L’Italia è il sorvegliato speciale dei mercati a causa delle vicende politiche che l’hanno riguardata negli ultimi mesi. Il rischio, paventato da alcuni, è quello di una nuova crisi finanziaria sulla falsariga di quella scoppiata nel 2011. Se il pericolo diventasse realtà, cosa ne sarebbe dell’euro dollaro? E’ una domanda che si pongono, tra gli altri, i Forex trader. In questo articolo approfondiamo l’argomento, facendo il punto della situazione attuale, dipingendo tre diversi scenari e proponendo qualche previsione, anche per mezzo di un parallelismo con il periodo 2011-2012.
Italia, cosa sta succedendo
Si sa, ai mercati l’incertezza non piace. Quando un paese è coinvolto in una spirale di incertezza, sia essa politica che finanziaria, i mercati adottano un approccio punitivo. Fino a prova contraria, però, checché ne dicano i complottisti, non c’è nulla di eterodiretto, non vi è una cabina di regia dal quale qualche losco figuro preme il pulsante della “crisi finanziaria”. Molto banalmente, gli investitori cominciano a vendere gli asset, tra cui i titoli di Stato, innescando una discesa dei prezzi. In questa prospettiva va inquadrato l’aumento del famoso spread che, se da un lato si traduce in un aumento del costo di finanziamento per il sistema-Italia, dall’altro si traduce in una perdita progressiva di valore dei titoli di debito italiani.
Per il momento (metà giugno 2018) sembra che le acque si siano un po’ calmate, sebbene il livello della marea rimanga un po’ troppo alto. Di certo, l’Italia se l’è vista brutta solo qualche settimana fa, a fine maggio, quando il paese sembrava immerso in una incipiente crisi politica e istituzionale. Lo spread, ricordiamo, aveva sfondato quota 300 e aumentava di giorno in giorno, lasciando presagire le stesse difficoltà riscontrate nella seconda parte del 2011.
Il crollo dei titoli azionari, l’aumento dello spread etc. erano causati dalla sensazione di incertezza che dominava i mercati. Una incertezza, a dire il vero, “doppia”. Da un lato, l’incertezza politica, consistente nelle difficoltà a formare il governo politico, nella possibilità che – prima volta nella storia – un governo tecnico, imposto da Mattarella, raccogliesse zero voti. Dall’altro lato, l’incertezza dal punto di visto economico, che nascondeva una situazione lose-lose. Se si fosse fatto il governo tecnico, questo non avrebbe avuto la forza di fare alcunché, nemmeno di disinnescare il famigerato aumento dell’IVA, e avrebbe portato il paese alle elezioni. Se non si fosse fatto il governo tecnico, ma di contro quello politico a trazione grillo-leghista, i conti pubblici sarebbero andati a gambe all’aria.
Alla fine, tutti sanno com’è andata. Si è trovata la quadra e, dal punto di vista del mercato, si è approntata la soluzione “meno peggio”: governo politico, e nello specifico governo Lega-M5S, ma edulcorato da una certa quota di tecnica, probabilmente per rassicurare i mercati. Lo spread si è raffreddato, nonostante sporadici aumenti e lo stazionamento su un livello comunque alto, borsa che ha tirato un sospiro di sollievo.
La situazione è comunque precaria. Il redde rationem con i mercati è solo rimandato. Anche perché tutti attendono le mosse del nuovo governo, e soprattutto attendono di capire se realmente hanno intenzione di fare ciò che hanno promesso. Inutile dire che il contratto ai mercati non piace, anche perché, così come è scritto, viola le raccomandazioni del FMI e va nella direzione opposta a quella auspicata, ovvero la riduzione del debito.
In tutto questo, l’euro dollaro si è posto su un altalena, pur confermando un andamento discendente di lungo periodo.
Cosa accadrà al cambio nei prossimi mesi? Per rispondere, è necessario fare una stima di ciò che accadrà sul piano economico, finanziario e politico.
Crisi italiana: tre diversi scenari
Prima di fare una stima di ciò che accadrà all’euro dollaro è necessario fare una previsione del “contorno”. Gli scenari potrebbero essere tre, dal punto di vista dei mercati: uno favorevole, uno medio e uno negativo.
Il governo si istituzionalizza. E’ già capitato in passato, ovvero che un esecutivo promettesse mari e monti e poi ritornasse, magari bruscamente, al dato di realtà. E’ accaduto a tutte le latitudini. La verità è che alcune cose è veramente difficile farle, e perché la sovranità fiscale dei paesi membri dell’UE è oggettivamente limitata, e perché il vincolo esterno del mercato è dotato di una sua forza. In questo caso, il governo si comporterebbe esattamente come quelli precedenti, barcamenandosi per chiedere un po’ di flessibilità ma, in linea di massima, rispettando i desiderata di Europa e mercati. A dire il vero, questo scenario non appare probabilissimo, anche perché l’attuale esecutivo si sta caratterizzando da una certa aggressività sul piano comunicativa, che di certo non rivela la volontà di asservimento.
Il governo mantiene tutte le promesse, a prescindere. Questo è lo scenario peggiore dal punto di vista dei mercati. L’esecutivo e il Parlamento varano reddito di cittadinanza e Flat Tax, e lo fanno parzialmente e totalmente in deficit, senza passare da un percorso di concertazione con le autorità europee e anzi contravvenendo alle loro indicazioni, così come alle indicazioni dei mercati. Deficit e debito pubblico salgono, le reazioni degli investitori non si lasciano attendere e si riparte daccapo. Senza contare il rischio di uscita dall’euro, o comunque di progettazione di tale uscita (che avrebbero comunque effetti devastanti): ipotesi negata dal governo ma alla quale i mercati credono ancora.
Il governo mantiene parte delle promesse. A parere di chi scrive, è lo scenario più probabile. In questo scenario, il governo propone delle versioni edulcorate dei suoi cavalli di battaglia, ovvero revisione/cancellazione della Legge Fornero, Flat Tax e Reddito di Cittadinanza. Versioni che, pur rappresentano una voce di spesa ingente, certamente non manderebbero a gambe all’aria i conti dello Stato, posto che un aumento del deficit di un paio di punti, magari poco al di sopra del 3%, sarebbe comunque realistico. Il tutto senza rompere con l’Unione Europa (dal punto di vista diplomatico, si intende), ma semplicemente innescando di volta in volta un braccio di ferro.
Ora, il primo scenario è certamente meno preoccupante dal punto di vista finanziario. Il terzo preoccupa abbastanza, il secondo preoccupa moltissimo. Nel prossimo paragrafo affrontiamo le possibili conseguenze del secondo e del terzo scenario per l’euro-dollaro.
Crisi italiana ed euro-dollaro: cosa potrebbe succedere
La dottrina finanziaria ci suggerisce che per stimare il comportamento di un asset nel futuro, specie nel medio e lungo periodo, occorre trovare nel passato una situazione simile, in quanto il mercato tende a reagire sempre nel medesimo modo, dato un preciso stimolo.
Ora, se intendiamo le analizzare lo scenario in cui le “cose” vanno male o vanno malissimo, ovvero in cui gli asset italiani diventano motivo di crisi e oggetto di speculazione, non possiamo che fare riferimento alla seconda parte del 2011. Cosa sia accaduto, lo sanno tutti: crisi del debito italiana, spread a livelli esagerati, rischio per il processo di rifinanziamento della macchina statale, soluzione drastica (austerity). Ebbene, cosa è accaduto all’euro dollaro in quel periodo?
Sempre la dottrina finanziaria ci dice che nei momenti di incertezza gli investitori fuggono, e se fuggono gli asset si deprezzano. Tra gli asset, ovviamente, figura anche la moneta. In teoria, l’euro-dollaro avrebbe dovuto calare profondamente. Ebbene, nel 2011 non è accaduto esattamente questo. Infatti, l’euro dollaro si è mantenuto su livelli molto alti, flettendo leggermente solo nell’epicentro della crisi.
Dunque, è lecito aspettarsi che anche durante la prossima crisi finanziaria l’euro-dollaro “terrebbe”? Probabilmente no. I motivi per reputare ciò abbastanza improbabile sono almeno due.
L’euro ha mostrato già segni di cedimento. Certo, il fattore italiano non è stato l’unico in grado di incidere, ma con il peggiorare dell’incertezza politica si è registrato un indebolimento abbastanza significativo dell’euro sul dollaro. Il tutto, nonostante la sensazione che la politica monetaria dell’Unione Europa vada incontro a una piccola stretta (coincidente con la fine del Quantitative Easing) a partire dalla fine dell’anno. Nello specifico, l’euro dollaro è passato dal massimo di 1,24 a febbraio al minimo di 1,16 a giugno. E, particolare di cui tenere conto, è sceso soprattutto in concomitanza della piccola tempesta finanziaria che ha coinvolto l’Italia a fine maggio.
Le condizioni monetarie sono molto diverse rispetto al 2011. E’ questo il vero motivo per cui i parallelismi con il 2011 reggono fino a un certo punto. All’epoca, la Banca Centrale Europea e la Federal Reserve occupavano posizioni di politica monetaria molto diverse. La Banca Centrale Europea era all’inizio di un percorso espansivo, che comunque risultava ancora incompleto a causa della totale mancanza di un programma di acquisto titoli, ovvero il celebre Quantitative Easing. La Federal Reserve, di contro, era nel pieno del suo percorso espansivo. Ora, le politiche accomodanti, si sa, indeboliscono (volutamente) la valuta. L’euro, molto banalmente, non poteva “crollare” perché il dollaro era oggetto di una spinta pesantemente ribassista. Attualmente, le cose sono molto diverse. La Federal Reserve sta operando una stretta, certo graduale ma significativa. La BCE sta attenuando il suo percorso espansivo, ma rimarrà accomodante per ancora molti anni. Niente Quantitative Easing, probabilmente, ma tassi azzerati sì, e per molto tempo ancora. Questo assetto, al netto dello stimolo politico, porta a un indebolimento quasi fisiologico dell’euro. Dunque, se questo deve “crollare” per cause esterne, certamente crollerà.
Dunque, cosa aspettarsi? E’ quasi sicura la discesa dell’euro in caso di crisi finanziaria in Italia? Verrebbe da dire di sì, soprattutto immaginando un ritorno dello spettro della parità, sfiorato un paio di anni fa e allontanato dalla mini-ripresa economica dell’area-euro.
Tuttavia, la situazione è più complicata di così. A mettersi di traverso alla discesa dell’euro che, entro certi limiti, non sarebbe certo una disgrazia (le esportazioni trarrebbero un certo vantaggio), c’è l’amministrazione Trump.
Donald Trump, ormai è chiaro, punta a un miglioramento del deficit. Ha intenzione di raggiungere questo obiettivo applicando dazi un po’ a chiunque, compresa l’Unione Europea. Un’arma potentissima, però, e che sicuramente brandirà se necessario, è quella del cambio. In questa prospettiva, il dollaro si deve indebolire rispetto all’euro.
Dunque, cosa aspettarsi? Purtroppo è impossibile rispondere a questa domanda con certezza, o anche con un grado di approssimazione minimo. I trader del Forex non possono fare altro che tenere in considerazione questi elementi, e agire quando, di volta in volta, uno di questi elementi sembra prendere il sopravvento sugli altri.
Tutto ciò, vale, ovviamente, se la crisi finanziaria in Italia scoppierà. Il miglior approccio è non augurarsi niente di tutto ciò, dunque sperare di non dover fare previsioni circa un crollo dell’euro o sulla sua tenuta di fronte al disastro.