Il rame è uno dei metalli preferiti dai trader, sebbene sia ampiamente superato, per volumi di scambio, sia dall’argento e dall’oro. Le differenze con questi ultimi due, però, sono numerose e rendono il trading sul rame tra i più difficili in assoluto, se si parla di materie prime. Cosa separa il rame dall’argento e dall’oro? La risposta, in fondo, è intuitiva. Il rame, infatti, pur essendo (certo a modo suo) un metallo prezioso, non è un bene rifugio. O almeno, non è solo un bene rifugio. E’ anzi, una materia prima di fondamentale importanza per i sistemi produttivi di tutti i paesi. Viene infatti utilizzato per produrre, tra le altre cose:
- Fili e cavi elettrici
- Interruttori e collettori di energia elettrica
- Dissipatori
- Tubatura per il trasporto di acqua potabile, gas e combustibili allo stato liquido
- Lastre e nastri per l’edilizia, finalizzati alla produzione delle componenti più svariate: facciate, gronde, scossaline in primis
- Finiture per i mobili di arredamento
- Componenti per i forni a microonde (in particolare le valvole termoioniche a tubi a raggi catodici e i magnetron)
E’ evidente, quindi, che le dinamiche che incidono nel mercato del rame riguardano questioni di tipo produttivo. Da questo punto di vista, le distanza tra rame e oro/argento è abissale. Questi due metalli, infatti, raramente vengono utilizzati nell’industria, se escludiamo la produzione di monili e, anzi, vengono spesso utilizzati come un’alternativa alle valute in una prospettiva di investimento. Ciò si traduce in dinamiche completamenti differenti da quelle del rame e che hanno molto più a che vedere con il concetto di bene rifugio.
Questo è il primo elemento che dovrebbe tenere a mente chi si vuole cimentare, magari da profano assoluto, nel trading con il rame. E’ un elemento niente affatto scontato, dal momento che, in genere, si tende a inserire il rame in una triade con l’oro e l’argento, accomunando in maniera impropria i tre metalli che, come abbiamo visto, da un punto di vista “trading orientend” hanno poco a che spartire.
E’ bene quindi indagare quali siano le dinamiche che, veramente, incidono sul prezzo del rame; gli elementi che influenzano la domanda e l’offerta, i market mover che è bene seguire. Ovviamente, occorre comprendere quali siano, ad oggi, gli strumenti disponibili per chi vuole guadagnare denaro commerciando in rame.
I market mover del rame
Come in tutti i mercati che hanno a che vedere con una materia prima, sia esso un metallo o meno, per individuare i market mover del rame è necessario fare un ragionamento sulla domanda e dell’offerta. E’ sempre lei a dare le carte: la legge della domanda e dell’offerta. Se la prima supera la seconda, il prezzo sale. Se la seconda supera la prima, il prezzo scende. Lo si è visto in quest’ultimo anno, caratterizzato dai tentativi dell’OPEC di tagliare la produzione del petrolio, e quindi l’offerta.
Le domande da porsi sono quindi le seguenti: quali sono gli eventi che incidono sulla domanda di rame? Quali sono gli eventi che invece incidono sull’offerta?
Per rispondere alla prima domanda, è bene inserire nel ragionamento due elementi: settori e paesi. Quindi, porsi altre domande. Quali sono i paesi che più di ogni altro consumano rame? Quali sono i settori che richiedono la maggior quantità di rame per funzionare al meglio?
Per rispondere alla prima domanda è sufficiente guardare le statistiche. I maggiori consumatori di rame al mondo sono: Stati Uniti, Giappone, Germania, Corea del Sud e Italia. Non a caso, sono i paesi che godono del manifatturiero più forte al mondo. Ciò non stupisce, se si considera che il rame, appunto, è uno dei protagonisti dell’industria, piccola o grande che sia.
Per rispondere alla seconda domanda è sufficiente, invece, fare qualche ragionamento logico. Se il rame viene utilizzato principalmente nella produzione di componentistica elettrica si evince che, un po’ ecumenicamente, il rame dipende da tutto il settore secondario e, di converso, tutto il settore secondario dipende dal rame.
La conclusione è quindi la seguente: i market mover legati alla domanda del rame sono gli indicatori di produzione di Stati Uniti, Giappone, Germania e Italia. Nello specifico: produzione industriale e PMI manifatturiero.
Se si sposta l’attenzione sull’offerta, la situazione è più complessa. Il punto di partenza, però, è lineare. E’ sufficiente chiedersi: quali sono i maggiori produttori di rame al mondo? Per inciso, la risposta è: Cile, Sati Uniti, Cina, Australia. Il problema è trovare “eventi”, ma anche parametri o indicatori, che incidano sui ritmi di estrazione e di produzione del rame. In generale, potrebbero avere una incidenza quei parametri che, in qualche modo, rilevano la vitalità di un paese, come il PIL e, nuovamente, la produzione industriale (d’altronde il rame non si estrae e basta, ma lo si lavora, se lo si vuole trasformare in materia prima pronta all’uso nell’industria). Incidono molto anche gli interventi legislativi, quando riguardano ovviamente il settore. Questi ultimi, però, sono molto più imprevedibili.
In linea di massima, produzione industriale e PMI manifatturiero dei paesi consumatori rappresentano market mover molto utili e, da un certo punto di vista, anche sufficienti.
Come fare trading sul rame
A differenze della valute, quindi del Forex, fare trading sul rame – come per tutte le materie prime del resto – non vuol dire quasi mai comprare e vendere… Rame. Il commercio, da una prospettiva speculativa come è quella del trading, specie online, non prevede il possesso dell’asset. Questo, infatti, appare esclusivamente come sottostante. Il trading sul rame è quindi essenzialmente un trading su strumenti di derivazione.
La scelta è abbondante ma gli strumenti preferiti dai trader sono Futures e CFD. Un po’ come per l’oro e l’argento insomma. I Futures sono contratti veri e propri, mediante i quali si stabilisce un prezzo per la transizione e una data. I CFD… Anche. L’unica grande differenza risiede nel fatto che i futures sono strumento regolamentati e standardizzati; mentre i CFD sono Over The Counter, quindi questi parametri sono lasciati alla libera negoziazione (in genere da parte dei broker market maker). Questa divergenza dà vita a tutta una serie di differenze. Per esempio, i CFD godono di uno spread più alto, commissioni più basse e leve più elevate. In linea di massima, si può affermare che i CFD sono strumenti più rischiosi, che adatti alla speculazione vera e propria. I Futures, essendo regolamentati, vengono invece utilizzati anche (ma non solo) per proteggere gli investimenti e il capitale da variazioni di prezzo improvvise e consistenti.
L’offerta di broker è molto ampia in un senso o nell’altro. I broker più numerosi, però, sono quelli che trattano in CFD, quindi il trader online sono più avvezzi a questo strumento piuttosto che ai Futures. Come sempre, però, è anche e soprattutto una questione di gusti personali, o per meglio dire di stili di trading.