostenibili, come quelli – a certe condizioni – connessi al rifinanziamento. Secondariamente, essendo l’effetto principale una potente immissione di liquidità, almeno a livello pubblico, la capacità di spesa dei governi diventa maggiore e questa può essere utilizzata a far fronte alle crisi economiche. Infine, quando l’inflazione è troppo bassa e rischia di interrompere o rallentare il percorso di crescita economica il QE contribuisce a portare i prezzi su un binario normale. Per la teoria della velocità della moneta, infatti, i prezzi dipendono anche dalla quantità di moneta in circolazione.

La Federal Reserve ha introdotto il Quantitative Easing nel 2008 per far fronte alla crisi dei mutui subprime. La BCE ha introdotto il Quantitative Easing nel 2015 per far fronte alla bassa inflazione, almeno ufficialmente. Ora, tutto questo sta per finire. Perché? E quali conseguenze porterà?

La fine del QE e i rischi economici

Sia chiaro, non sarà niente di improvviso. Il Quantitative Easing europeo aveva fin da subito una scadenza. D’altronde, è storicamente una misura temporanea, almeno da una quarantina di anni a questa parte. La scadenza è stata fissata fin dall’inizio al 31 dicembre 2018, anche se il presidente della Banca Centrale Europea Mario Draghi ha sempre lasciato aperto uno spiraglio per una estensione temporale del programma, se ciò si fosse rivelato necessario. A quanto pare, visto che l’istituto di Francoforte ha confermato la scadenza, non si stanno verificando le condizioni di necessità.

La verità, quella ufficiale almeno, è che il QE europeo era nato per far fronte a degli squilibri nei prezzi. Nel 2014 crescevano troppo lentamente o addirittura arretravano: ciò frenava la ripresa e ostacolava l’accesso al credito. Inoltre, per statuto, l’unico vero compito reale della BCE è conservare l’inflazione a un livello ottimale, ovvero vicino al +2% annuo. Non che l’introduzione del Quantitative Easing avesse trovato d’accordo tutti. La Germania e i loro alleati, da sempre e storicamente avversi alle politiche monetaria espansive, hanno fin da subito storto il naso e auspicato una fine prematura del programma.

Ma tant’è: il Quantitative Easing è stato varato e… Ha funzionato. Almeno dal punto di vista numerico. Attualmente, l’inflazione nell’area Euro è al 2,1%. Dunque, missione compiuta, anche troppo. Secondo alcuni, però, non c’è molto da stare allegri. In primo luogo, perché il 2,1% è viziato dall’aumento non fisiologico e congiunturale degli energetici (soprattutto il petrolio) e secondariamente perché il Quantitative Easing rischia di creare più danni che altro. Soprattutto all’Italia.

La conseguenza più grande della fine del QE è la necessità, per l’Italia e tutti gli altri paesi, di andare a cercare “soldi” altrove. Non sarà più la Banca Centrale Europea a prestare denaro ma gli investitori privati. Questo, di base, farà aumentare gli interessi e porrà tutti i paesi in una condizione soggetta al rischio, teorico ma fino a un certo punto, di speculazione. Ora, l’Italia sta attraversando un periodo particolare, in cui il cambio di paradigma del governo Conte sta causando – almeno questo è il pensiero mainstream – una crisi di fiducia dei mercati. Lo spread a 300 di inizio ottobre ne è la dimostrazione lampante.

Oltre che sull’economia italiana, e probabilmente europea in generale, la fine del QE genererà un impatto profondo anche sull’Euro Dollaro. Un impatto che dipende certo dalle vicende dell’economia reale e finanziaria appena descritte, ma anche da altri fattori. Proviamo a ipotizzare cosa accadrà all’Euro Dollaro dopo la fine del Quantitative Easing.

Cosa succederà all’Euro Dollaro

Chi fa Forex Trading, ma anche chi sta studiando per diventare trading, sa che se si parla di investimenti, e soprattutto di investimenti speculativi, tutto si lega. I vari segmenti di mercati versano in una condizione di costante interdipendenza, dunque ciò che succede in un “posto” ha effetti anche altrove. A maggior ragione se “l’altrove” è il mercato valutario, che è suscettibile i ciò che avviene al di fuori più di tanti altri mercati. E’ lecito supporre, quindi, che l’Euro Dollaro verrà pesantemente influenzato dalle vicende che seguiranno (o perché no, precederanno) la fine del Quantitative Easing.

Ora, nessuno ha la palla di vetro. Ogni previsione certa è impossibile. A maggior ragione in un clima come questo, dove la partita si gioca non solo sul piano economico, che dopotutto potrebbe anche vivere di soli numeri, ma soprattutto sul piano politico. Proviamo però a fare il punto della situazione proponendo tre diverse ipotesi.

Lo scenario tranquillo: Euro Dollaro su

In uno scenario tranquillo, lineare, tutto andrebbe secondo le previsioni. Purtroppo, soprattutto in economia, le previsioni non sempre si avverano, ma possiamo comunque immaginare che la maggior parte di loro vada a buon fine. Sicuramente, possiamo ipotizzare che non ci saranno nell’anno prossimo dei grandi scossoni, o che tutti i conflitti verranno risolti per via diplomatica.

Ad ogni modo, nello scenario positivo, la fine del Quantitative Easing inciderà solo ed esclusivamente dal punto di vista tecnico. Ovvero, farà sì che la moneta che non ne beneficia più aumenti di valore. E’ una legge dell’economia, un movimento fisiologico. L’immissione di denaro, per la teoria della velocità della moneta (ma basterebbe la legge della domanda e dell’offerta per spiegare il fenomeno), provoca un abbassamento del valore della moneta. Lo abbiamo visto nel 2015, quando l’euro si è svalutato del 30% a seguito del Quantitative Easing (nei confronti del dollaro). La fine del programma di allentamento monetario, quindi, fa certamente pensare a una dinamica inversa, ovvero al rafforzamento del dollaro.

Questa dinamica, anche in questo scenario in cui tutto sarà grossomodo rose e fiori, potrebbe essere smorzata da una crescita americana troppo sproporzionata rispetto a quella europea. Una economia, infatti, più cresce, più spinge verso il rafforzamento la sua moneta. Tuttavia, anche se questa evenienza si verificasse, a patto che non sopraggiungano fattori esterni e interni di una certa importanza, l’Euro Dollaro si inserirebbe in un solido trend rialzista.

Lo scenario movimentato: Euro Dollaro giù

Nello scenario movimentato, almeno uno dei fattori di instabilità verrebbero esacerbati dalla fine del Quantitative Easing. Di fattori di questo tipo ce ne sono a bizzeffe. Tuttavia, il riferimento è soprattutto a uno, alla possibile crisi del debito italiana. Viene da pensare a quello in primo luogo perché di riguarda direttamente, secondo perché è quello più correlato alla fine del Quantitative Easing. Le cose potrebbero andare più o meno così: il Quantitative Easing cessa, il Tesoro italiano deve andare a raccogliere denaro nel mercato secondario (quello reale, degli investitori), intanto la fiducia latita perché il Governo non accetta le richieste e delude le aspettative del mercato. I rendimenti quindi salgono, fino a rendere insostenibile il debito pubblico. La Banca Centrale Europea deve intervenire, anche a seguito di un contagio, con un nuovo Quantitative Easing.

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Catastrofico vero? C’è di peggio, e ne parleremo nel prossimo paragrafo. In questo scenario, comunque, è lecito aspettarsi a una discesa sostenuta dell’Euro Dollaro. D’altronde, un assaggio lo abbiamo apprezzato ai primi di ottobre, quando alle sofferenza lato spread sono seguiti i movimenti al ribasso della moneta unica.

L’Euro Dollaro scenderebbe in primo luogo perché una crisi, sia questa economica o finanziaria, creando sfiducia negli investitori, spinge alle vendite. Soprattutto, nello scenario appena descritto una crisi generalizzata dell’euro sarebbe un po’ probabile, e ciò spingerebbe alla fuga gli investitori. Queste dinamiche poi verrebbero cristallizzate dalla ripresa del Quantitative Easing.

Scenario molto movimentato: incertezza assoluta

E’ senz’altro lo scenario più pericoloso di tutto. Da un certo punto di vista, però, è simile a quello precedente. Tutto partirebbe da una crisi dei debiti sovrani, in particolare di quello italiano. Tuttavia, in questo scenario non ci sarebbe nessuno intervento della BCE in quanto l’Italia e alcuni paesi ormai in mano ai sovranisti sarebbero già andati allo scontro con le istituzioni europee. Parallelamente, si attiverebbero altri fronti, come quello degli Stati Uniti, ben poco contenti di assistere a un crollo dell’euro. Questo, infatti, significherebbe un peggioramento dell’export statunitense (il cui aumento è tra gli obiettivi dell’amministrazione Trump).

Cosa accadrebbe all’Euro Dollaro se si arriverebbe a questo scenario? Certamente, lo sfondo sarebbe un calo sostenuto, anzi una vera e propria svalutazione. Tuttavia, sarebbe tutto molto incerto. Anzi, si potrebbe seriamente temere per la tenuta della moneta unica. C’è comunque da sperare che non si arrivi a questo strappo multiplo, a questo pericolosissimo e catastrofico domino.

Alla luce di questa riflessioni, come agire? Il consiglio è di non pensare troppo al lungo periodo, bensì di tenersi pronti a tutti e tre gli scenari, in modo da intervenire ai primi segnali dell’una o dell’altra alternativa. Certamente, tanto per l’Euro Dollaro che per l’economia continentale, sarà un anno cruciale, probabile assai difficile da gestire, ricco di incognite.