Non tutti sanno che il TFR, il trattamento di fine rapporto, può essere destinato ad un fondo nell’azienda stessa oppure ad un Fondo pensione.

La questione si è posta per la prima volta nel gennaio 2007, quando, con l’entrata in vigore del decreto legislativo 252/2005 (Disciplina delle forme pensionistiche complementari), i lavoratori si sono trovati all’opzione di lasciare il TFR in azienda oppure investirlo in un fondo pensione negoziale (il c.d. secondo pilastro della previdenza italiana).

Questo rappresenta un vero e proprio diritto per il lavoratore, previsto dall‘articolo 2220 del nostro codice civile attualmente in vigore.

In particolare, questa scelta è riservata a tutti i lavoratori dipendenti di un’azienda privata.

La scelta da fare a tale riguardo potrebbe essere difficile per alcuni giovani lavoratori, in quanto riguarda un futuro lontano.

Vediamo di seguito quali sono gli aspetti giuridici da considerare in modo da capire bene quale scelta fa al proprio caso, senza incorrere in futuri pentimenti.

Lasciare il TFR in azienda o investire in un Fondo negoziale?

A distanza di oltre dieci dall’entrata di vigore del Decreto sopra citato i numeri parlano chiaro: grazie ai dati forniti dal fondo pensione territoriale Solidarietà Veneto, l’investitore che ha deciso di aderire a un fondo negoziale, oggi si trova con un portafoglio decisamente più ricco di quello che avrebbe ottenuto se avesse fatto affidamento solo sulla rivalutazione del TFR.

Quindi, confrontandolo con il guadagno che lo stesso investitore avrebbe realizzato decidendo invece di lasciare il TFR in aziendale, il rendimento ottenuto dall’adesione al fondo negoziale è superiore e maggiormente performante.

Certamente, il rendimento varia a seconda del comparto scelto all’interno del fondo negoziale: si va dal più rischioso (dinamico) a quello più prudente.

Inoltre, non dobbiamo dimenticare anche i vantaggi derivanti dall’adesione ad un Fondo Pensione integrativa.

Ogni lavoratore ha la possibilità di:

  • beneficiare del rialzo dei mercati, con possibile aumento dei risparmi oltre la formula fissa del TFR;
  • maggiori opportunità di investimento;
  • i contributi personali sono deducibili fino ad un importo massimo di 5.165,57€ ogni anno;
  • benefici dovuti alla diversificazione degli asset;
  • a livello fiscale, le prestazioni pensionistiche sono assoggettate a una ritenuta a titolo d’imposta pari al 15%, con una riduzione dello 0,3% per ogni anno di partecipazione dopo quindicesimo anno;
  • i lavoratori decidono il quantum da versare;

Tuttavia, non bisogna dimenticare che tra i rischi derivanti dall’adesione ad un fondo negoziale, i proventi possono aumentare o diminuire, a seconda dell’andamento dei mercati.

Inoltre, i rendimenti sono legati al livello dei contributi.

Purtroppo, in Italia manca la buona educazione finanziaria, pertanto, si tende a non investire nelle forme di previdenza complementare.

Oltre a questo, la maggior parte degli italiani ritiene che i costi per i fondi pensione integrativi sono troppo alti.

In effetti, questo non è vero: i costi per i fondi pensione integrativi sono meno di un quarto di altri prodotti pensionistici privati.

Lasciare il TFR all’azienda: aspetti giuridici

E, allora, dal punto di vista normativo, le regole generali che riguardano questo tipo di scelta sono due: bisogna innanzitutto comunicare di aver preso questa decisione in forma scritta attraverso la sottoscrizione di uno dei due moduli che il datore di lavoro fa compilare quando si viene assunti.

In secondo luogo, questa stessa scelta, fatta al momento dell’assunzione, può essere revocata in qualsiasi momento attraverso un modulo scritto.

Plus Post

In ogni caso, affidare il TFR ad un fondo in azienda comporta delle conseguenze diverse in base alla grandezza dell’azienda.

Se l’azienda possiede meno di 50 dipendenti, e viene considerata come una piccola azienda, il TFR resta all’azienda non subendo nessun tipo di conseguenza diversa rispetto agli anni precedenti all’emanazione del decreto.

Invece, se l’azienda vanta un organico composto da più di 50 dipendenti, il trattamento di fine rapporto dovrà essere necessariamente trasferito in un fondo gestito dall’INPS per conto dello Stato.

Questo fondo è conosciuto come fondo per l’erogazione del TFR e viene gestito come un vero e proprio conto corrente presente nella Tesoreria dello Stato.

In questo caso, l’INPS svolge da intermediario: l’azienda dovrà versare i contributi mensili che formeranno la pensione del dipendente in uscita.

Vediamo ora cosa succede se si decide di destinare il proprio TFR ad un fondo pensione.

TFR in un Fondo pensione: aspetti giuridici

Innanzitutto, vediamo cos’è un fondo pensione. Si tratta, in particolare, di uno strumento legislativo previsto dall’ordinamento giuridico nazionale per garantire a tutti i lavoratori legali una pensione complementare, cioè che si aggiunge alla normale pensione prevista di diritto.

La pensione complementare si forma in seguito all’accumulo dei contributi versati dall’azienda all’INPS.

Affidando il proprio TFR ad un fondo pensione presenta alcune differenze rispetto alla scelta vista sopra.

Innanzitutto, questa scelta è irrevocabile, per cui una volta fatta non si può tornare indietro. In aggiunta, si potrebbe scegliere di destinare anche solo una parte del proprio TFR ad un fondo pensione, in modo da lasciare libera l’altra parte.

Infine, la scelta può essere espressa in forma scritta o con tacito assenso. Nel caso in cui il lavoratore, dunque, non si esprima a riguardo, il datore di lavoro può decidere autonomamente di destinare il TFR ad un fondo, come previsto tacitamente dal contratto, oppure scegliere la forma adottata dalla maggior parte dei dipendenti dell’azienda stessa.

In ogni caso, se nessuna di queste possibilità è realizzabile, il TFR viene destinato automaticamente ad un fondo comune gestito sempre dall’INPS.

In conclusione, se si opta per questa scelta, la legge prevede alcune agevolazioni fiscali. Vediamo di seguito quali sono.

TFR in un Fondo pensione: agevolazioni fiscali

Innanzitutto, bisogna tenere presente che il trattamento di fine rapporto rappresenta, per l’azienda, un costo di tipo non monetario e, per questo motivo, è un metodo di autofinanziamento per la stessa.

Per cui, nel caso in cui il dipendente decidesse di destinare il TFR ad un fondo pensione, l’autofinanziamento dell’azienda diminuirebbe.

Proprio per far fronte a questo problema, sono previste alcune agevolazioni per l’azienda che comprendono la deduzione dal reddito del 4% del TFR oppure una deroga dal contributo di garanzia.

In conclusione, è importante che le persone conoscano il probabile livello di pensione che avranno maturato a fine carriera, in modo tale da potersi informare sulle alternative riguardanti la gestione del proprio risparmio.

ftmo