Goldman Sachs in un recente paper ha espresso il suo parere circa il comportamento che il mercato degli investimenti terrà nel 2019, offrendo numerosi e generosi consigli circa le migliori iniziative da prendere. La banca d’affari ha proposto soluzioni per nulla scontate, le quali – almeno parzialmente – vanno contro alcune indicazioni che, invece, erano state date per buone in questo 2018. Il motivo? Uno scenario, quelli degli investimenti, in via di evoluzione, non necessariamente in positivo.
In questo articoli faremo un sunto delle corpose analisi di Goldman Sachs e riporteremo alcuni dei consigli che ha fornito agli investitori e agli attori economici.
Perché Goldman Sachs
Goldman Sachs è, tra gli istituti che a vario titolo si occupano di investimento, uno dei nomi che si sente menzionare più spesso. Non a torto: è infatti una delle maggiori banche d’affari a livello mondiale, l’unica in grado di attrarre in maniera massiccia policy maker di levatura internazionale (Mario Monti, Mario Draghi, José Barroso solo per nominare i più famosi).
Goldman Sachs si occupa principalmente di investment banking, lending, asset management, capital markets, e si rivolge soprattutto agli investitori istituzionali. Tuttavia, vanta anche un efficiente e ben strutturato dipartimento di ricerca, specializzato nelle analisi e nelle previsioni (forecast). Proprio questo dipartimento ha di recente emesso un interessante paper nel quale viene disegnato uno scenario molto realistico circa il 2019 e fornite indicazioni specifiche agli interessati.
Analisi e consigli di Goldman Sachs
L’ultimo paper di Goldman Sachs si rivolge alla totalità degli investitori, compresi quelli retail. I consigli, infatti, valgono per tutti. Tali consigli, infatti, procedono da una attenta analisi del presente e da una previsione realistica circa il 2019, anno molto incerto e complesso da trattare con così largo anticipo. La visione di Goldman Sachs è in chiaroscuro, ma indica comunque occasioni di profitto per chi è capace di guardare ai mercati con lungimiranza, senza dare niente per scontato.
I mercati emergenti
Le economie emergenti sono alle prese con parecchi problemi. In particolare, crescita più bassa del previsto ed inflazione elevata. Se la seconda è quasi strutturale e quasi non fa più scalpore (si pensi al +6% annuo del Brasile), qualche preoccupazione potrebbe essere destata dalle performance dell’economia reale. I maggiori campanelli d’allarme arrivano dalla Cina, che fa segnare indici PMI pericolosamente vicini al 50 (limite da recessione ed espansione) e una produzione industriale sì in crescita, ma ad un ritmo più lento di quanto auspicato.
La domanda è: i problemi lato emergenti renderanno i loro asset più rischiosi? Secondo Goldman Sachs la differenza, almeno nei prossimi 12 mesi, potrebbe non essere così ampia. La banca d’affari non raccomanda liquidità, bensì di puntare solo su asset class di qualità, anche legati alle economie emergenti, in modo da attutire un aumento (generalizzato a dire il vero) delle probabilità di rischio.
I titoli di Stato americani
E’ una verità che in ambito economico è ben conosciuta, soprattutto tra gli investitori, ma che la massa non conosce. I titoli di Stato americani, i famosi Treasury Bond, hanno un interesse mediamente elevato. Il loro spread rispetto agli altrettanto famosi spread tedeschi (paragone improprio, visto che i due asset non vengono mai paragonati) è alto quasi come quello italiano, e a volte lo supera anche.
Ebbene, Goldman Sachs si aspetta un ulteriore aumento, il quale dovrebbe portare i rendimenti dei titoli a-stelle-e-strisce fino al 3,50%. Nella migliore delle ipotesi (o peggiore, a seconda dei punti di vista) il rendimento si attesterà intorno al 2,50-2,75%. Quest’ultimo scenario, secondo Goldman Sachs, sarebbe probabile solo se la Federal Reserve rallentasse il percorso di aumento dei tassi. Ad ogni modo, questa dinamica potrebbe alimentare il valore dello yen, generalmente considerato una valuta rifugio ma ultimamente deprezzato a causa delle politiche ultra-espansive della Bank of Japan.
L’effetto della stretta monetaria della FED
Goldman Sachs ha anche riservato più di qualche parola proprio alla politica monetaria della Federal Reserve. Il massimo istituto finanziario americano è impegnato da un paio d’anni in un percorso di inasprimento della politica monetaria, quasi doveroso e comunque chiesto a gran voce dopo la sbornia dell’abnorme programma di Quantitative Easing messo in piedi per contrastare gli effetti della crisi economica. C’è chi pensa di ritoccare questo percorso, alla luce dei segnali di fine ciclo che l’economia statunitense sta lanciando.
Se così non fosse, e quindi il percorso di stretta monetaria rimanesse ben saldo come appare adesso, la curva dei rendimenti potrebbe appiattirsi ulteriormente. Questa dinamica, unità a un rallentamento dell’economia nazionale, dovrebbe spingere gli investitori verso i Mortgage Backed Securities, che solitamente performano meglio nei periodi negativi. Il tutto a scapito degli “Investment Grade”, quali sono invece i titoli di Stato.
Il problema del credito privato
Alcuni pensano che la crisi economica, non tanto negli Stati Uniti (dove questo dato è certo) quanto a livello globale e più specificatamente europeo, non sia stata scatenata da problemi di debito pubblico bensì di debito privato. E proprio secondo Goldman Sachs il debito potrebbe rappresentare un problema per gli investimenti nel 2019. Tutto ciò nonostante il debito delle famiglie (in crescita) non abbia toccato e difficilmente toccherà i picchi del 2008.
Ad ogni modo, vista anche la plausibile reazione degli istituti, che per difesa stringeranno i cordoni della borsa, Goldman Sachs prevede dei problemi sul fronte del credito. Questo, a sua volta, con una dinamica che ricorda il famoso concetto di circolo vizioso, alimenterà i timori circa un rallentamento dell’economia o, addirittura, la fine e la conseguente inversione del ciclo economico, ad oggi evidentemente espansivo (per quanto irregolare).
L’indebolimento del tessuto aziendale statunitense
Secondo Goldman Sachs le aziende statunitense potrebbe soffrire di una riduzione dei loro margini. Questo è un dato probabile a prescindere dai segnali che stanno giungendo e giungeranno circa l’economia americana. Perché le aziende statunitensi potrebbero andare incontro a una contrazione degli utili? I motivi sono numerosi.
In primo luogo, il presumibile inasprimento della guerra commerciale, che se da un lato causerà una diminuzione delle importazione, dall’altro lato inficerà le esportazioni, dal momento che è impensabile (come si nota già oggi) che i governi colpiti dai dazi non reagiscano di conseguenza. Un altro motivo è rappresentato dal possibile rallentamento globale, e in particolare europeo, che certamente ridurrà la domanda.
Secondo Goldman Sachs, la migliore scelta da compiere è l’investimento solo su asset di qualità acclarata, magari (secondo il parere dello scrivente) in grado di vantare un forte carattere di anticiclicità.
Il problema italiano
Ovviamente, Goldman Sachs ha riservato dello spazio anche alla questione italiana. Sul tavolo, come da agenda politica ed economica, la prospettiva di riduzione della crescita, se non di recessione, e gli elevati costi per il servizio del debito (ovvero gli interessi e, per estensione, il famigerato spread). Ebbene, secondo Goldman Sachs questi timori potrebbero materializzarsi nel prossimo anno, o addirittura risultare persino ottimisti rispetto a quanto potrebbe accadere.
La conseguenza, secondo la banca d’affari americana, è il consolidamento di un fenomeno che si sta verificando già adesso: lo spostamento degli investitori dai titoli di Stato italiani all’obbligazionario, che da un lato propongono rendimenti simili e dall’altro non sono collegati a un reale rischio di insolvenza.
In linea di massima, in virtù di queste e altre dinamiche, l’euro dovrebbe sì rafforzarsi, ma in maniera leggera e tale da non indicare un rapporto rischio/rendimento significativo.
Il problema europeo
Discorso simile per quanto riguarda l’Europa nel suo complesso. Anche perché, visto l’elevatissimo grado di interazione economica e finanziaria tra i paesi dell’Eurozona, il destino dell’Italia è legato a quello dell’Europa e viceversa. Dunque, le prospettive di rallentamento, i timori per una nuova crisi del debito, nonché i disordini politici (interni ed esterni alle varie nazioni) potrebbero portare gli investitori a investire nell’obbligazionario americano o spostarsi direttamente verso gli asset legati alle economie emergenti.
In questa prospettiva, di nuovo, l’euro dovrebbe sì rafforzarsi, anche alla luce della fine del Quantitative Easing, ma a livelli insufficienti, tali da comporre un rapporto rischio/rendimento non propriamente apprezzabile.
Gli effetti della stretta monetaria globale
Goldman Sachs rileva un dato di fatto: alcuni paesi che in passato si sono impegnate in politiche monetaria espansive e ultra-espansive hanno già iniziato un percorso di stretta monetaria o lo inizieranno a breve. Lo hanno già iniziato gli Stati Uniti e il Canada (per quanto quest’ultimo abbia sospeso la stretta quasi nell’immediato). Nel frattempo, la Gran Bretagna ha alzato già una volta i tassi e la Banca Centrale Europea sta per mettere in soffitta il Quantitative Easing.
In questa prospettiva, si potrebbero registrare conseguenze importanti sul mercato valutario, ovvero nel Forex. Goldman Sachs vede ottime prospettive proprio nei paesi del G10 e, in misura minore, nei mercati emergenti. La banca d’affari crede che le migliori opportunità dal punto di vista valutario, comunque, non si apprezzeranno né negli Stati Uniti né in Europa, bensì in paesi come il Canada, la Norvegia, Israele, L’Ungheria e la Nuova Zelanda.
La guerra commerciale tra USA e Cina
La guerra commerciale tra il colosso americano e quello cinese potrebbe inasprirsi. In questo caso, il cambio USD/CNY potrebbe superare quota 7,00. Inoltre, sempre se la guerra commerciale si inasprisse, il rallentamento economico della Cina potrebbe non solo consolidarsi ma addirittura diventare ancora più significativo.
Per far fronte a questa eventualità, Goldman Sachs suggerisce una strategia particolare lato Forex. Ovvero, suggerisce di acquistare valute quali il dollaro australiano e il peso cileno, collegate a economie che in qualche modo (anzi, lato export) all’economia cinese, in modo da poter godere di una eventuale stabilizzazione della stessa economia cinese. Evidentemente, Goldman Sachs crede che, nonostante i tira-e-molla, e le sofferenze sul fronte commerciale, l’economia di Pechino sia destinata a riprendersi definitivamente.
Il prezzo del petrolio
Per quanto riguarda il prezzo del petrolio, Goldman Sachs è ottimista, così come lo è a riguardo delle altre materie prime. L’opinione che l’oro nero sia destinato a un rimbalzo deciso nel 2019. Questo dovrebbe giovare soprattutto agli esportatori di materie prime, come Cile (rame) e Perù (oro). In questo contesto, a fare meglio di tutti, secondo Goldman Sachs, dovrebbe essere a sorpresa il Canada, forse il più attrezzato per cavalcare l’onda di un rialzo dei prezzi dell’oro nero. Secondo la banca d’affari, Goldman Sachs dovrebbe sovraperformare rispetto ai concorrenti. Ciò, a ben vedere, dovrebbe a una sostanziale modifica del differenziale tra WTI e WCS, già oggi abbastanza largo (superiore a 20).