La Parabola dell’Acquedotto è una vecchia storiella che, come tutte le storielle, ha una sua morale. Ha a che fare con il lavoro, mette a confronto due visioni completamente diverse. Di recente, è stata fatta propria da chi insegna finanza poiché, in un certo senso, illustra il significato di “rendita”, e i vantaggi che quest’ultima apporta rispetto al lavoro inteso in senso stretto.
La parabola
La storia è ambientata in un villaggio senza tempo, abitato da una manciata di persone, tutte in pensiero per un grave problema: la siccità. A due abitanti, li potremmo chiamare Pasquale e Bruno, sovviene un’idea: acquistare due secchi e andare ogni giorno a prendere l’acqua in un fiume che scorre lontano, a un paio di chilometri. E’ un lavoro faticoso ma redditizio: a metà giornata vendono l’acqua ai propri compaesani e guadagnano ciascuno 100 soldi.
Bruno, però, non è contento di questa attività. Dopo qualche giorno inizia a dolergli la schiena, è stanco, non crede che il denaro valga tutta quella fatica. In lui si accenda una lampadina: costruirà un acquedotto. Comincia a trasportare un numero minore di secchi e spende tutti i proventi per costruire l’acquedotto. Nel frattempo, Pasquale si arricchisce, acquista dei bei vestiti, trasforma la casa in una villa, e tutti lo apprezzano. Bruno invece viene dileggiato, considerato uno stupido: il suo amico, d’altronde si sta arricchendo trasportando molti secchi!
A un certo punto, la fortuna volta le spalle a Pasquale. Passano gli anni, e questi si sente sempre più stanco. Non ha più la prestanza fisica di un tempo e il lavoro lo ha logorato. Comincia a trasportare meno secchi e a guadagnare di meno. Nel giro di qualche mese, deve abbandonare il suo vecchio stile di vita. Nel frattempo, Bruno ha terminato il suo acquedotto. L’acqua ora scorre in maniera autonoma, a prescindere da ciò che il suo creatore faccia. Bruno mangia, e l’acqua arriva al villaggio. Dorme, e l’acqua arriva al villaggio. Gioca, e l’acqua arriva al villaggio. Gli abitanti sono contenti perché il volume è superiore e il prezzo è addirittura più basso!
Pasquale cade in disgrazia: non ha più senso, per lui, trasportare l’acqua con il secchio. Il suo amico Bruno, però, non si è dimenticato di lui. Si offre di insegnargli a costruire un acquedotto e di mettersi in società con lui: insegneranno a costruire l’acquedotto ad altri villaggi in cambio di denaro. Successivamente, coloro a cui è stato insegnato l’arte della costruzione diffonderanno la conoscenza ad altri. Nel frattempo, Pasquale e Bruno acquisiranno una percentuale su quanto costruito, a mo’ di brevetto.
La parabola si conclude con il lieto fine: sia Pasquale che Bruno guadagnano… Senza fare nulla! E nessun villaggio soffre più la siccità.
Cosa insegna la parabola dell’acquedotto
Qual è la morale della Parola dell’Acquedotto? Gli insegnamenti da trarre sono molti. Secondo Paolo Luini, autore del blog EvoCoach, giocatore di poker professionista, formatore, trader (e un sacco di altre cose) esprime al meglio il concetto di “libertà finanziaria“. Uno stato, quello della libertà finanziaria, in cui per guadagnare non è necessario lavorare, non in senso letterale del termine, in cui il denaro è collegato al tempo.
C’è un’attività più redditizia del lavoro: trovare una soluzione che permetta di guadagnare, di produrre valore a prescindere dal tempo dedicato, insegnarla a qualcuno, formare i formatori. Creare, in estrema sintesi, una “catena di valore” che arricchisca tutti e in particolar modo chi quella catena l’ha creata o almeno simboleggia uno degli anelli meglio forgiati. Nello specifico, le attività che portano alla libertà finanziaria, pongono in essere alcuni benefici.
- Non causano fatica, se non all’inizio del processo
- Non pongono un limite al guadagno
- La fonte di guadagno non diventa obsoleta. Quando la “soluzione” rischia di essere sorpassata dal punto di vista tecnologico, si ricomincia da capo, trovando una soluzione a un alto problema.
- Crea progresso. Chi lavoro, guadagna per sé. Chi esercita la libertà finanziaria, fa crescere gli altri. Il successo degli altri, paradossalmente (ma fino a un certo punto) coincide con il proprio successo.
Certo, ci sono alcuni pregiudizi da abbattere. Il più pesante? Quello rappresentato dal proverbio “chi lascia la strada vecchia per la nuova, sa quello che lo lascia ma non sa quello che trova”. La Parabola dell’Acquedotto, però, è sufficiente a sfatare questo mito.