Secondo numerosi analisti finanziari, la Cina difficilmente ricorrerà a una svalutazione aggressiva dello yuan per mitigare gli effetti negativi derivanti dai dazi imposti dagli Stati Uniti. Una mossa simile potrebbe infatti generare instabilità finanziaria e provocare fughe di capitali, complicando ulteriormente la situazione economica del Paese.

Perché una svalutazione aggressiva dello yuan è improbabile

Rischio di instabilità finanziaria e fuga di capitali

Negli ultimi giorni, lo yuan offshore ha raggiunto il minimo storico di 7,4287 contro il dollaro statunitense, mentre lo yuan onshore è sceso a 7,3509, il livello più basso dal 2007 (dati LSEG). Questi movimenti hanno alimentato speculazioni sulla possibilità che Pechino permetta un’ulteriore svalutazione della valuta per compensare l’impatto dei dazi americani.

Tuttavia, gli esperti avvertono che una svalutazione significativa potrebbe innescare una fuga di capitali simile a quella verificatasi nel 2015, quando la Cina perse circa 700 miliardi di dollari in deflussi netti secondo l’Institute of International Finance. Tale scenario rappresenta un rischio che le autorità cinesi intendono assolutamente evitare.

Strategia della Banca Centrale cinese: deprezzamento graduale e controllato

La maggior parte degli analisti intervistati da CNBC ritiene che la Banca Popolare Cinese (PBoC) opterà per un deprezzamento ordinato e graduale dello yuan piuttosto che per una svalutazione drastica. Joey Chew, responsabile FX Asia presso HSBC, ha dichiarato chiaramente: “La svalutazione del Renminbi non farà parte delle misure di ritorsione della Cina contro i dazi USA”. Una rapida svalutazione potrebbe infatti minare la fiducia dei consumatori e aumentare il rischio di deflussi di capitale.

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Svalutazione dello yuan: un’arma inefficace nella guerra commerciale

I limiti strutturali della politica valutaria cinese

A differenza delle principali valute globali come il dollaro statunitense o lo yen giapponese, che fluttuano liberamente sul mercato valutario (free-floating currencies), lo yuan è strettamente regolamentato dalla PBoC. Ogni mattina la banca centrale stabilisce un tasso medio giornaliero (midpoint fix) intorno al quale lo yuan può oscillare entro una banda limitata del ±2%. Questa struttura limita fortemente la capacità della Cina di utilizzare la valuta come strumento aggressivo nella guerra commerciale.

I rischi superano i benefici potenziali

Secondo Dan Wang, direttrice per la Cina presso Eurasia Group, “la svalutazione non è più un’arma commerciale efficace”, poiché potrebbe portare a una crisi finanziaria autoindotta. Inoltre, con i dazi statunitensi sulle importazioni cinesi già elevati (attualmente al 145%), anche una significativa svalutazione dello yuan non sarebbe sufficiente a compensarne pienamente gli effetti negativi.

L’economista senior di Natixis Jianwei Xu sottolinea ulteriormente questa difficoltà: “È estremamente complicato per un Paese deprezzare significativamente la propria valuta senza causare instabilità finanziaria”.

Cosa aspettarsi nei prossimi mesi: volatilità controllata e misure alternative

Aumento della volatilità valutaria come strategia alternativa

Ken Cheung, capo stratega FX asiatico presso Mizuho Bank, prevede che la PBoC introdurrà maggiore volatilità bidirezionale sul mercato valutario anziché puntare su una svalutazione netta. Questo approccio consentirebbe alla Cina di adattarsi meglio alle condizioni instabili del mercato globale senza compromettere la stabilità interna.

Stimoli interni e stabilizzazione economica come priorità assolute

Kamil Dimmich, portfolio manager presso North of South Capital LLP, suggerisce che Pechino preferirà utilizzare strumenti di stimolo interno per sostenere l’economia nazionale piuttosto che affidarsi alla leva valutaria. Tra le possibili misure figurano investimenti infrastrutturali mirati e politiche monetarie espansive moderate volte a rafforzare il mercato interno.

Anche Christopher Wong, stratega FX presso OCBC Bank, prevede nel breve termine oscillazioni significative dello yuan tra 7,20 e 7,50 contro il dollaro USA. Tuttavia, queste fluttuazioni saranno probabilmente temporanee e gestite attentamente dalla banca centrale cinese.

Stabilità valutaria come obiettivo strategico primario della Cina

In sintesi, nonostante le tensioni commerciali con gli Stati Uniti continuino ad aumentare, appare improbabile che Pechino scelga una drastica svalutazione dello yuan come risposta ai dazi americani. La priorità assoluta rimane quella di garantire stabilità finanziaria interna ed evitare fughe massicce di capitali. Pertanto, gli investitori dovrebbero attendersi una gestione prudente e graduale della valuta cinese nei prossimi mesi.

Fonte: Cnbc.com