La scorsa settimana, il Presidente degli Stati Uniti ha annunciato l’introduzione delle tanto attese “tariffe reciproche”. Tra tutti gli scenari possibili, è stata scelta l’opzione più radicale, nonostante il rischio di interrompere il momento economico positivo del paese. Donald Trump, tuttavia, parte da un presupposto diverso: secondo lui, l’economia americana è in difficoltà e necessita di un cambiamento di modello.
Il Contesto Economico Ereditato
Da quando Donald Trump ha assunto la presidenza, molti si chiedono se stiamo assistendo a un sabotaggio dell’economia americana. Al momento del suo insediamento, la situazione economica sembrava ideale: una crescita costante superiore al 2% negli ultimi due anni, un tasso di disoccupazione intorno al 4% e un’inflazione che tendeva al 2%. Nessuno avrebbe immaginato che Trump potesse rompere questa dinamica. Candidato favorevole alla crescita e al mercato, durante il suo primo mandato manteneva gli occhi fissi sui mercati azionari e sui record del Dow Jones, simboli del successo delle sue politiche. Dopo la sua elezione, gli investitori si sono concentrati su misure atte a prolungare lo stato di grazia dell’economia statunitense: tagli alle tasse e deregolamentazione.
Un Cambiamento a 180 Gradi
Tuttavia, un altro aspetto del suo discorso è stato in gran parte ignorato: gli Stati Uniti come grande perdente nel commercio mondiale, con un’economia troppo dipendente dall’estero e dalla spesa pubblica. Visto dall’Europa, il dinamismo della crescita americana, sostenuto dal consumo, sembra inalterato. Ma Trump e il suo entourage vedono un enorme deficit commerciale, milioni di posti di lavoro industriali persi nel corso dei decenni e un deficit pubblico del 6%.
Il Nuovo Modello Economico
Sulla base di queste osservazioni, il progetto promosso da figure come Scott Bessent, Segretario del Tesoro, e Stephen Miran, a capo del Consiglio degli Advisor Economici, prevede un completo cambio di modello: da un’economia dei servizi, guidata dal consumo dinamico, a una dominata dalla produzione manifatturiera. Un tale cambiamento non può avvenire senza dolore. Ecco perché le paure di una recessione sono legittime.
Periodo di Transizione e “Detox”
Scott Bessent parla di un “periodo di detox”, mentre Donald Trump menziona un “periodo di transizione”. Dietro queste dichiarazioni si nasconde il concetto di “dolore a breve termine, guadagno a lungo termine”, ovvero l’idea che la loro politica sarà vincente nel lungo periodo anche se, nel breve termine, ci saranno “alcuni disagi”, come ha affermato Trump nel suo discorso al Congresso all’inizio di marzo.
Le Sfide Matematiche
Ovviamente tutto ciò rappresenta una grande scommessa per l’economia degli Stati Uniti e non ci sono indicazioni che sarà vincente. Al contrario, possiamo vedere i limiti di questo progetto. In primo luogo, la reindustrializzazione è un processo che richiede diversi anni. Inoltre, per produrre di più negli USA sarà necessario assumere più persone. Ma già esistono più offerte di lavoro che disoccupati americani. E la riduzione prevista dell’immigrazione aggraverà solo questo problema. In secondo luogo, i salari industriali negli USA sono molto più alti rispetto ad altre parti del mondo. Quindi la rilocalizzazione avrebbe senso solo per produzioni ad alto valore aggiunto.
Anche se il ciclo economico sembra rischioso e tutti si aspettano che le tariffe si traducano in meno crescita e più inflazione, è completamente possibile che Donald Trump porti avanti la sua logica. Dietro tutto ciò c’è una visione: non solo agitazione o posizioni negoziali. C’è l’idea reale che il modello economico americano non sia quello giusto e che sia necessario cambiarlo. E le tariffe sono viste come uno degli strumenti principali per raggiungere questo obiettivo.
Fonte: Marketscreener.com