Il compito delle banche centrali è quello di stabilire la politica monetaria. Questa si compone, tra le altre cose, dei tassi di interesse. Questi regolano il costo del denaro a più livelli. Una delle “novità” degli ultimi anni, introdotta per far fronte a una crisi economica senza precedente, è il tasso di interesse negativo. In buona sostanza è il prestatore che corrisponde un interesse al debitore e viceversa. Il tasso di interesse negativo, a dire il vero, interessa solo i depositi, ossia l’accantonamento a interesse del denaro da parte di istituti bancari nelle riserve della banca centrale. Ebbene, con il tasso di interesse negativo, le banche non ricevono più denaro per i “prestiti” erogati alla banca centrale, bensì devono pagarlo.
Le uniche due banche ad aver stabilito un tasso di interesse negativo sui depositi sono la BCE e la Bank of Japan, le quali sono state chiamate (e lo sono tutt’ora) a rimettere in sesto un mercato del credito fortemente compromesso dalla crisi. Questa decisione epocale ha avuto lo scopo di stimolare la circolazione del denaro, ulteriormente aggravata da una spirale deflattiva dalle conseguenze potenzialmente devastante.
I miglioramenti sono timidi ma ci sono, quindi l’efficacia di queste misure drastiche dal punto di vista economico è difficile da mettere in discussione. Cosa si può dire invece dal punto di vista degli investimenti? Cosa significa un tasso di interesse negativo sui deposito per il mercato del Forex? Occorre distinguere due tipologie di effetti: quelli teorici e quelli pratici.
Sul piano teorico, un taglio dei tassi di interesse incide negativamente sul valore di una moneta. Se il tasso si abbassa, aumenta l’inflazione e se l’inflazione aumenta ciò ha conseguenze anche nei rapporti valutari. Inoltre, gli investitori traggono un segnale di debolezza dell’economia da un taglio dei tassi, e quindi la moneta si deprezza. Verrebbe da pensare, quindi, che più bassi sono i tassi, più forte sarà il trend della valuta. Dunque, ancora in linea teorica, a tassi sotto lo zero dovrebbe corrispondere una valuta fortemente svalutata.
Nella realtà è così? La risposta è no. Il legame tra politica monetaria e Forex si è fortemente deteriorato. Causa di ciò è l’acquisizione di importanza da parte di altri fattori, che hanno convinto gli investitori a volgere lo sguardo altrove, e a considerare la politica monetaria come un punto di riferimento sempre meno affidabile.
Questa dinamica ha trovato conferma di recente. Nei primi due anni di politica monetaria ultraespansiva, seppur limitata ai tassi, sia l’euro che lo yuan hanno vissuto un momento di forte apprezzamento. Si penso che nel 2014 un euro valeva 1,42 euro. Certo, poi l’euro ha cominciato a deprezzarsi, ma non nei termini che ci si sarebbe aspettati in una situazione di negatività dei tassi (la tanto attesa parità è tutt’ora un miraggio), e comunque la causa è stata il Quantitative Easing.
La conclusione quindi è che un tasso di interesse negativo influenza il Forex solo marginalmente, se le contingenze economiche sono rimarchevoli (come lo sono ancora oggi).