L’euro-dollaro è una delle coppie più “coperte” dagli analisti. Per questo motivo, dovrebbe essere anche leggibile. Peccato che il contesto economico e politico sia dei più incerti, e che quindi le previsioni e le analisi debbano scontare un fattore incertezza rilevante, e in grado di mettere seriamente i bastoni tra le ruote ai trader.
A un contesto di per sé poco prevedibile si è aggiunto un elemento potenzialmente dirompente, emerso in maniera del tutto in attesa della conferenza stampa BCE del 10 aprile, che ha seguito come di consueto il meeting del board. L’elemento in questione è un possibile ritorno del Quantitative Easing.
La conferenza stampa del 10 aprile
Dal punto di vista prettamente numerico, e se si guarda esclusivamente alla politica monetaria corrente, niente di nuovo sotto al sole per l’euro-dollaro. La Banca Centrale Europea, come ampiamente previsto, ha confermato i tassi di interesse al minimo storico e ha annunciato che rimarranno tali per tutto il 2019.
Parecchi spunti di riflessioni, però, sono stati forniti dal presidente Mario Draghi nel corso della conferenza stampa successiva al meeting. Il banchiere italiano ha espresso preoccupazione per il rallentamento economico dell’eurozona, imputandolo però non a fattori interni bensì alle spinte protezionistiche che hanno ridotto i margini delle economie europee.
Fin qui, tutto secondo copione. Se non fosse per una dichiarazione dello stesso Draghi, che ha spalancato le porte per un eventuale ritorno del Quantitative Easing. Il presidente ha affermato che la BCE è dotata di tutti gli strumenti necessari per far fronte alla crisi, e se necessario è pronta a utilizzarli.
Un chiaro riferimento all’allentamento monetario, che tra le altre cose ha favorito la crescita degli anni dal 2016 al 2018.
Per inciso, il programma di allentamento monetario è stato riposto in soffitta qualche mese fa, ma a quanto pare la massima autorità finanziaria del Continente è pronto a risfoderarlo, se una nuova recessione scoppiasse in Europa.
Tra l’altro, la dichiarazione di Draghi ricorda il celebre “Whatever It Takes” che all’epoca sconvolse i mercati, trascinando l’euro fuori dalle sabbie mobili in cui si trovava.
Dunque, lo “spettro” di un nuovo Quantitative Easing potrebbe aleggiare in Europa? In questo caso, cosa accadrebbe nei mercati e più specificatamente alla coppia euro-dollaro?
Euro-Dollaro in caso di nuovo Quantitative Easing
Sia chiaro, la prospettiva di un Quantitative Easing è ancora lontana. Per ora, l’Europa si sta mantenendo su livelli di bassa crescita, ma il rischio recessione rimane debole, se si escludono un paio di paesi più in difficoltà di altri (tra questi purtroppo va annoverata l’Italia). Certo i motivi per temere un peggioramento del contesto ci sono tutti: i rischi geopolitici, l’Hard Brexit, l’inasprimento della guerra commerciale con riduzione conseguente del commercio globale, l’insostenibilità dei debiti pubblici e del sistema bancario etc….
Dunque non è affatto un esercizio di pura retorica ragionare su un nuovo Quantitative Easing. In quel caso, cosa accadrebbe? Ipotizzando l’adozione del classico approccio diplomatico da parte di Mario Draghi, sempre attento a non provocare shock e ad abituare gradualmente gli investitori alle notizie più forti, non si può non pensare a una discesa rapida dell’euro dollaro.
D’altronde, ai tempi del primo Quantitative Easing l’euro si è svalutato nei confronti del dollaro di oltre il 30%. Si tratterebbe di un fenomeno fisiologico e psicologico allo stesso tempo.
Segnali in questo senso sono giunti nei momenti successivi alla conferenza del 10 aprile. Il mercato ha reagito al ritorno della prospettiva QE svalutando pesantemente l’euro, e portandolo a una quota vicina a 1,1220. Certo, poi il cambio è risalito ma i segnali in questo senso sono più che chiari.
Dunque, se tradate con l’euro dollaro, state in campana: in caso ritornasse la politica monetaria ultra-espansiva l’euro potrebbe deprezzarsi fino a raggiungere la tanto temuta parità con il biglietto verde.