Dopo mesi di escalation e tensioni crescenti, l’amministrazione Trump sembra aver deciso di cambiare strategia nella guerra commerciale con la Cina. Nonostante una posizione iniziale molto rigida, gli Stati Uniti hanno recentemente mostrato segnali di apertura verso una possibile distensione.
La strategia iniziale degli Stati Uniti: pressione massima sulla Cina
Tariffe e misure protezionistiche da gennaio ad aprile
Sin dall’inizio del suo mandato, il presidente Donald Trump ha adottato una linea dura nei confronti della Cina, intensificando ulteriormente le misure protezionistiche a partire da gennaio. Inizialmente, gli Stati Uniti avevano imposto tariffe del 20% sui prodotti cinesi. Tuttavia, la situazione è rapidamente degenerata il 2 aprile, quando Trump ha annunciato un aumento delle tariffe fino al 54%. A seguito delle contromisure cinesi, le tariffe statunitensi sui prodotti cinesi hanno raggiunto il 145%, mentre quelle cinesi sui prodotti americani sono salite al 125%.
L’obiettivo dichiarato: costringere Pechino a negoziare
L’obiettivo dichiarato della Casa Bianca era quello di esercitare una pressione economica tale da obbligare Pechino a sedersi al tavolo delle trattative e accettare concessioni significative. Come affermato dalla portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt: “La palla è nel campo della Cina: sono loro ad aver bisogno di un accordo con noi, non viceversa.”
Perché la strategia americana non ha funzionato come previsto?
Dipendenza reciproca e difficoltà nel sostituire i prodotti cinesi
Nonostante le dichiarazioni ufficiali, la realtà economica si è rivelata più complessa. La Cina importa dagli Stati Uniti principalmente prodotti agricoli ed energetici, facilmente sostituibili nel breve periodo con fornitori alternativi come Brasile o Russia. Al contrario, gli Stati Uniti dipendono fortemente dai prodotti manifatturieri ed elettronici cinesi, oltre che da metalli e minerali critici per l’industria tecnologica americana. Trovare alternative immediate a questi beni risulta estremamente difficile e costoso.
Inoltre, i consumatori americani non sono disposti ad accettare aumenti significativi dei prezzi su beni di largo consumo come smartphone e computer portatili. Un esempio emblematico è rappresentato dagli iPhone: un aumento drastico dei prezzi sarebbe politicamente insostenibile per l’amministrazione Trump.
Impatto negativo anche sull’economia cinese
Anche la Cina sta pagando un prezzo elevato per questa guerra commerciale. Secondo quanto riportato dal Financial Times, molte fabbriche cinesi hanno dovuto interrompere temporaneamente la produzione a causa delle tariffe proibitive imposte dagli Stati Uniti. Lo stesso presidente cinese Xi Jinping ha ammesso pubblicamente che “non ci sono vincitori in una guerra commerciale”.
La svolta americana: Washington apre alla distensione
Dichiarazioni ufficiali e riduzione delle tariffe
Di fronte agli effetti negativi sull’economia interna e alle pressioni politiche interne ed esterne, gli Stati Uniti hanno deciso di cambiare rotta. Durante una conferenza organizzata da JPMorgan martedì scorso, il Segretario al Tesoro americano ha dichiarato che è giunto il momento di una “de-escalation”. Lo stesso giorno, Donald Trump ha annunciato che le tariffe sui prodotti cinesi saranno “ridotte significativamente”.
Secondo quanto riportato dal Wall Street Journal, l’amministrazione Trump starebbe valutando una riduzione delle tariffe sui prodotti cinesi tra il 50% e il 65%. Scott Bessent, intervenuto ai margini degli incontri primaverili del Fondo Monetario Internazionale (FMI) e della Banca Mondiale, ha commentato che entrambe le parti ritengono insostenibili gli attuali livelli tariffari.
Incertezza sulle prossime mosse negoziali
Sebbene Washington abbia mostrato segnali concreti di apertura, rimane ancora molta incertezza sul futuro delle trattative commerciali tra USA e Cina. Donald Trump vorrebbe negoziare direttamente con Xi Jinping; tuttavia, Pechino preferisce attendere che vengano definiti chiaramente i termini generali di un possibile accordo prima di impegnarsi in colloqui diretti.
Diverse delegazioni internazionali presenti a Washington nelle ultime settimane hanno espresso dubbi sulla chiarezza degli obiettivi americani. Il Commissario europeo per l’Economia Valdis Dombrovskis ha dichiarato apertamente: “Vorremmo maggiore chiarezza da parte degli Stati Uniti”. Paradossalmente, dopo mesi in cui Washington sosteneva che fosse Pechino a dover fare il primo passo, ora sembra proprio che la palla sia tornata nel campo americano.
Cosa aspettarsi nei prossimi mesi?
L’attuale fase di distensione rappresenta certamente un passo positivo verso la risoluzione del conflitto commerciale tra le due maggiori economie mondiali. Tuttavia, permangono numerose incognite legate alla volontà politica delle parti coinvolte e alla capacità negoziale dei rispettivi team diplomatici.
Gli investitori italiani ed europei dovrebbero monitorare attentamente l’evoluzione della situazione poiché eventuali sviluppi positivi potrebbero favorire un miglioramento generale del sentiment sui mercati finanziari globali. Al contrario, ulteriori tensioni potrebbero generare volatilità significativa su forex ed equity market internazionali.
Fonte: Marketscreener.com