I metalli preziosi (oro, argento e rame), nonostante l’ascesa di valute e criptovalute, rimangono ancora tra gli asset più tradati. Ufficialmente, o almeno secondo l’immaginario collettivo, sono poco legati all’economia reale, e si pongono come asset di investimenti puri, vincolati in maniera preponderante alle dinamiche del mercato.

La realtà è abbastanza diversa, tanto diversa da imporre anche per i metalli preziosi un’attività certosina di analisi fondamentale. Nell’articolo che segue parliamo proprio di analisi fondamentale applicata ai metalli preziosi, operando le opportune distinzioni tra i vari metalli e descrivendo tutti gli elementi da prendere in considerazione.

Perché l’analisi fondamentale sui metalli preziosi

L’analisi fondamentale è spesso posta in secondo piano rispetto all’analisi tecnica. Questa si è guadagnata nel corso del tempo la fama di disciplina “dura”, più ancorata a elementi di tipo numerico, dunque capace di arrogarsi pretese di scientificità più solide. In realtà le due discipline sono complementari, e concorrono insieme (e solo insieme) a fornire un quadro sufficientemente preciso del mercato, con tutto ciò che ne consegue in termini di orientamento per gli investimenti.

Ciò vale anche per i metalli preziosi, ovvero per l’oro, l’argento e il rame, che nonostante il senso comune suggerisca diversamente non sono asset slegati dall’ambiente economico, anzi sviluppano con esso un rapporto molto stretto, quasi di interdipendenza, quasi come accade per le azioni e le valute.

Il legame tra oro, argento, investimenti ed economia reale

Quale legame sussiste tra i due metalli più preziosi, ovvero l’oro e l’argento, e l’economia reale? In realtà si tratta di un legame molto stretto. Certo, l’oro non è più garanzia delle valute, e quindi dei regolari processi economici, ma non ha perso del tutto la sua influenza su questi, sebbene si sviluppi su altri binari, forse più indiretti ma non meno importanti.

La verità è che oro e metalli sono entrambi dei beni rifugio (più l’oro dell’argento a essere sinceri). Ora, i beni rifugio sottostanno a dinamiche particolari, che si attivano soprattutto quando nell’ambiente economico “accade qualcosa”. Per esempio, quando l’economia si rende protagonista di pessime performance, soprattutto dal punto di vista monetario, gli investitori prendono maggiormente in considerazione i beni rifugio, e può capitare che ingenti masse di capitali vengano spostate verso l’oro e l’argento. Di queste dinamiche parleremo approfonditamente nei prossimi paragrafi.

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Rame, un caso particolare

Il rame è, in un certo senso, un caso a sé. Di norma, non dovrebbe essere considerato un metallo prezioso, non se si considerano le sue quotazioni, che sono di gran lunga inferiori a quelle dell’oro e del metallo. Tuttavia, viene considerato tale in quanto è un materiale di fondamentale importanza per i processi industriali, e in particolar modo quelli che riguardano il mondo digitale o, più prosaicamente, l’estrazione.

Il rame, infatti, è prezioso in quanto materia prima. Esso viene impiegato in un gran numero di lavorazioni, proprio per la sua capacità conduttrice. Rispetto a tutti gli altri metalli, infatti, è quello che meglio “conduce” l’energia elettrica. Viene impiegato massicciamente nell’alta tecnologia, ma anche per le infrastrutture ferroviarie, a tal punto da essere oggetto di furti e altri crimini di questo tipo (il classico furto dei cavi di rame non è una boutade, ma una testimonianza di quanto sia prezioso questo metallo).

I metalli come beni rifugio

Al concetto di bene rifugio abbiamo fatto cenno nei paragrafi precedenti. E’ bene però dedicargli ancora un po’ di spazio. Si tratta infatti di un concetto fondamentale per l’economia in generale e per gli investimenti in particolare, in auge da sempre, o almeno da quando si muovono capitali allo scopo di generare profitti. E’ anche un concetto molto fluido, dal momento che tutto o quasi può potenzialmente diventare un bene rifugio. Per assurdo, alcune valute, asset volatili per definizioni, hanno assunto nel corso del tempo la qualifica di bene rifugio.

Le dinamiche che portano i metalli preziosi a essere considerati dei beni rifugio, però, sono arbitrari. Come spesso in questi casi, la questione ruota attorno al concetto di fiducia. L’oro, di per sé, ha poco significato dal punto di vista industriale, e lo stesso l’argento. Sono però universalmente considerati dei beni preziosi, un po’ per tradizione un po’ perché simbolo di alto valore estetico. Ciò pone in essere un rischio, che l’applicazione di bene rifugio applicata all’oro e all’argento possa venire meno, a tutto vantaggio di altri asset, come peraltro è accaduto in tempi recenti (benché solo parzialmente).

I fattori da prendere in considerazione per l’analisi fondamentale sui metalli preziosi

Come si pratica l’analisi fondamentale sui metalli preziosi? Di base, le meccaniche dell’analisi, le tecniche e le modalità di studio non differiscono rispetto agli altri asset. Si tratta di seguire il calendario economico, tenere a mente i valori previsti e i dati in storico, verificare se gli investitori hanno scontato le prospettive e agire di conseguenza.

Il difficile sta soprattutto in un aspetto, ovvero nella scelta degli elementi da prendere in considerazione, dunque nella scrematura dei market mover che possono realmente incidere sulle quotazioni di oro, argento e rame. Di seguito offriamo una panoramica di questi market mover, operando una distinzione tra oro e argento da un lato, e rame dall’altro.

Le politiche monetarie

Per quale motivo le politiche monetaria dovrebbe incidere sulle quotazioni dei metalli preziosi? Prima di rispondere a questa domanda è bene fare un chiarimento. Il rame è parzialmente escluso dal discorso sul legame tra metalli preziosi e politiche monetarie. Dunque tutto ciò di cui parleremo in questo paragrafo riguarda soprattutto oro e argento.

Ad ogni modo, le politiche monetaria incidono sui metalli preziosi in quanto qualsiasi intervento di tipo monetario influenza l’utilità degli stessi metalli preziosi in qualità di beni rifugio. Se per esempio una banca centrale aumenta i tassi, è probabile che l’inflazione scenda e che la valuta in questione si rafforzi, e che dunque proprio questa valuta possa essere considerata (non da tutti, ovvio) come un bene rifugio.

Di contro, quando una politica monetaria abbassa i tassi o vara un programma di Quantitative Easing, ecco che l’inflazione sale, gli investitori temono di perdere i propri profitti (consumati appunto dall’inflazione) e dunque si rivolgono alle valute rifugio. Si può affermare, quindi, che almeno in linea teorica, una convergenza di banche centrali su posizioni espansive incida positivamente sul prezzo di oro e argento; mentre una convergenza di banche centrali su posizioni restrittive incida negativamente.

Le politiche fiscali

Anche le politiche fiscali incidono sui prezzi di oro, argento e in verità anche rame. Di nuovo, è tutta una questione di inflazione e base monetaria. Una politica fiscale espansiva, che punta a ridurre le tasse, aumentare la spesa pubblica, di per sé è portata ad aumentare l’inflazione, il ché non giova agli investitori. Ecco, dunque, che la domanda di oro e argento sale, in qualità di beni rifugio.

Discorso opposto in caso di politica fiscale restrittiva, che appunto riduce l’inflazione.

Per il rame la questione è diversa, quasi contraria, in quanto un miglioramento delle politiche fiscali, magari a favore delle imprese, incide positivamente sulla domanda di rame, che è appunto una materia prima, oltre che un metallo prezioso.

L’inflazione

L’inflazione è uno dei market mover più importanti, quando si pratica l’analisi fondamentale sui metalli preziosi, e in particolare oro e argento. Una inflazione elevata o in crescita, infatti, erode i rendimenti. In questa situazione, gli investitori tendono a rifugiarsi, appunto, nei beni rifugio, come sono dunque l’oro e l’argento.

Discorso opposto se l’inflazione invece scende, anche perché a una discesa dell’inflazione segue spesso un aumento delle quotazioni della valuta corrispondente, che di contro incide in maniera positiva sul valore degli investimenti.

Le prestazioni dell’economia reale

Quando si pratica l’analisi fondamentale, vanno analizzati tutti i più importanti market mover dell’economia reale. Il motivo è semplice: se l’economia si rende protagonista di pessime performance, è probabile che i policy maker adotteranno politiche fiscali e monetaria espansive, con successivamente aumento dell’inflazione e relativo rischio di svalutazione per la moneta.

Quali market mover vanno analizzati nello specifico? Certamente va analizzato il PIL, come anche la produzione industriale, gli indici dei direttori degli acquisti (PMI), i market mover del lavoro (tasso di disoccupazione, variazione dell’occupazione, variazione dei salari). Vanno presi in considerazione anche i market mover sui servizi, sui consumi, che anzi rappresentano una delle maggiori preoccupazioni per la classe dirigente.

In linea di massima, si tratta di capire se l’economia “sta andando bene” o “sta andando male”. Occhio, quindi, anche alle previsioni, e in generale a tutto ciò che la politica ha in serbo per risolvere i problemi economici. Per assurdo, o perché legato a vincoli di bilancio, un governo potrebbe anche decidere di fare niente o di agire solo per sommi capi in caso di stagnazione o recessione.

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