Sta avvenendo qualcosa di strano, forse di inedito, nella storia delle banche centrali, e la protagonista di questa particolare fase della politica monetaria è proprio la BCE. Infatti, si sta comportando in maniera molto diversa dalle “colleghe”, e in particolare dalla Fed e dalla Bank of England.
Vale la pena indagare su quanto sta accadendo, sui motivi alla base delle peculiari scelte della BCE e sulle prospettive future.
Una fase caotica
Per comprendere le ragioni del comportamento della BCE è necessario fornire qualche nota di contesto. Dal punto di vista strettamente economico, l’Occidente, ma il mondo nel suo complesso, si stanno risollevando da una crisi spaventosa e autoindotta. I motivi e le dinamiche di questa crisi sono noti a tutti: crisi sanitaria, lockdown e chiusure, crollo del PIL.
Attualmente, la crescita è sostenuta un po’ ovunque, alimentata da un contesto epidemiologico certo peggiore rispetto a qualche mese fa ma comunque di gran lunga migliore rispetto al 2020 e alla prima parte del 2021. Sullo sfondo, i timori per i fallimenti delle campagne vaccinali, che sono incredibilmente disomogenee (vedi Africa e Asia) e per una ripresa intensa dei contagi – nei fatti già in atto – e soprattutto delle sofferenze ospedaliere. Lo spettro del lockdown aleggia sempre minaccioso, e si è già calato su alcuni paesi, seppur per breve tempo (vedi Austria).
Se a ciò si aggiunge la crisi energetica, che ha fatto lievitare i costi per l’energia, il quadro caotico è servito.
Sul piano monetario la situazione è ancora più convulsa. Da un lato, vi è la necessità di sostenere le economie in crescita, di finalizzare il percorso di recupero da un 2020 apocalittico. Dall’altro, vi è la questione dell’inflazione da risolvere. I prezzi stanno aumentando, vuoi per le difficoltà produttive avvertite l’anno scorso e l’anno precedente, vuoi soprattutto per le radicali politiche espansive delle banche centrali. Tutte hanno pompato fiumi di denaro nei sistemi economici, e anche i singoli stati hanno prodotto politiche fiscali accomodanti. Il conto è peggiore negli Stati Uniti che non in Europa, ma è salato ovunque. Siamo, mediamente, ben oltre il 3,5%. Una variazione elevata, se si considera che l’inflazione ideale si aggira poco sotto il 2%.
La pesante disallineamento della BCE
L’inflazione è un pericolo troppo grande, a maggior ragione se rischia di trasformarsi in un problema strutturale, in progressivo peggioramento e a lungo termine. Le banche centrali, dunque, sono corse ai ripari, agendo sia sui Quantitative Easing che sui tassi di interesse. La Fed sta smantellando in fretta e furia il suo Quantitative Easing leggendario, inaugurando una ripida (oltre che rapida) fase di tapering. Inoltre, ha già annunciato tre corposi aumenti ai tassi di interesse per il 2022.
La Fed è stata seguita quasi a ruota dalla Bank of England. Anche in questo caso si è assistito al varo di un programma di riduzione degli acquisti. Inoltre, i tassi di riferimento sono passati dallo 0,1% allo 0,25%.
E la BCE? Di certo, si attendeva una stretta anche da parte della Banca Centrale Europea. Era nella natura delle cose. In primis, perché l’inflazione morde anche nel Vecchio Continente, soprattutto in Germania. Secondariamente, perché solitamente le politiche monetarie relative a paesi simili tendono ad allinearsi, benché non perfettamente. Si tende ad andare tutti nella stessa direzione.
La stretta si attendeva per la riunione di dicembre. C’è stata? Sì… Ma anche no. La BCE da un lato ha tolto, da un lato ha aggiunto, prodigandosi in un peculiare gioco delle tre carte.
Ha abbandonato il PEPP, il programma di acquisto debiti pensato per la pandemia. Allo stesso tempo, ha promesso un aumento del vecchio Quantitative Easing di Mario Draghi, che per inciso non ha mai smesso di funzionare. Gli acquisti aumenteranno per qualche mese, poi scenderanno ma in ogni caso si limiteranno a tornare al punto di partenza.
Senza contare che i tassi di interesse, almeno a giudicare dalle dichiarazioni della presidente Christine Lagarde rimarranno a zero anche nel lungo periodo.
Inoltre, ha dichiarato che in qualsiasi momento, se la contingenza lo richiede (es. un nuovo shock economico) la BCE è disposta a ripristinare lo status quo del 2020 e del 2021, dunque una politica monetaria estremamente espansiva. Rapidi e banali calcoli suggeriscono che per molti mesi, e alla fine dei conti, il sistema economico europeo verrà privato “solo” di 20 miliardi al mese. Un po’ poco per parlare di una stretta vera e propria.
Le conseguenze della politica monetaria della BCE
Insomma, la BCE è pesantemente disallineata con la Fed e la Bank of England. Le ragioni di questo comportamento risiedono anche nella volontà di favorire la crescita, nonché in un tasso di inflazione dappertutto preoccupante, ma davvero grave solo in Germania e in altri paesi.
Un disallineamento di qualche mese è poca cosa. Tuttavia, le prospettive vanno calcolate come minimo nel medio periodo. E il board è risultato troppo coeso, e le motivazioni fin troppo ben spiegate, per immaginare un allineamento da qui a breve.
Cosa succederà se questo allineamento proseguirà magari intensificandosi? Ebbene, sul piano monetario, si potrebbe giungere a una svalutazione dell’euro rispetto al dollaro e alla sterlina. Nessuno ha la palla di vetro, e queste previsioni vanno prese con le pinze, ma queste dinamiche sono nell’ordine delle cose.
Una dinamica, questa, che potrebbe addirittura avvicinare lo spettro della parità assoluta tra euro e dollaro, chimera di tanto in tanto rispolverata ma che per ora è apparsa esagerata. I trader del Forex, dunque, farebbero bene a drizzare le orecchie, in quanto potenzialmente il cambio potrebbe subire un’accelerata verso il ribasso.
Non è comunque esclusa una vera stretta, magari nel tardo 2022. Tutto dipende dalle condizioni economiche, che dovrebbero essere veramente buone per giustificare un inasprimento della politica monetaria e dalle pressioni di alcuni elementi di spicco del contesto europeo. Buona parte di questi si trovano in Germania o dai paesi cosiddetti frugali. Le loro prospettive, d’altronde, non sono buone: da quelle parti l’inflazione galoppa a un ritmo quasi forsennato.