La recente presa dell’Afghanistan da parte dei talebani ha generato inquietudine. In primis per il rispetto dei diritti umani, ora messi seriamente in pericolo, ma anche in una prospettiva più veniale, come quella degli investimenti. In particolare, si teme che il cambio di leadership nel paese asiatico possa generare scompiglio nei mercati finanziari, e aggiungersi alle tante problematiche e incertezze attualmente sul tavolo. Un timore legittimo, se si pensa alla permeabilità del mondo finanziario rispetto agli eventi geopolitici, specie se inaspettati e difficili da interpretare.

Il ritorno dei talebani precipiterà la regione nel caos? La sicurezza internazionale verrà nuovamente minacciata? Queste domande sono tutt’altro che marginali anche se si parla di mercati finanziari. Chi investe sta quanto il clima di fiducia a livello globale impatti sui rendimenti, sulla volatilità e sulle dinamiche di prezzo. L’osservato speciale rimane il comparto delle materie prime, ma gli effetti domino sono sempre in agguato.

In questo articolo affrontiamo l’argomento, descrivendo le prime reazioni dei mercati e cercando di immaginare quanto accadrà nel futuro più immediato. Infine, forniremo una panoramica, sempre in una prospettiva previsionale, degli altri temi attualmente in agenda. 

Le prime reazioni dei mercati finanziari al ritorno dei Talebani

I mercati giungono da performance positive, se si escludono alcuni energetici. Il riferimento è al petrolio, che nelle ultime settimana ha interrotto la sua corsa al rialzo. Per il resto, i mercati, in particolare quelli europei, hanno dimostrato un buono stato di forma per tutta questa prima parte dell’anno. A pesare, in positivo, le buone prospettive di crescita economica, che in alcuni casi – tra cui l’Italia – ha persino superato le attese.

Tuttavia, nella giornata del 17 agosto, e in realtà a partire da qualche giorno prima, gli investitori hanno adottato un approccio più tiepido, producendo movimenti laterali. Non c’è di cui stupirsi. D’altronde, la caduta di Kabul era ampiamente prevista e la riconquista del paese da parte dei talebani, benché sorprendente rapida, non è avvenuta dall’oggi al domani. 

In linea di massima, le prime reazioni dei mercati finanziari possono essere riassunte con l’espressione “serena attesa”. Non ci sono stati sconvolgimenti, e men che meno panico. 

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Gli altri temi sul tavolo

A questa specie di stasi o fase laterale hanno inciso però anche altri eventi. Su tutti i dati provenienti dalla Cina. La produzione industriale è aumentata del 6,4% in un anno. In assoluto, un valore eccellente. Relativamente alle potenzialità cinesi e soprattutto ai dati storici, una mezza debacle. Per molti, quel +6,4% va letto come un segnale di peggioramento delle condizioni economiche in Cina. Fanno eco i dati sulla raffinazione del petrolio, che è scesa sotto i 14 milioni di barili al giorno. Di nuovo, in assoluto è un valore straordinario; per la Cina è un valore pessimo, soprattutto se si considera che questa soglia non veniva raggiunto da maggio 2020. 

Tutto ciò è stato esacerbato da un clima in peggioramento, da una progressiva erosione della fiducia innescata ormai qualche mese fa. Il riferimento è ovviamente all’esplosione della variante Delta, che ha di fatto resuscitato i timori per nuove chiusure. Sia chiaro, questi timori agiscono per ora sottotraccia, in quanto non è assolutamente detto che la campagna vaccinale non riesca ad arginare un drastico peggioramento delle condizioni sanitarie. Tuttavia, è altrettanto ovvio che la variante Delta abbia acuito le incertezze. 

Sulla relazione tra epidemia e mercati finanziari c’è ben poco da dire. E’ sotto gli occhi di tutti: se la pandemia peggiora, l’economia va in crisi in primo luogo per le chiusure disposte dai governi; secondariamente – e nella migliore delle ipotesi – per la riduzione della mobilità scaturita dal timore di contagiarsi. 

Le prospettive per il futuro

Qualsiasi discorso circa le prospettive future ruota attorno al concetto di incertezza. A prescindere dal reale peso che gli eventi eserciteranno, a prescindere dai concreti effetti sugli investimenti del ritorno al potere dei talebani e della diffusione della variante Delta, lo scenario potrebbe essere destinato a diventare progressivamente più incerto. D’altronde, al netto delle parole all’apparenza moderate pronunciate dai talebani, aleggia il mistero sull’approccio che adotteranno per gli affari interni ed esterni. Inaugureranno un fase di moderazione e improntata alla diplomazia o si produrranno in un rewind del 1996-2001?

Allo stesso modo, i vaccini riusciranno ad arginare la variante Delta, o il prossimo autunno-inverno sarà falcidiato dalle chiusure più o meno generalizzato? In entrambi i casi, non è dato sapore. Insomma, c’è incertezza. 

Ora, l’incertezza è sempre uno stato d’animo limitante per un trader. Nella migliore delle ipotesi, contrae la propensione al rischio, dunque compromette una parte sostanziale degli investimenti, inibendo atteggiamenti che, con un clima più disteso, verrebbero senz’altro messi in atto.

Nel caso in cui l’incertezza dovesse presto dipanarsi e i fenomeni qui presentati evolversi in modo positivo, è facile pensare a una conduzioni dei mercati finanziari sulla falsariga di quanto apprezzato in questi ultimi mesi. Crescita moderata, energetici in aumento, aumento certo rapido dei prezzi, ma inquadrati all’interno di una congiuntura economica di facile lettura. Non va dimenticato, infatti, che le politiche monetaria estreme stanno generando un po’ ovunque una crescita dell’inflazione. In Europa, moderata e quasi auspicabile visti i target della BCE. Negli Stati Uniti, un po’ troppo elevata ma comunque all’apparenza gestibile.

Immaginando uno scenario negativo, ovvero una crescita delle tensioni sul fronte epidemico e geopolitico, i mercati trarrebbero detrimento, sia in termini di volatilità che di perdite. E’ facile immaginare che a farne le spese siano principalmente gli energetici, che d’altronde sono stati i primi a perdere terreno, e in alcuni casi a crollare, quando il mondo si è all’improvviso trovato nell’occhio del ciclone.

Sarà interessante, in questa prospettiva tutt’altro che auspicabile, l’interazione tra due forze. Da un lato la spinta ribassista generata dal peggioramento delle condizioni economiche (innescato a sua volta da un peggioramento delle condizioni sanitarie). Dall’altro, la spinta rialzista generata da un eventuale peggioramento del clima in Medio Oriente e nell’Asia centrale. 

In ogni caso, queste riflessioni non pretendono di essere dirimenti. Sono comunque un buon punto di partenza in vista di un’attività di monitoraggio stringente, d’uopo in un contesto in continua evoluzione.