Fino a poco tempo fa, i dati sull’inflazione erano attesi con la stessa trepidazione degli utili trimestrali di colossi come Nvidia. Tuttavia, nonostante il recente rapporto sull’indice dei prezzi al consumo (CPI) negli Stati Uniti abbia mostrato un rallentamento significativo dell’inflazione, gli investitori non hanno avuto motivo di festeggiare. Al contrario, i mercati azionari hanno subito pesanti perdite a causa dell’annuncio shock della Casa Bianca sull’aumento drastico dei dazi doganali verso la Cina.

Mercati finanziari sotto pressione dopo l’annuncio sui dazi

Wall Street perde terreno rapidamente

Giovedì scorso, il mercato azionario statunitense ha registrato forti ribassi, cancellando rapidamente i guadagni ottenuti nella sessione precedente. L’indice S&P 500 ha perso il 3,46%, il Dow Jones Industrial Average è sceso del 2,5% e il Nasdaq Composite, particolarmente sensibile alle tensioni commerciali, ha ceduto ben il 4,31%.

A scatenare le vendite è stata la conferma ufficiale della Casa Bianca che i dazi sulle importazioni cinesi saliranno al 145%, un incremento del 20% rispetto alle aspettative iniziali. Secondo Erica York, vicepresidente del Tax Foundation’s Center for Federal Tax Policy, questa misura potrebbe di fatto bloccare quasi completamente gli scambi commerciali tra Stati Uniti e Cina.

Trump minimizza, ma gli analisti temono una recessione

Interpellato sul crollo dei mercati, l’ex presidente Donald Trump ha dichiarato di non aver seguito l’andamento giornaliero delle borse. Peter Navarro, suo principale consigliere commerciale, ha definito la correzione “non preoccupante”. Tuttavia, secondo fonti citate dal Wall Street Journal, Trump avrebbe ammesso privatamente che le sue aggressive politiche tariffarie potrebbero portare l’economia americana verso una recessione. L’obiettivo dichiarato sarebbe quello di evitare una depressione economica più grave e prolungata.

Dati sull’inflazione: segnali positivi ignorati dai mercati

CPI ai minimi dal 2021

L’indice dei prezzi al consumo negli Stati Uniti è diminuito dello 0,1% su base mensile a marzo. Su base annuale, l’inflazione generale si è attestata al 2,4%, in calo rispetto al 2,8% registrato a febbraio. L’inflazione core (che esclude alimentari ed energia) è salita solo dello 0,1% mensile e del 2,8% annuale: si tratta del livello più basso dal marzo 2021. Nonostante questi dati positivi – migliori delle attese degli analisti (consensus Dow Jones prevedeva un’inflazione generale al 2,6% e core al 3%) – i mercati hanno reagito negativamente a causa delle tensioni commerciali.

Dazi e inflazione futura: cosa aspettarsi?

È importante sottolineare che il report CPI di marzo non riflette ancora gli effetti dell’aumento dei dazi doganali appena annunciato. Se le aziende americane dovranno pagare oltre il doppio per importare beni dalla Cina – inclusi giganti come Apple che dipendono fortemente dalla produzione cinese – difficilmente potranno assorbire interamente questi costi aggiuntivi senza trasferirli sui consumatori finali. Pertanto, il prossimo rapporto sull’inflazione di aprile potrebbe mostrare un impatto significativo derivante proprio dalle nuove tariffe.

Reazioni sui mercati asiatici e valutari

Asia contrastata: Nikkei giù, Hang Seng in rialzo

I mercati asiatici hanno reagito in modo misto venerdì mattina: il Nikkei 225 giapponese ha perso circa il 3,4%, mentre il Kospi sudcoreano è sceso dello 0,7%. Al contrario, l’Hang Seng Index di Hong Kong ha guadagnato oltre l’1,8%, mentre l’indice cinese CSI 300 è salito dello 0,5%. Gli investitori asiatici sembrano dunque divisi tra timori per le tensioni commerciali e speranze di possibili stimoli economici locali.

Cina: improbabile una svalutazione competitiva dello yuan

Sebbene lo yuan offshore abbia recentemente toccato un minimo storico contro il dollaro USA (7.4287), gli analisti ritengono improbabile che Pechino utilizzi una svalutazione competitiva della propria valuta come arma nella guerra commerciale con Washington. Una mossa simile potrebbe infatti destabilizzare ulteriormente i mercati finanziari globali.

Impatto diretto sulle aziende americane: il caso Apple e altri settori chiave

Apple sotto pressione per la dipendenza dalla Cina

L’aumento dei dazi rappresenta una minaccia diretta per aziende come Apple che realizzano circa l’80% della loro produzione in Cina. Il titolo Apple ha già subito forti ribassi questa settimana e gli analisti sono divisi sulle strategie future che l’azienda potrebbe adottare per mitigare questo rischio.

Tessile e calzature: aziende USA cercano alternative alla Cina

Diverse aziende americane stanno già rivedendo le proprie catene di approvvigionamento. Ryan Zhao della Jiangsu Green Willow Textile ha dichiarato che alcune società statunitensi hanno sospeso gli ordini dalla Cina per evitare costi proibitivi. Tony Post, CEO dell’azienda americana Topo Athletic specializzata in scarpe sportive, sta valutando fornitori alternativi in Vietnam per ridurre la dipendenza dalla Cina. Tuttavia Post ammette: “Alla fine dovrò aumentare i prezzi al consumatore finale e non so ancora quale impatto avrà sul nostro business”. Prima dell’introduzione dei nuovi dazi doganali da parte degli USA, Topo Athletic prevedeva ricavi annuali vicini ai 100 milioni di dollari.

Conclusioni: prospettive future tra inflazione e guerra commerciale

L’attuale scenario economico-finanziario rimane estremamente incerto. Nonostante segnali incoraggianti sul fronte inflazionistico negli Stati Uniti, le tensioni commerciali con la Cina rischiano di compromettere seriamente la crescita economica globale nei prossimi mesi. Gli investitori dovranno monitorare attentamente sia i prossimi dati macroeconomici sia eventuali sviluppi politici tra Washington e Pechino per orientare correttamente le proprie strategie d’investimento.

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Fonte: Cnbc.com