Le recenti dichiarazioni dell’ex presidente Donald Trump contro l’attuale presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, stanno sollevando preoccupazioni crescenti sulla futura indipendenza della banca centrale statunitense. Con la scadenza del mandato di Powell prevista per maggio 2026, il dibattito sul suo successore e sulle possibili interferenze politiche nella politica monetaria si fa sempre più acceso.

Powell sotto pressione: un bilancio del suo mandato

Jerome Powell ha affrontato negli ultimi sette anni una serie di sfide straordinarie: dalla crisi di liquidità iniziale al periodo pandemico, passando per un’inflazione ai massimi da quarant’anni, crisi bancarie regionali, fino all’attuale scenario di guerra commerciale globale. Nonostante qualche errore iniziale nella gestione del Quantitative Tightening (QT), molti analisti concordano sul fatto che Powell abbia svolto un lavoro efficace nel mantenere stabilità e credibilità alla Fed.

Trump contro Powell: divergenze sulla politica dei tassi

Tuttavia, Trump non condivide questa valutazione positiva. Provenendo dal settore immobiliare, l’ex presidente è da sempre favorevole a tassi d’interesse estremamente bassi per stimolare crescita e investimenti. La decisione di Powell di mantenere una politica monetaria restrittiva per contrastare l’inflazione ha suscitato dure critiche da parte di Trump, che lo ha definito “sempre in ritardo e sempre in errore”, auspicando apertamente la sua sostituzione.

Può Trump rimuovere Powell prima della scadenza?

La risposta breve è no. Secondo la normativa vigente negli Stati Uniti, i membri del Board della Fed possono essere rimossi solo per “giusta causa”, generalmente intesa come attività illegali o grave incompetenza. Sebbene Trump possa chiedere formalmente le dimissioni di Powell, quest’ultimo ha già chiarito che non lascerà anticipatamente il suo incarico.

Cosa accadrebbe se Powell fosse rimosso?

Anche nell’improbabile scenario in cui Powell venisse rimosso dalla presidenza della Fed, egli rimarrebbe comunque membro del Board dei Governatori e potrebbe essere rieletto presidente del Federal Open Market Committee (FOMC) dagli altri membri. Di fatto, ciò renderebbe inefficace qualsiasi tentativo di estromissione anticipata.

Chi sarà il prossimo presidente della Fed?

Con la scadenza naturale del mandato di Powell nel maggio 2026, l’attenzione si sposta inevitabilmente sul suo successore. Il Segretario al Tesoro Scott Bessent gestirà il processo di selezione, che dovrebbe iniziare ufficialmente nell’autunno precedente alla scadenza.

I possibili candidati alla successione

  • Christopher Waller: attuale governatore Fed nominato da Trump durante il suo primo mandato; recentemente ha espresso posizioni molto accomodanti sui tassi d’interesse.
  • Kevin Warsh: ex governatore Fed già considerato in passato per la presidenza.
  • Kevin Hassett: attuale direttore del National Economic Council (NEC), vicino alle posizioni economiche trumpiane.
  • Candidati esterni: non è esclusa una scelta “fuori dagli schemi”, come un economista vicino a Trump proveniente dal settore privato o dal mondo accademico.

L’ipotesi controversa del “Presidente Ombra”

Bessent ha ventilato anche l’idea controversa di nominare con largo anticipo il successore di Powell (circa sei mesi prima della fine del mandato), permettendogli così di influenzare indirettamente le aspettative dei mercati finanziari attraverso dichiarazioni pubbliche e interviste. Questa strategia potrebbe indebolire significativamente l’autorità e l’indipendenza dell’attuale presidente prima ancora che termini ufficialmente il suo incarico.

Non solo Powell: altri cambiamenti nel Board della Fed

L’indipendenza della Fed non dipende soltanto dalla figura del presidente. Nei prossimi anni sono previste ulteriori nomine cruciali:

  • Governatore Kugler: termine previsto a gennaio prossimo; improbabile una riconferma.
  • Vicepresidente Jefferson: termine previsto a settembre 2027; tradizionalmente i vicepresidenti lasciano completamente il Board al termine del loro incarico.

Saranno quindi almeno tre le posizioni chiave che Trump potrebbe riempire nei prossimi anni, rafforzando ulteriormente la sua influenza sulla politica monetaria statunitense.

Cosa rischiano i mercati finanziari?

L’indipendenza della Federal Reserve è uno dei pilastri fondamentali su cui poggia la fiducia globale verso gli asset statunitensi. Qualsiasi tentativo concreto di interferenza politica potrebbe generare conseguenze devastanti sui mercati finanziari:

  • Aumento significativo della volatilità;
  • Crollo generalizzato delle equity USA;
  • Svendita massiccia dei Treasury;
  • Svalutazione repentina del dollaro;
  • Erosione dello status del dollaro come valuta rifugio globale;
  • Aumento delle spinte verso la de-dollarizzazione internazionale.

L’importanza cruciale dell’indipendenza monetaria

Sebbene al momento non esista una reale alternativa al dollaro come valuta di riserva globale, un indebolimento percepito dell’indipendenza della Fed potrebbe accelerare processi già in atto verso una diversificazione valutaria internazionale. Questo scenario rappresenterebbe un danno irreparabile per gli Stati Uniti e per la stabilità finanziaria globale nel lungo periodo.

Conclusioni: un percorso rischioso da evitare

L’interferenza politica nella gestione monetaria rappresenta una strada estremamente rischiosa che gli Stati Uniti dovrebbero evitare ad ogni costo. Tuttavia, le recenti dichiarazioni e strategie suggerite dall’entourage trumpiano indicano chiaramente che questa possibilità non può essere esclusa. Gli investitori dovrebbero monitorare attentamente gli sviluppi futuri e prepararsi ad affrontare eventuali scenari avversi derivanti da una perdita progressiva dell’indipendenza della Federal Reserve.

Fonte: Pepperstone.com